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L’8 marzo dopo l’8 marzo

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Siccome non crediamo che le riflessioni sulla donna debbano restare limitate alla ricorrenza dell’8 marzo, riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo di Paola Catania, Presidente della Associazione ANDE Palermo ( www.andepalermo.org ) in occasione dell’incontro in ricordo di Alessandra Siragusa organizzato da Emily Palermo a Palermo l’ 08.03.2014.

 

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di Paola Catania

 

Trovo difficile oggi riempire di senso l’8 marzo, da sempre patrimonio storico e immaginifico di noi donne.

Perché? Perché quasi tutto mi sembra retorico o, peggio, superato.

Cosa riempie di senso l’8 marzo? A mio parere parlare di noi stesse, guardarci dentro e non sentirci perennemente superiori (sì perché è così, sotto sotto) ed allo stesso tempo incomprese dagli uomini. Siamo semplicemente diverse e dobbiamo dare a questa diversità pienezza.

Sta a noi non tirarci indietro, non disperdere competenze, non nasconderci alle opportunità di impegno e crescita.

Del resto è ormai sotto gli occhi di tutti lo straordinario momento che viviamo: in politica come nel mondo delle professioni e dell’impresa, nel pubblico impiego in quello privato, nelle forze dell’ordine, si moltiplicano le donne in posti di rilievo. In Italia, come all’estero, nelle istituzioni comunitarie e internazionali.

Siamo partite dopo ed è logico che stiamo arrivando dopo. Ma il passo è accelerato e le nuove generazioni saranno ancora più rapide. Vedremo poi l’impronta che sapranno dare.

Dunque, dove c’è da lavorare?  Sicuramente sul fronte della violenza sulle donne – fenomeno quanto mai complesso di valenza psicologica e sociale – e su quello dei diritti civili, nei Paesi islamici ed in quelli più arretrati del mondo. Lì le donne perdono ancora e soffrono moltissimo.

Ma in generale il nostro impegno deve essere rivolto a costruire una società più efficiente, munita di servizi e organizzata, così come organizziamo le nostre case e le nostre famiglie.

Gli uomini dobbiamo saperli coinvolgere in questa sfida di modernità, non contrapporci a loro.

Non dobbiamo essere percepite come antagoniste, ma come l’altra faccia della stessa medaglia. L’effigie di un’umanità sodale e costruttiva, volta alla creazione di valore e alla salvaguardia del bene collettivo.

A questo deve tendere l’educazione dei nostri figli, alla costruzione di uno spazio comune di confronto e realizzazione dove ciascuno metta a disposizione dell’altro le sue peculiarità; a una suddivisione più equa dei carichi familiari, dando più fiducia ai nostri compagni almeno quando mostrano buona volontà, delegando senza troppe ansie;  al rispetto oltre gli stereotipi.

Lasciando indietro le rivendicazioni del passato. Perché se è vero che le donne sono state per secoli emarginate dalla vita pubblica, è anche vero che gli uomini andavano in guerra costretti a tirar fuori coraggio e sprezzo del pericolo anche quando avevano paura. Anche a loro dobbiamo molto.

Certo, come ho accennato prima, i fenomeni della violenza di genere, dello stalking, del mobbing, vedono quasi sempre uomini sopraffare donne.

Allora gli strumenti non possono che essere non solo repressivi, ma soprattutto preventivi: insegnare la mediazione familiare, prima che le crisi coniugali siano conclamate, prima che con i fratelli o i padri, sia quasi impossibile il dialogo, dovrebbe essere un compito delle strutture educative, dei consultori e dei presidi in genere di ascolto.

Ma soprattutto, quello che le donne – e gli uomini con loro – devono apprendere ed esercitare è lo spirito critico, l’allenamento ad esprimere le proprie opinioni, argomentando, senza prevaricazione ma con un sano esercizio della parola.

A questo servono e sono servite nel passato, le nostre Associazioni, ANDE, Emily, UDI, ecc.: a spingere le donne a far sentire la propria voce.

Ed è certo deludente e demoralizzante assistere a fatti di cronaca in cui sono ragazze anche le protagoniste di bullismo: non è su questo terreno che dobbiamo raggiungere gli uomini.

Queste sono condotte negative e basta. Si può solo condannarle.

In ultimo una riflessione su due temi attuali.

“Quote rosa”: l’argomento è oramai per tutte sinonimo di male minore. Tuttavia a mio parere è uno strumento utile per compiere il mutamento di mentalità. E poi una sana alternanza: uomo/donna nelle liste (in mancanza di preferenze) credo che non sia chiedere la luna. Darebbe solo modo di avvicinare alla politica più donne, anche solo per far sì che i partiti rispettino la regola nella composizione delle liste. Poi i talenti emergerebbero.

Conciliazione lavoro/famiglia: tramontata la possibilità che il 2014 sia l’anno europeo della conciliazione (vista la concomitanza con le elezioni europee, si è rinviato il tema), c’è bisogno di quel mutamento di mentalità di cui parlavo prima. Ma non c’è dubbio che il ruolo delle madri non è così  “neutro” come si vorrebbe che fosse. Vale a dire che una madre “vale doppio” ed è indispensabile per una crescita equilibrata dei figli. Nonostante padri amorevoli o vicini alle loro compagne, una madre non può e non deve essere assente. Allora ben vengano meccanismi premiali per le imprese che concedono spazi alla maternità, incentivi di vario genere alle lavoratrici e alle professioniste (noi abbiamo solo un assegno di maternità, ma nulla che tuteli il nostro tempo da dedicare ai figli, nessun aiuto economico per il periodo della crescita, nemmeno nei primi anni del bambino), agevolazioni fiscali per iniziative economiche che si rivolgano a bambini ed anziani, sgravi per chi assume baby-sitter e badanti, o per chi, madre, assume collaboratori nella sua attività per il periodo in cui ha più bisogno di aiuto. 

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