di Stefania Macaluso
Tommaso Moro, elevato a santo da papa Giovanni Paolo II, ha immaginato un’isola, Utopia, abitata da gente felice, dedita al lavoro solo per il tempo necessario a provvedere alla sussistenza della comunità intera; alieni da interessi di lucro, uomini e donne di Utopia, sono liberi di dedicarsi allo svago e al gioco, ma non all’ozio, come invece avviene nelle società dai “gusti stravaganti”, dove c’è grande spreco di denaro per “i giochi d’azzardo, i dadi, le carte, le bocce”.
Certamente Tommaso Moro non avrebbe mai potuto immaginare che il gioco, espressione di felice gestione del tempo, potesse assumere una dimensione patologica distruttiva del sé e di ogni progettualità di vita. Parliamo di una manifestazione della nostra società malata dove, al contrario che in Utopia, il gioco non arricchisce il tempo della vita ma sottrae la vita al tempo. Si chiama ludopatia, gioco d’azzardo patologico (GAP): un fenomeno preoccupante, un’emergenza sociale.
La Fondazione Antiusura della diocesi di Palermo, ha promosso anche quest’anno un convegno sul tema, invitando esperti di psicologia, di sociologia, rappresentanti dell’istituzione scolastica e della politica. Una prospettiva a tutto campo per affrontare un problema che investe adulti, adolescenti e ultimamente anche i bambini, soggetti vulnerabili irretiti dal gioco d’azzardo che non è più solo quello dei tavoli patinati dei casinò, bensì un business il cui bilancio è, a detta degli esperti, di novanta miliardi, assicurando allo Stato nove miliardi di introiti fiscali, in un quadro schizofrenico di un sistema che per un verso incentiva il gioco, con offerte finalizzate a creare dipendenza emotiva (Win for Life, Gratta e Vinci), per un altro interviene per fronteggiare le patologie che ne conseguono.
Le slot machine, i videopoker, i giochi on line, creano dipendenza, come le altre forme di droga. L’emergenza è tale che a Palermo è nato da qualche anno un centro di ascolto, il CEDISS, per le “dipendenze senza sostanza” causate dal gioco d’azzardo patologico. Gli esperti psicologi affrontano in una prospettiva sistemica questa nuova patologia che colpisce personalità vulnerabili, quasi sempre alla ricerca di sensazioni forti, o facili all’inedia, spesso in fuga da situazioni traumatiche come la perdita di lavoro, una crisi affettiva, il fallimento del proprio progetto di vita. Il soggetto, che si percepisce fallito, inadeguato, incapace, vive il gioco come possibilità di riscatto. Il gioco patologico distrugge legami affettivi e patrimoni; all’interno della famiglia, viene percepito dal coniuge come tradimento e negazione del patto coniugale, è vissuto dai figli come perdita della presenza genitoriale.
Gli interventi psicoterapeutici mirano all’equilibrio del sistema familiare, attraverso una riproposizione delle dinamiche relazionali, in modo che il soggetto dipendente dal gioco non sia giudicato come cattivo o in balia del vizio, ma come un malato che deve essere aiutato a riconoscere il fenomeno per ritrovare un senso che motivi la ripartenza della vita.
Gli adolescenti rimangono invischiati nella rete del gioco d’azzardo per sfuggire alla noia o alla solitudine, attirati da facili guadagni, curiosi verso un mondo proibito. La psicopedagogia punta sulla resilienza, la capacità di riorganizzare la propria vita di fronte alle difficoltà e agli eventi stressanti o traumatici. Preventivamente la scuola ha il compito di aiutare il giovane nella costruzione di un modello relazionale che sostenga lo sviluppo identitario attraverso la relazione autentica, empatica, accogliente. Occorrono “adulti significativi” che possano rappresentare modelli portatori di speranza per gli adolescenti.
A un’emergenza sociale non si può che rispondere con una rete interistituzionale sostenuta da organizzazioni sensibili alle emergenze sociali: l’azione legislativa, secondo quanto prevede il decreto Balduzzi che ha concepito i LEA, le strutture e i servizi di assistenza; gli osservatori psicopedagogici del MIUR impegnati nell’informazione preventiva, oltre che nella formazione educativa; il contributo di privati, come la società TAXI 1729, brillanti giovani impegnati nella divulgazione della scienza che con la campagna “Fate il Nostro gioco” informano sui rischi del gioco d’azzardo, usando la matematica come “antidoto logico” contro la fascinazione ingannevole del gioco d’azzardo; e ancora le Fondazioni antiusura volute dalla Caritas, segno di quella “Chiesa esperta in umanità”, auspicata da Paolo VI (Populorum progressio). Informare e intervenire: rimettersi in gioco per un’utopia e non per un azzardo!
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