Un piccolo contrattempo non ci ha consentito di predisporre, come di consueto, la introduzione alla lectio per questa settimana. Scusandoci con i lettori, inviamo una riflessione del biblista Rinaldo Fabris sulla Pentecoste tratta dal sito www.viandanti.org
Pentecoste, Arcabas (Jean-Marie Pirot), 114 x 146 cm, olio su tela ,
Monastero Notre-Dame du Cénacle, Lyon, Francia, 2005.
di Rinaldo Fabris
Nel suo secondo libro, noto come “Atti degli apostoli”, Luca ricostruisce la storia della nascita e crescita della Chiesa da Gerusalemme fino “ai confini della terra”. Lo scopo dell’intera opera lucana, dedicata a Teofilo è mostrare l’attendibilità delle informazioni che l’illustre personaggio ha ricevuto sull’esperienza cristiana e nello stesso tempo fondare la fiducia nella fedeltà di Dio che porta a compimento le sue promesse nella storia di Gesù e dei suoi discepoli. Questo tema, annunciato nella conclusione del Vangelo, è ripreso all’inizio degli Atti degli apostoli. Il Signore, che si manifesta vivo agli apostoli per quaranta giorni, ordina loro di restare a Gerusalemme per attendere che si compia la «promessa del Padre, quella, disse, che avete udita da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito santo» (At 1,4b-5; cf. Lc 24,49).
Testimoni fino ai confini della terra
Ai Dodici che chiedono se è questo il tempo in cui è ricostituito il regno di Israele, Gesù risponde che il compimento delle promesse circa il destino di Israele appartiene all’iniziativa del Padre. Invece egli annuncia qual è il loro compito: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). Con queste parole Gesù traccia il programma della missione dei discepoli che costituisce anche la trama narrativa degli Atti. Dopo l’ascensione di Gesù al cielo gli undici discepoli dal monte degli Ulivi tornano a Gerusalemme e, nella preghiera concorde e perseverante, con alcune donne assieme alla madre di Gesù, Maria, e i suoi fratelli attendono il dono dello Spirito santo (At 1,14).
Dopo che il gruppo dei “dodici”, che rappresentano l’intero Israele, è stato reintegrato con la scelta di Mattia, su tutti questi – i dodici, le donne, Maria e i fratelli di Gesù – riuniti in uno stesso luogo a Gerusalemme scende lo Spirito santo al compimento del “cinquantesimo giorno”, hē hēméra tês pentēkostês. L’espressione pentēkostê (hēméra), “cinquantesimo (giorno)” – che ricorre in Tb 2,1; 2Mac 12,31-32 – rimanda alla festa ebraica delle “Settimane”, šavu‘ôt, chiamata anche “festa del raccolto”, hag haq-qāṣîr (Es 23,16). Assieme alla Pasqua e festa delle Capanne, è una delle tre feste-pellegrinaggio dei calendari biblici riportati in tutte le tradizioni del Pentateuco. La Pentecoste chiude il periodo pasquale dalla pasqua come lascia capire il termine ebraico ‘aššeret, giorno della “chiusura”.
Gli effetti del dono dello Spirito
Negli Atti degli apostoli si racconta l’evento di “Pentecoste” come compimento della pasqua di risurrezione di Gesù, dono-effusione dello Spirito santo promesso dal Padre, e nascita della Chiesa. Nel racconto lucano la presenza e l’azione potente dello Spirito sono evocate mediante i simboli biblici della manifestazione di Dio: il vento di tempesta e il fuoco. Sul piano antropologico l’azione dello Spirito di Dio si manifesta come capacità di tutti i discepoli di “parlare in altre lingue”.
L’effetto del dono dello Spirito si manifesta nella convocazione dei “Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo”. Si tratta di ebrei devoti che hanno scelto di abitare a Gerusalemme, ma che provengono da diversi ambienti etnico-culturali. Essi, infatti, parlano le diverse lingue delle regioni di origine. Nell’elenco di popolazioni e regioni riportato dall’autore degli Atti – in tutto si menzionano diciotto ambiti diversi – si ha una progressione geografica che va da Oriente – Mesopotamia – Occidente – Roma – passando per le regioni interposte: Giudea, Asia, Egitto, Libia. Grazie al dono dello Spirito tutti questi che sono ebrei per nascita o proseliti convertiti, sentono i discepoli di Gesù, che sono tutti galilei, «parlare nella propria lingua nativa», mentre annunziano «le grandi opere di Dio» (At 2,8.11).
La capacità di comunicazione resa possibile dal dono dello Spirito rovescia la situazione della torre di Babele, dove i popoli, riuniti per costruire una città e torre templare per non disperdersi sulla faccia della terra, non riescono a comprendersi a causa della diversità dei linguaggi.
