Senza categoria

“Agapas” e “Fileo”. Introduzione alla Lectio divina di Gv 21, 1-19

Loading

 

 

10 aprile 2016 –  III^ domenica del Tempo di Pasqua  

 

 

[1] Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli presso il mare di Tiberiade; e si manifestò così. [2] Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli erano insieme. [3] Simon Pietro disse loro: “Vado a pescare”. Essi gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Uscirono e salirono sulla barca; e quella notte non presero nulla.

[4] Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva; i discepoli però non sapevano che era Gesù. [5] Allora Gesù disse loro: “Figlioli, avete qualcosa da mangiare?” Gli risposero: “No”. [6] Ed egli disse loro: “Gettate la rete dal lato destro della barca e troverete”. Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. [7] Allora il discepolo, quello che Gesù amava, disse a Pietro: “È il Signore!” Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare. [8] Ma gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano distanti da terra se non un centinaio di metri, trascinando la rete con i pesci.

[9] Appena scesero a terra, videro là della brace e del pesce messovi su, e del pane. [10] Gesù dice loro: “Portate qua dei pesci che avete preso ora”. [11] Simon Pietro allora salì sulla barca e tirò a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci; e benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. [12] Gesù dice loro: “Venite, mangiate”. E nessuno dei discepoli osava chiedergli: “Chi sei?” Sapendo che era il Signore. [13] Gesù viene, prende il pane e lo dà loro; e così anche il pesce. [14] Questa era già la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli, dopo esser risuscitato dai morti.

[15] Quand’ebbero fatto colazione, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami più di questi?” Egli rispose: “Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene”. Gesù gli disse: “Nutri i miei agnelli”. [16] Gli disse di nuovo, una seconda volta: “Simone di Giovanni, mi ami?” Egli rispose: “Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene”. Gesù gli disse: “Custodisci le mie pecore”. [17] Gli disse la terza volta: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?” Pietro fu rattristato che egli avesse detto per la terza volta: “Mi vuoi bene?” E gli rispose: “Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene”. Gesù gli disse: “Nutri le mie pecore”. [18] In verità, in verità ti dico che quand’eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti”. [19] Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse: “Seguimi”.

 

Nel brano precedente la Comunità apostolica ha appena ricevuto dal Risorto il mandato della Missione insieme al dono dello Spirito. Con ciò il vangelo di Giovanni è giunto all’epilogo, ma posteriormente viene aggiunto questo ventunesimo capitolo perché nella comunità giovannea emergono ancora nodi da sciogliere e snodi da sottolineare.

 

 

Primo nodo, la modalità della missione, di cui l’episodio iniziale della pesca è simbolica rappresentazione, come nell’episodio inaugurale di Luca (5,1-9). Non iniziativa umana di un leader, “Vado a pescare”, e acquiescenza sottomessa degli altri. Ciò non porterà che all’insuccesso: “senza di me non potete far nulla (15,5c)”. La mancanza di orientamento si declina come “notte”. Deve comparire tra terra e mare Qualcuno, al primo barlume del mattino, Luce da seguire. Come in tutte le apparizioni, Gesù non è immediatamente riconoscibile all’aspetto. Simile alla bruma mattutina la sua identità di Risorto non emerge di per sé, nemmeno alla richiesta di un po’ di pesce. Solo nell’evidenza di una pesca straordinariamente ricca, Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto (15,5b) il discepolo, quello che Gesù amava” intuisce e passa a Pietro la notizia, “È il Signore!”, perché l’amore è già conoscenza. Si comincia a delineare un’altra delle questioni rimaste aperte, la relazione tra i due personaggi, Pietro e Giovanni, ambedue diversamente autorevoli per la vita delle comunità giovannee. Se Pietro è rimasto fondamentalmente autoreferenziale nei confronti del Messia, Giovanni non aveva innalzato barriere davanti l’offerta d’amore di Gesù e se ne era lasciato colmare tanto da potere seguire sino alla Croce il suo Signore, da accoglierne la Madre e da riconoscere poi, per primo, nelle bende per terra il segno del Vivente.

