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Quando la relazione di lavoro si trans-forma

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di Guglielmo Faldetta 

 

Il tema degli stereotipi legati al genere, in particolare in ambito organizzativo, con specifico riflesso sulla costruzione sociale dei ruoli che ci si attende siano interpretati dalle persone, non è certamente nuovo, ma rimane comunque sempre attuale. Il ruolo organizzativo legato al genere è composto da un insieme di norme comportamentali che ci si attende vengano seguite rispettivamente dai maschi e dalle femmine.

In generale, è possibile affermare che la tendenza ad utilizzare una concezione binaria nel categorizzare i soggetti appartenenti ad una organizzazione o gruppo sociale, non facilita la fluidità dell’identità individuale. Essere identificati come eterosessuali o omosessuali, maschi o femmine, vecchi o giovani, ricchi o poveri, porta ad essere confinati in rigide categorie. La concezione binaria inibisce, pertanto, la possibilità delle identità di variare tra le categorie, costringendo, di fatto, a inquadrare gli individui in due categorie esclusive, nel nostro caso maschio e femmina, rafforzando così specifiche norme di genere. In tal senso, le aspettative sociali e culturali richiedono che gli individui che sono nati maschi o femmine manifestino comportamenti coerenti con le norme di genere, che riflettono dunque attributi e caratteristiche culturalmente associati ai maschi o alle femmine.

Pensare a come il genere possa essere concepito ed espresso con modalità che mitighino le ineguaglianze e che rimuovano le restrizioni alla libera espressione, richiede una seria riconsiderazione della concezione binaria di genere. La presenza di persone gender variant all’interno delle organizzazioni, in tal senso, può concretamente rappresentare una sfida a tale concezione binaria, ed agli stereotipi legati al genere che questa comporta.

 

Nel corso del processo di transizione, i lavoratori gender variant possono manifestare delle pratiche legate al genere, che di fatto violano la visione stereotipata fortemente presente nei luoghi di lavoro. Tale sfida potrebbe teoricamente mettere in discussione le discriminazioni e le disuguaglianze basate sul genere, dal momento che i superiori ed i colleghi possono iniziare a ripensare i loro stereotipi relativi al genere, alle performance e alle abilità che culturalmente vengono prevalentemente attribuite rispettivamente ai maschi e alle femmine.

Spesso, però, accade che i colleghi ed i superiori tendano a neutralizzare il potenziale trasformativo generato dalle transizioni sessuali; spesso essi provano ad imbrigliare i lavoratori gender variant all’interno degli stereotipi legati al genere, e ciò avviene con maggiore forza nel momento in cui essi cercano di dimostrare la loro accettazione nei confronti del collega gender variant. Così, gli uomini daranno delle pacche sulla schiena ad un FTM (donna che diventa uomo) e si intratterranno con lui in “discorsi da uomini”, mentre le donne suggeriranno ad un MTF (uomo che diventa donna) come mostrare la propria femminilità attraverso il lifting o il trucco.

I colleghi di lavoro, in genere, si attendono comportamenti aderenti al genere di nascita o a quello opposto, restando fedeli ad una concezione binaria del genere sessuale. I lavoratori gender variant, d’altro canto, piuttosto che sfidare le aspettative legate ai generi creando le proprie forme di espressione di genere, tendono a non creare “problemi di genere” nei luoghi di lavoro, al fine di mantenere il loro impiego e le loro relazioni positive con i colleghi. In tal modo, la concezione binaria del genere maschile e femminile tenderà ad essere predominante ed a riprodursi, così come gli stereotipi legati al genere.

Tali individui si ritrovano a dover negoziare nell’ambiente di lavoro la propria identità di genere in accordo alla concezione binaria dominante, il che può provocare ansia, paura e stress. Per i lavoratori gender variant, già sottoposti ad una maggiore vulnerabilità economica, tale situazione può portare a bilanciare il loro eventuale desiderio di affermare ed esprimere liberamente la propria identità con l’esigenza della sicurezza del posto di lavoro. Mantenere il posto di lavoro può comportare la partecipazione ad ambienti di lavoro dove i generi sono stereotipati, e ciò può indurre i lavoratori gender variant a non creare problemi legati al genere, adeguandosi dunque a tale situazione.

Pur considerando il fatto che le transizioni sessuali in ambito lavorativo non sono poi così frequenti, va detto anche che quando esse accadono, costituiscono una sfida alquanto impegnativa, non solo per la persona gender variant, ma per tutta l’organizzazione. I dipendenti gender variant vanno spesso incontro a reazioni negative, se non esplicitamente ostili. I comportamenti discriminatori, vessatori e al limite violenti sono ancora frequenti, e fanno sì che i lavoratori gender variant siano soggetti a stress psicologico e malattie fisiche.

Le organizzazioni più progressiste implementano delle pratiche che vanno al di là di un approccio meramente normativo e basato sulla conformità a leggi e regole, andando invece verso un approccio più inclusivo finalizzato alla creazione di un clima favorevole per i lavoratori gender variant. Tra gli strumenti oggetto di specifiche politiche in tal senso, vi sono: la formazione per i colleghi di lavoro; l’utilizzo dei servizi igienici, per cui i dipendenti dovrebbero poter usare il bagno che corrisponde al loro genere acquisito, senza mai essere costretti ad utilizzare il bagno corrispondente al sesso di nascita; i codici di abbigliamento, rispetto ai quali andrebbero evitati gli stereotipi legati al genere, preferendo eventualmente l’utilizzo di abbigliamento neutro; le procedure di identificazione ed i record personali, per cui sarebbe auspicabile che, a meno di particolari complicazioni, i cambiamenti nei documenti di identificazione interni all’azienda andrebbero presi in considerazione il più presto possibile, possibilmente prima che il dipendente incominci ad assumere il nuovo genere, aggiornando il fascicolo personale e tutti i documenti collegati sin dal primo giorno di impiego.

Alla luce di quanto detto, risulta essenziale, allora, ri-costruire una relazione di impiego aperta, sincera, improntata al reciproco riconoscimento, in cui le parti rimettano in gioco le proprie identità, i propri valori, le proprie convinzioni, specificamente circa l’identità di genere. Ciò sarà possibile se la relazione verrà vissuta secondo una logica aperta ed inclusiva, una relazione che consenta la libera condivisione e trasmissione dell’espressione del sé, una condivisione libera ma che, al tempo stesso, lega gli attori gli uni con gli altri, nella costruzione di una relazione realmente trans-formata.

 

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