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Ninive perduta

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di Valeria Viola

 

Cosa sarebbe oggi la Valle dei Templi, se avessimo deciso di farla a pezzi perché memoria di un tempo prima di Cristo? Se avessimo spezzato le colonne a mazzate e sbriciolatone i rocchi col martello pneumatico? Se avessimo martellato le vestigia di Akragas all’interno del museo archeologico per i loro riferimenti ad una mitologia lontana, in disaccordo con la dottrina cattolica? Forse questa furia devastatrice è ormai così lontana da noi oggi che ci è inconcepibile pure immaginare un simile scenario.

Eppure questo è successo la scorsa settimana a Mossul, in Iraq, città araba sulla sponda occidentale del fiume Tigri, ovvero sulla sponda opposta dell’antica Ninive, la capitale assira citata anche nella Bibbia. I militanti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante hanno distrutto in modo irreparabile reperti del museo archeologico risalenti all’impero assiro (III-II millennio a.C.), se non precedenti. Lo scempio si colloca tragicamente sulla scia di altri simili eventi che vedono protagonisti sempre i fondamentalisti islamici: al 2001, ricordiamo, risale la sventurata decisione dei talebani di distruggere i millenari Buddha scolpiti nella parete rocciosa della valle di Bamiyan, in Afghanistan, demoliti dopo un mese di bombardamenti.

Il nostro patrimonio antico è stato abbandonato, vandalizzato, rubato, riadattato a funzioni a lui estranee, riusato persino come materiale da costruzione, ma ciò che sta accadendo, in un Oriente sempre più vicino a noi, ci sconvolge fino al midollo. I 112mila volumi (tra cui antichissimi manoscritti) delle biblioteche di Mossul, dati alle fiamme dai fondamentalisti, evocano il peggio dell’Europa del Novecento, i roghi nazisti del 1933. Questa forma di annullamento culturale condotto per motivi meramente ideologici, ricorda fors’anche la furia iconoclasta dell’ottavo secolo, come ha detto, con la voce incrinata dall’emozione, la prof.ssa Maria Annunziata Lima alla conferenza che si è tenuta il 27 febbraio scorso proprio sulla coesistenza di popoli di fede diversa, in particolare di arabi, ebrei e cristiani nella Palermo Normanna.

Il fatto sconvolgente, tuttavia, non è solo la distruzione delle opere d’arte, ma il significato che l’atto acquista nel contesto. Ricordiamo, infatti, che durante la terribile azione i devastatori si sono filmati ed hanno postato tutto sulla rete, come per far capire al mondo intero di cosa sono capaci. La minaccia mediatica, che è ormai consuetudine di questo gruppo di invasati, ci dà modo di osservare una furia ideologica che si accanisce contro una civiltà estinta, pertanto assolutamente innocua, ma nello stesso tempo anche contro le radici della cultura occidentale: ad essere colpiti non sono solo gli abitanti di Mossul che hanno perso il loro importante patrimonio, ma siamo anche noi tutti, perché un attacco alla cultura è un attacco all’umanità.

Poco ci sollevano l’animo i sospetti, portati avanti dalle testate giornalistiche, che alcune delle opere fossero copie in gesso o che alcuni manufatti più piccoli e preziosi, non apparsi nel video, siano stati venduti al mercato nero per fare cassa. Il danno è irreparabile.

Unico sollievo è il fatto che “per fortuna” – sembra scorretto dirlo, ma quando ci vuole…- alcuni pezzi importanti delle civiltà mesopotamiche sono stati trafugati in tempo dagli europei e custoditi in musei, come il Louvre o il British Museum.

Certo, anche nel nostro “illuminato” contesto europeo non mancano le aggressioni al patrimonio artistico: pochi giorni fa, per esempio, ha fatto notizia l’invadente presenza degli ultrà olandesi a Trinità dei Monti a Roma, che ha causato il danneggiamento della famosa “barcaccia” barocca; e come non ricordare che la settimana scorsa è stato ritrovato lesionato e buttato per strada, il busto in bronzo di Lajos Tukory (realizzato da Giovan Battista Basile), che era stato rubato qualche giorno prima da piazza Marina a Palermo.

Ma, alla luce di quanto è avvenuto a Mossul, questi fatti ci evidenziano quanto possa essere pericolosamente fragile ed irrimediabilmente esposta l’Italia di fronte alla nuova minaccia iconoclasta.

“Cosa fare?” mi chiedono i miei alunni.

Una risposta definitiva non ce l’ho. Per ora, da privati cittadini, possiamo forse solo tenere viva la memoria delle civiltà che sono state prima di noi, imparare a rispettare il patrimonio nostro ed altrui, provare a diffondere l’amore dell’arte oltre i nostri confini….

 

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