Un dono per tutti: uomini e donne
Il significato del dono Spirito è dato da Pietro nel discorso che rivolge ai Giudei di Gerusalemme. Rispondendo ad alcuni che interpretano l’effetto dello Spirito come ebbrezza collettiva, Pietro dichiara che l’azione dello Spirito si può comprende solo alla luce della Scrittura: il parlare nelle lingue dei popoli corrisponde alla promessa del profeta Gioele che annuncia il dono dello Spirito santo per gli ultimi tempi (At 2,14-21; Gl 3,1-5). Egli richiama l’attenzione sul fatto che la promessa dell’effusione dello Spirito di Dio riguarda tutti, uomini e donne, giovani e adulti. Grazie questo dono dello Spirito di Dio tutti “profeteranno”. Nel linguaggio lucano il “profeta” è colui che parla e agisce in nome di Dio per proclamare e rendere presente la sua azione salvifica.
Ne è un esempio il discorso di Pietro che proclama e attesta che Dio ha risuscitato Gesù dalla morte e lo ha costituito Signore per la salvezza di chiunque lo invoca. Pietro rilegge la Scrittura, dove Dio annuncia questo evento di salvezza. I “prodigi e segni” di cui si parla nel testo di Gioele, si realizzano nella storia di Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio «per mezzo di miracoli, prodigi e segni». L’azione di Dio a favore di Gesù si manifesta in modo pieno nella sua risurrezione dalla morte. Pietro pone in risalto il contrasto tra l’agire degli uomini e quello di Dio che porta a compimento il suo disegno di salvezza promesso nelle Scritture. Mentre gli uomini l’hanno condannato alla morte di croce, Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte.
Testimoni della risurrezione
Il significato dell’azione di Dio è dato dalla Scrittura, riletta in chiave profetica. Nel Salmo 16 (8-11) il re Davide, al quale è attribuito, dice che il Signore non abbandonerà il giusto nella morte né permetterà che il suo «Santo subisca la corruzione», ma gli farà conoscere le vie della vita, lo colmerà di gioia con la sua presenza. Nella rilettura di Pietro le parole di Davide si riferiscono profeticamente al re-messia, perché Dio ha giurato solennemente a Davide di far sedere un discendente sul suo trono (Sal 132,11; 89,4). Infatti, dice Pietro, il re Davide è morto e il suo sepolcro è conosciuto a Gerusalemme. Sotto l’azione dello Spirito Davide ha annunciato profeticamente la risurrezione di Cristo che «non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione». Pietro conclude la rilettura dei Salmi con questa dichiarazione: «Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2,32). Il dono dello Spirito santo conferma che Gesù vittorioso, è intronizzato alla destra di Dio come si dice nel Salmo 110,1.
Pietro riassume il discorso tenuto davanti ai Giudei di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste con queste parole: «Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,36). Egli invita tutta la “casa” di Israele, il popolo dell’alleanza, a riconoscere, sulla base delle Scritture, l’azione di Dio a favore di Gesù. Mediante la risurrezione Dio rivela l’identità e il ruolo di Gesù condannato alla morte di croce.
Il nucleo della Chiesa attorno ai “Dodici”
Conforme alle promesse messianiche contenute nelle Scritture, Gesù. intronizzato alla destra di Dio. è costituito “Signore e Cristo”. I Giudei di Gerusalemme, che ascoltano le parole di Pietro, colpiti nell’intimo, gli chiedono: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». Pietro li invita a riconoscere la loro incomprensione e rifiuto del disegno di Dio, facendosi battezzare nel nome di Gesù Cristo, per avere il perdono dei peccati, e ricevere il dono dello Spirito Santo. Quelli che accolgono le parole di Pietro sono battezzati e formano il nucleo della Chiesa attorno ai “Dodici”, assieme alle donne, a Maria, la madre di Gesù, e ai suoi fratelli.
Di questa chiesa nata dal dono dello Spirito a Pentecoste, Luca traccia un profilo ideale proposto a tutte le altre comunità cristiane: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). La comunione fraterna, fondata sulla fede, si esprime e attua nella condivisione dei beni distribuiti a ciascuno secondo il bisogno.
Con l’effusione dello Spirito santo sui discepoli di Gesù, a compimento della sua pasqua di risurrezione, nasce la comunità dei tempi messianici, secondo la promessa di Dio consegnata nella Scrittura, dove si annuncia la risurrezione di Gesù. il Nazareno, messo a morte dagli uomini, ma risuscitato da Dio e intronizzato alla sua destra.
Tratto da www.viandanti.org
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