Introduzione alla lectio divina su Lc 1, 26-38
21 dicembre 2014 – IV domenica del tempo di Avvento
26 Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. 29 A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30 L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. 34 Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. 35 Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36 Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37 nulla è impossibile a Dio”. 38 Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei.”.
Sandro Botticelli, L’annunciazione, 1489–1490
tempera, 150 cm × 156 cm, Museo degli Uffizi, Firenze
Le storie umili sono il terreno prediletto dell’azione di Dio nel mondo. I poveri e gli umili rivelano in modo esemplare lo stile di Dio. Il brano dell’annunciazione lucana ne è l’ennesima riprova.
L’iconografia classica ci ha abituati a rappresentazioni dell’incontro tra Dio ed il mondo che vedono Maria ritratta quale dama avvolta in drappi preziosi all’interno di accoglienti palazzi nobiliari mentre riceve l’annunzio dell’arcangelo Gabriele. Ma sembra che lo stesso evangelista Luca, ponendo nel racconto una sorta di parallelo con il precedente annuncio a Zaccaria, sia di contrario avviso. L’annuncio della incarnazione del Messia Salvatore non si svolge a Gerusalemme, nel centro della religiosità dell’epoca, nei confronti di soggetti che, come Zaccaria, erano in grado di esprimere autorevolezza agli occhi del mondo per la classe sociale di appartenenza o per le funzioni religiose riconosciute nel tempio, ma a Nazareth, piccolo centro di periferia ignoto alla storia del popolo di Israele, nei confronti di una ragazzina, che ancora non ha compiuto il passo – condizionante per le donne di quei tempi – del matrimonio.
In questo modo singolare ed in profondità Dio opera quella condescentio che è alla base della nostra fede. Dice E. Bianchi che “In una terra ai margini della Palestina, in un villaggio insignificante, in una casa semplice e sconosciuta, in una famiglia quotidiana si realizza il mistero dell’umanizzazione di Dio: Dio, l’eterno, si fa mortale, il forte si fa debole, il celeste si fa terrestre.”.
Alle orecchie avvezze alla Scrittura di Maria non sfuggiva il senso travolgente della Parola annunciata da Gabriele (il cui nome richiama la “forza di Dio”). Non un mero saluto, non solenni convenevoli, ma la promessa realizzazione delle profezie di Sofonia (3,15) e Zaccaria (9,9) che si rivolgevano orgogliosi alla Figlia di Sion: “Esulta grandemente … giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re”. Soprattutto il significato dell’espressione “Il Signore è con te” (v.28), tipica del linguaggio con cui le Scritture avevano sempre designato il rapporto di amore che legava il Signore al suo popolo (cf. Os 11,1-4) sembrano disorientare Maria. Il suo comprensibile turbamento dunque non è dettato, a differenza di Zaccaria, dalla improvvisa apparizione dell’angelo, ma dal contenuto della comunicazione, che stravolge ogni schema umano.
La Parola non è sempre facile da comprendere, scuote, richiede un approfondimento e Maria non consente alla emozione di paralizzarla e ragiona, riflette, si interroga sul senso.
Gabriele parla il linguaggio dell’Antico Testamento. Quello che annuncia è l’adempimento di Isaia (41, 8-10.13). Il contenuto dell’annuncio, per Luca, rappresenta un condensato di cristologia. Gesù è rappresentato come Figlio dell’uomo, Figlio dell’Altissimo, Figlio di Davide ovvero come la realizzazione piena, storica, dell’amore di Dio per l’uomo. E la risposta di Maria non è incredula come quella di Zaccaria, poiché non riguarda l’essenza dell’annuncio, ma la modalità pratica del suo realizzarsi.
Le modalità concrete con le quali l’azione di Dio si fa uomo, però, non sono note. L’origine è lo Spirito di Dio, ma l’angelo precisa che il “come” ci sfugge, l’ombra impedisce la visione, seppur ci informa della presenza di Dio, così come l’ombra sull’Arca dell’Alleanza in Esodo. A Maria, nuova Arca, tanto basta e può bastare anche a noi.
Nulla è impossibile a Dio, chiosa l’angelo Gabriele, se solo una piccola donna acconsente alla realizzazione del piano di salvezza dell’intera umanità. E Maria, credendo all’impossibile e facendosi umile “schiava della Parola”, attraverso un semplice e modesto sì non acconsente solo alle nozze tra l’umano ed il divino, ma anche all’incarnazione ed all’inveramento di una speranza.
La risposta di Maria è di singolare ed oggettiva umiltà. Non viene messo in primo piano nulla di personale, nessuno stato d’animo, nulla se non la Parola di Dio. Davanti alla parola di Dio, la donna che ascolta e riflette non può che dire: Avvenga di me secondo la parola che mi è stata detta! Quanto poi ai mezzi e agli ostacoli sarà la grazia a fare tutto. (L. Gillet).
Lorenzo Jannelli
(www.tuttavia.eu)
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