La fine dell’anno, si sa, è tempo di bilanci. E mentre il risultato del referendum costituzionale spazza via il governo Renzi , il quale passa le consegne al suo già ministro degli esteri Gentiloni, il discorso pubblico si arricchisce e si amplia il perimetro della discussione delle forze politiche (un po’ poverella in verità) grazie alla pubblicazione di un profluvio di dati e statistiche.
La valutazione delle politiche pubbliche, ossia l ‘espressione di un giudizio sugli esiti e sugli effetti delle scelte su come destinare le risorse dei cittadini, dovrebbe essere sempre più sottratta al solo (ma pur importante) filtro ideologico e riferirsi ad un solido supporto di dati informativi e, dunque , anche statistici.
I dati ottenuti e pubblicati sono l’esito di un vero e proprio processo di produzione, anch’esso sottoposto – così come ogni altro prodotto – al vaglio secondo criteri di qualità. Pertanto la prima domanda che ci dovremmo fare di fronte ai numeri è come essi vengono ottenuti e cosa effettivamente vogliono dirci. Il discorso non è semplice, ma ci torneremo in altri contributi che avremo modo di scrivere per questa testata.
Tra i dati più interessanti, soprattutto per la valutazione delle politiche, ci sono quelli che prendono la forma di indicatori1 con particolare riferimento a concetti tanto complessi quanto di rilevanza politica straordinaria. Come ad esempio la qualità della vita delle nostre città2. Le ultime settimane di ogni anno, ormai per una consolidata tradizione, vengono rese noti attraverso due dei più importanti ed autorevoli quotidiani di informazione economica, alcune graduatorie che offrono uno spaccato pur sempre interessante dello stato di complessiva vivibilità delle principali città (o delle province italiane3).
La graduatoria viene determinata da una batteria di indicatori che misurano diverse dimensioni: dalle variabili economiche legate alla tipica contabilità nazionale, che vengono riproporzionate al livello locale tramite procedure di stima non sempre chiare o supportate da controllo da parte degli organi della statistica ufficiale4, alle variabili di natura ambientale derivanti da dati di monitoraggio di tipo amministrativo o fisico passando per statistiche culturali, finanziarie, dati sull’occupazione e la presenza di attività produttive e sociali nei territori. Per esempio, li indicatori del Sole24ore sono 36 e sono organizzati in sei dimensioni (popolazione, tempo libero, tenore di vita, servizi e ambiente, affari e lavoro e ordine pubblico)5, mentre quelli di ItaliaOggi sono 84 organizzati in ben 21 dimensioni6.
Per ottenere una graduatoria finale che metta a confronto le diverse unità territoriali al fine di fare una sorta di “hit parade” del ben-vivere, occorre analizzare logicamente il rapporto tra il singolo indicatore elementare ed il concetto complesso che si vuol misurare e poi produrre una sintesi, utilizzando trasformazioni ed elaborazioni di natura matematica che non sempre vengono esplicitate dalle pubblicazioni7. Ma aldilà di tali complessità metodologiche, vi è sempre la questione dell’opportunità di trovare una misura unica e sintetica rispetto alla possibilità di ampliare la visione, accentando la complessità che deriva da una pluralità di misure differenti e tra di loro integrate8: tutto sta nella finalità “politica” che ci poniamo, comprendere o legittimare una scelta, descrivere o normare.
Ma quali sono le principali informazioni che ci consegnano i dati? Niente di più (o forse meglio poco di più!) di ciò che già altri studi svolto con una scala territoriale più aggregata (regionale) ci avevano già offerto9: la persistenza di un forte divario tra il Centro Nord ed il Sud del paese che non si attenua né si modifica in nessuno degli aspetti che sono stati presi in esame in questa analisi (dimensione economico – produttiva, sociale -occupazionale, ambientale – culturale, istituzionale – amministrativa).
Certo ci sono movimenti interni nelle macroaree che possono riflettere effetti di politiche e trend che si invertono: come accade in Sicilia a Palermo e Siracusa, con la prima che migliora le sue posizione e la seconda che le peggiora. Ma si tratta di sfumature che non aggiungono molto al dato più evidente e politicamente rilevante: la forte differenza tra le due aree del Paese, ossia il divario che permane e resiste anche alle risposte delle politiche regionali che, laddove non assenti, si rivelano certamente poco efficaci.
Guardiamo con positività e speranza all’istituzione di un ministero rivolto alla coesione territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno da parte del gabinetto Gentiloni, certo ricordando con ansiosa preoccupazione la vicenda dei vecchi ministeri “dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno”.
Vorrei concludere con due piccole note. La prima è la seguente: l’immagine che emerge dai dati è quella delle statistiche ufficiali, ma la realtà è “sempre superiore all’idea”, non dimentichiamolo. In peggio e in meglio. La seconda è che sarebbe importante che sia i governi locali che i centri di ricerca e gli organi della statistica ufficiale si impegnassero di più per sforzarsi di produrre una statistica veramente del territorio. Non bastano dai “sui” territori, ci occorreranno sempre di più dati “per” e “con” i territori.
1 L’indicatore (economico e sociale in particolare) è una grandezza numerica che esprime in termini quantitativi un concetto qualitativo attraverso un collegamento di natura logica detto “di indicazione” mediato da una definizione tecnica o operativa che permette la misura stessa. L’indicatore poi può essere utilizzato per descrivere, per definire standard normativi o piuttosto per stabilire soglie critiche per la decisione.
2 La qualità della vita è un concetto che ha da sempre identificato l’insieme delle condizioni materiali ed immateriali che determinano il benessere delle persone, la sua misura sintetica può essere basata su dati di natura oggettiva e soggettiva, qualitativa e quantitativa ad un livello di aggregazione territoriale in genere sub regionale e locale. Il tema della misura della qualità della vita si lega sia ai movimento sociali ed alla crescente domanda di informazioni alimentata dalla partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche, sia dalla bisogno di conoscenza dei processi che al livello interindividuale e locale determinano i livelli di benessere e di progresso di una nazione.
3 La differenza non è banale e non è una mera sottigliezza accademica porla all’attenzione del lettore perché affini il proprio senso critico.
4 Pensiamo per esempio al dato del Prodotto Interno Lordo o del Valore Aggiunto che l’ISTAT fornisce in base allo schema europeo SEC su base nazionale poi in un secondo momento a livello territoriale.
7 Alcune di queste critiche sono state da molto tempo esplicitate ed argomentate da un gruppo di studiosi palermitani, cfr. Attanasio e Capursi (1997), Graduatorie sulla qualità della vita: prime analisi di sensibilità delle tecniche adottate, in Atti della XXXV Riunione Scientifica della SIEDS ‘Politiche e tecniche di valutazione dell’attività della Pubblica Amministrazione e degli interventi sociali’, Alghero, maggio 1997.
8 Questa ad esempio è la scelta fatta a livello OCSE dall’indice Better life (http://www.oecdbetterlifeindex.org/it/ ) o da Istat nella costruzione del BES e di URBES (http://www.misuredelbenessere.it/ ) .
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