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Oltre il suono della campanella. I fatti di Parigi e la fioritura dei “perché” in una scuola viva.

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di M. Gloria Calì

 

 

C’è un piccolo plesso scolastico in un territorio di frontiera, alle porte di Palermo, Portella di Mare; appartiene alla grande scuola secondaria di Misilmeri, la “Cosmo Guastella”, ma in realtà è un po’ un mondo a parte. Qui vive – sì, “vive” – una comunità professionale seria e coesa, che si è trasformata facilmente in una comunità umana, in cui si condividono gioie, ansie, risultati, pizze, panettoni e confetti; gli insegnanti “di passaggio” vengono accolti e integrati nel sorriso generale; quelli che devono allontanarsi dalla scuola per qualche motivo proprio inderogabile, non spezzano mai il filo con Portella. Non è sempre festa, ma quasi.

Uno strumento essenziale di coesione della comunità è l’odiosamato smartphone, con relativa dotazione di WhatsApp; per i venticinque lettori che non sapessero di cosa si tratta, WhatsApp è un’applicazione di messaggeria istantanea che consente anche l’invio rapido di multimedia (foto, video, audio), e che consente la creazione di gruppi, cioè liste di indirizzi che ricevono contemporaneamente lo stesso messaggio inviato da uno qualsiasi dei componenti. Il gruppo “PortellAmici”, che Annamaria ha aperto su WhatsApp, è stato insieme, smartphonicamente, per tutte le vacanze di Natale; da allora, si comincia a condividere le primissime ore del giorno e si va avanti tutta la giornata, per salutarsi ad ora di fare nanna. Qualcuno ogni tanto sparisce e poi ricompare, tanto si sa che il gruppo “c’è”.

Si chatta di vita “lavorata” e vissuta, e una mattina di Gennaio si chatta di Parigi, di un giornale satirico e di un atto sconvolgente di intollerante violenza accaduto il pomeriggio precedente. Gloria, sul gruppo, suggerisce ai colleghi impegnati in classi terze, di “sospendere la normalità”, e trattare l’argomento, ognuno dal proprio punto di vista didattico, per costruire un discorso culturale che sia di supporto alla gestione di questo fatto da parte dei ragazzi. Ci sono le LIM, c’è un collegamento internet, perciò la documentazione è facilmente accessibile.

Gloria stessa entra in classe, la sua piccola e curiosa IIIP, racconta il fatto e legge gli articoli dei giornali con i ragazzi, i quali “vedono” la città e gli arrondissement attraverso una pianta topografica di Parigi; tenta di aprire l’ennesima finestra sulla “complessità del presente”, come suggeriscono le Nuove Indicazioni Nazionali per il Primo Ciclo d’Istruzione, usando la fatidica domanda dei ragazzi: “perché”. La discussione lievita, le domande si moltiplicano. Finisce il tempo a disposizione: per casa, “immagina di essere islamico (o islamica), vivi a Parigi, nello stesso quartiere in cui è avvenuto l’attentato; cosa succede?”

Giorgio, i suoi colori e i suoi pennelli, seguono sulla stessa strada; la classe, finora, ha conosciuto, adesso esprime. Simboli o narrazioni, le immagini prodotte dai ragazzi dicono soprattutto la violenza del gesto, in uno sfondo urbano che ha la bellezza e la leggerezza nel suo DNA.

Ora arriva Tiziana, che, sensibile agli umori degli alunni, capisce che “ne hanno avuto abbastanza”, e allora usa i testi giornalistici per studiare con loro le subordinate; la sintassi della cronaca, insomma.

Non è finita: Mariangela, il giorno dopo, tratta l’argomento Islam, con la correttezza degli insegnanti di religione cattolica che, prima di tutto, sono Insegnanti.

Non c’è una morale, perché non è una favola: è la realtà semplice e vera di un’intesa professionale e umana di un gruppo di colleghi, di un uso consapevole e costruttivo delle tecnologie per la comunicazione, di un’attenzione per la crescita intellettuale dei ragazzi e delle ragazze che trova il suo senso oltre i contenuti e gli strumenti didattici, nel valore del loro rapporto con la società.

                   

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