 

Questo, pertanto, lo snodo della missione: lasciarsi prima invadere dall’amore del Padre, trasmesso nel dono di sé del Figlio e partecipato con larghezza e inventiva dall’opera dello Spirito. Percezione profonda, misterica, della realtà comunitaria, chiamata essa stessa a diventare tra gli uomini memoriale della Resurrezione del Signore, che ha promesso: “Non vi lascerò orfani: verrò da voi (14,18)”. Come dunque configurare questo venire del Crocefisso Risorto tra noi? Risposta privilegiata sarà il ritorno sacramentale del Signore, il suo ricorrente offrirsi in cibo, dono di vita e servizio totale dell’amore. “Chi mangia la mia carne rimane in me e io in lui (6,56)”

 

Per questo segue allora la narrazione di un’improvvisata colazione che, a un livello profondo, si veste dei colori di una liturgia eucaristica sulla spiaggia. Come in altri episodi sinottici, il Risorto invita i suoi a condividere un pasto, anticipo e attesa del banchetto escatologico, gioia della comunione a partire da un cibo donato, la sua carne. E’ ancora un ennesimo gesto di cura e di servizio umile ai suoi. Gesti e parole di tenerezza si rifanno a quell’episodio della divisione dei pani e dei pesci (cf. 6,11) che in Giovanni resterebbe unico riferimento all’Eucaristia. E’ forte la consapevolezza comunitaria di un evento che si declina al presente e che sarà la modalità sacramentale della nuova presenza di Gesù nella sua comunità: “Gesù viene, prende il pane e lo dà loro”. La richiesta di un improvvisato offertorio, “Portate qua dei pesci che avete preso ora”, è reclamo pressante di un coinvolgimento personale che prevenga stanche ritualità: non accede al dono di vita del Cristo chi non vi impegna con gratitudine la propria.

 

Questa definita rappresentazione eucaristica è un’esigenza di completezza che il redattore finale ha sentito di dovere onorare.

 

La terza parte del brano è riservata allo scioglimento del peccato di Pietro, che nel vangelo di Giovanni non ha mostrato particolare afflizione al canto del gallo.

 

In tutto il racconto Pietro ha continuato ad agire, come sempre da protagonista e il Signore lo ha, sin qui, ignorato. Solo un particolare, l’essere nudo di Pietro, ha alluso alla consapevolezza adamitica del suo peccato di disconoscimento del Signore. Anche la menzione del fuoco di brace, anthrakìan (v.9), allestito sulla spiaggia da Gesù, per l’accoglienza e la convivialità amicale dei suoi, evoca quell’altro fuoco, allestito da servi e incapace di riscaldare il gelo di chi non si era più riconosciuto dei “suoi” sino a rinnegarlo (18,18), a conclusione di una lunga serie di contrasti.

 

Pare di intravedere una celebrazione della riconciliazione: “Esaminate voi stessi se siete nella fede, mettetevi alla prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi?” (2Cor 13,5).

 

Simone di Giovanni, mi ami?” “Sì, Signore, ti amo da amico”. Perché è questa la sua personale conversione. Egli aveva già mostrato un appassionato amore partigiano per il Gesù che ancora gli appariva un leader. E davanti a lui si era professato tante volte seguace voglioso di protagonismo. Ora mostra le crepe. Non vuole più primeggiare, non osa nemmeno rispondere con la stessa parola dell’amore incondizionato che usa Gesù, agapas, e ripiega sul più feriale fileo, il ti voglio bene degli amici. E a questo condiscende Gesù, scendendo sino a lui e sollevandolo con un dono che è un impegno: allora nutri e custodisci chi ti è affidato. Di nuovo l’esigenza della cura. Del decentrarsi per farsi incontro agli altri. E in loro ritrovare Gesù, presente nei piccoli e in ogni altra sua pecora. Perché non c’è altra carne in cui non si inveri la prossimità del Risorto. Allora, per tutti noi, donarsi ai fratelli, secondo il personale carisma, è amare il Signore e accoglierne un’altra modalità di presenza, non meno sacramentale di quella eucaristica. Chi accoglie le mie indicazioni e le osserva, questi è colui che mi ama (14,21).

 

Pure a prezzo della vita. Ora anche a Pietro, finalmente e per la prima volta, Gesù potrà dire: seguimi. E’ un seguimi post pasquale, un invito a seguire il Vivente, partecipando già della sua Vita.

Il servizio petrino non è così privilegio, ma la risultante dell’amore: servire l’unità (v.11), garantire la missionarietà, dispensare una parola e un pane nutrienti per la comunità. Il tutto in convergente ascolto (v.7a) del carisma profetico e contemplativo di una voce destinata a restare (21,22), quella del discepolo che Gesù amava.

 

La comunità delle origini si rivela plurale, sinodale, inclusiva dei doni particolari che lo Spirito le ha dispensato.

                                                                                                                                                   

                                                                                                                                              Raffaela Brignola

                                                                                                                                         Comunità Kairòs

 

{jcomments on}

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *