di Dario Cataldo
Di ritorno dal viaggio apostolico in Svezia, il Sommo Pontefice, come consuetudine non si è risparmiato, toccando argomenti che chiariscono delicate situazioni in cui i suoi detrattori volevano impantanarlo. Invece, il suo pensiero si è ampliato, dimostrando equilibrio e flessibilità. Sulla questione attuale dei rifugiati ha chiarito: “Si deve distinguere tra migrante e rifugiato; il migrante viene trattato con certe regole, invece il rifugiato viene da una situazione di guerra, di angoscia, terribile, lo status del rifugiato ha bisogno di più cura”.
Secondo il Vicario di Cristo, alla base dell’accoglienza verso i migranti deve esistere un fondamento di carattere programmatico, sulla scorta di modelli già rodati, i quali forniscono tutto il necessario per condurre una vita dignitosa e rispettosa delle strutture statali ospitanti. Di fatto aggiunge Papa Bergoglio: “L’Europa si è fatta di migrazioni, in questo senso i paesi che chiudono le frontiere…; credo che in teoria non si può chiudere il cuore a un rifugiato, ma serve anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a ricevere ma anche fare il calcolo di come poter sistemarli, perché non solo un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare e se un paese ha una capacità carente, diciamo così di integrazione, faccia fino a questo, altro di più, altro di più, ma sempre il cuore aperto: non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore, e alla lunga questo si paga, si paga politicamente come anche si può pagare politicamente una imprudenza nei calcoli, ricevere più di quelli che si possono integrare”. Dunque il chiarimento spiega che l’accoglienza è doverosa, ma a certe condizioni e determinati presupposti.
Discorso analogo merita la questione delle donne-prete, fugando tutte le ambiguità di sorta che sono state dette e scritte per screditare il suo operato. In definitiva sull’ordinazione del sacerdozio femminile: “La Chiesa cattolica ha detto l’ultima parola chiara, l’ha detta Giovanni Paolo II e questo rimane”. Una precisazione doverosa, che taglia la testa a speculazioni fuori luogo e lesive dell’unità dei cristiani. La sua delucidazione è in merito alla differenza tra la “dimensione petrina, vescovile riservata agli uomini, e quella mariana materna, delle donne che possono fare tante cose meglio degli uomini”. Tutto ciò infatti non intacca l’azione delle donne all’interno della Chiesa; un lavoro spesso nell’ombra, costante, ma ugualmente importante. Si pensi alle strutture delle Caritas diocesane; cosa sarebbero senza l’intercessione femminile? Ecco perché la precisazione del Vicario di Cristo tutela la missione delle donne all’interno e all’esterno della comunità dei fedeli, alla sequela della Madre di Gesù, Corredentrice nell’opera salvifica del figlio.
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