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L’eredità dell’Abbé Pierre nel decennale della sua scomparsa.

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Il movimento “Emmaus” conta oggi nel mondo 430 gruppi. Franco Monnicchi di Emmaus Italia: “Il suo pensiero ci aiuta a combattere un sistema sociale che tende a produrre ‘scarti umani’ senza voce senza riconoscere la piena dignità di cui è portatore ogni individuo”.
Abbé_Pierre

La povertà degli ultimi al centro per dare risposte concrete attivandosi con tutti gli strumenti possibili per garantire una migliore giustizia sociale. E’ uno dei principi cardini che spinse l’Abbè Piere a fondare in Francia la prima comunità Emmaus. Il movimento Emmaus conta oggi nel mondo 430 gruppi ed è attualmente guidato dall’africano Patrick Atohoun, responsabile della comunità Emmaus di Eviè (Benin). Emmaus Italia, invece, conta attualmente 18 comunità e gruppi che accolgono ogni anno circa 400 persone in grave disagio sociale. In occasione del 22 gennaio, decennale dalla sua morte Franco Monnicchi, attuale presidente di Emmaus Italia ne ha ricordato la figura straordinaria.

L’essenza della sua intuizione più grande sono state, infatti, le comunità e il movimento Emmaus come maggiore espressione di questa significativa attenzione rivolta a ogni individuo, a partire proprio da quelli più in difficoltà e in condizioni di disagio.

“Ridare dignità alle persone significa perciò –ancor più, oggi – ridare la giusta dimensione etica al nostro vivere civile, contribuendo in questo modo a costruire un mondo più giusto e più umano – sottolinea Franco Monnicchi -. Non c’è dubbio che l’esperienza delle comunità Emmaus promosse dall’Abbé Pierre è ancora di grande attualità e ci aiuta a combattere un sistema sociale che tende a produrre scarti umani e utenti senza voce in abbondanza, mentre non sembra in grado di procedere sulla strada di una necessaria ri-valorizzazione delle risorse umane che si realizza solo a patto di riconoscere la piena dignità di cui è portatore ogni individuo. La provocazione delle comunità Emmaus che fanno accoglienza incondizionata, che si auto-gestiscono, che si mantengono e finanziano solidarietà ‘non attraverso la carità dei ricchi, ma con il lavoro dei poveri’ sta a testimoniare una necessità di cambiamento che deve partire dai nostri stili di vita, dal nostro approccio verso l’altro, dal rifiuto della semplificazione e del giudizio sommario verso ogni persona, soprattutto se di provenienza e di cultura diversa, soprattutto se povero”.
Dieci anni fa (il 22 gennaio) moriva, infatti, a Parigi Henri Antoine Gruès, meglio conosciuto come Abbé Pierre (nome partigiano acquisito nel corso dell’occupazione nazifascista della Francia): prete, deputato negli anni del dopoguerra e icona della solidarietà grazie al suo impegno incessante a favore degli ultimi. In Francia la figura e il pensiero dell’Abbé Pierre verranno ricordati il prossimo 22 gennaio con incontri e iniziative organizzate a Parigi in collaborazione con numerose associazioni della società civile: l’evento si concretizzerà con un grande raduno in place de la Republique. La manifestazione avrà come tema portante e fondamentale l’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, oggi più che mai attuale, che recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio e di ritornare nel proprio Paese”. Allo scopo di celebrare il decennale della morte dell’Abbé Pierre, Emmaus Italia organizzerà, invece, intorno alla metà di giugno, un raduno nazionale ad Assisi, mentre molte saranno nel corso del 2017 le iniziative messe in programma da parte delle singole comunità e gruppi.

“L’Abbé Pierre ci manca – dice ancora Franco Monnicchi -. Ci manca la sua voce ferma e decisa che penetrava nella mente e nel cuore; la sua empatia e il suo sguardo profondo e dolce; la sua umiltà; la sua collera contro l’ingiustizia; il suo essere testimone credibile, concreto e diretto; la sua visione profetica; il suo ‘metterci la faccia’ sempre e senza badare alle convenzioni e alle convenienze. Ci mancherà soprattutto la sua persona, il suo carisma trascinante: lui, che a più di novant’anni non esitava a occupare chiese per sostenere con forza e determinazione la lotta per i diritti dei cosiddetti sans-papiers (gli immigrati senza permesso di soggiorno); lui, che non ha rinunciato – malgrado le sferzanti critiche – a esprimere opinioni controcorrente per i diritti di ogni persona”.

“La sua battaglia principale è stata quella che ha condotto contro ogni tipo di miseria spirituale e materiale, contro ogni genere di ingiustizia, grazie soprattutto alla sua vicinanza agli ‘ultimi’, con i quali manteneva un rapporto speciale – continua il presidente di Emmaus Italia -. Non per caso il ricordo che ancor oggi conservo ben impresso nella mente è quello del suo sguardo che si illuminava letteralmente quando entrava in contatto con un comunitario di Emmaus: era dotato di un’empatia e di una capacità di ascolto uniche, straordinarie, capaci di restituire alla persona – spesso massificata, emarginata, inascoltata, compatita – la dignità e il valore al di là del suo passato, delle sue sofferenze, delle sue debolezze e dei suoi sbagli. Ogni persona era un valore in sé, un valore troppo spesso non riconosciuto, inespresso o mortificato”.

“Oggi come ieri, lottare per la dignità delle persone significa lottare per i loro diritti e agire contro le cause di miseria e sofferenza: qui come in qualsiasi altra parte del mondo. Ogni nostra azione – lo sfruttamento irrazionale di risorse, il commercio delle armi, la finanza speculativa – conclude infine Franco Monnicchi – ha come conseguenza diretta la distruzione dell’ambiente, milioni di morti per fame e guerra, l’aumento della miseria e delle disuguaglianze e tutte quelle migrazioni di esseri umani che vorremmo con ipocrisia respingere. Il diritto alla casa, a un lavoro e a un reddito rappresentano perciò tasselli indispensabili per assicurare un futuro dignitoso a ogni persona. Questa è la grande eredità che ci ha lasciato l’Abbé Pierre attraverso il suo esempio, i suoi scritti, le sue testimonianze, le sue riflessioni e le sue provocazioni. Un’eredità raccolta da un movimento che, unendo i propri sforzi, vuole essere motore di lotta e di cambiamento, ma soprattutto testimonianza di un amore infinito e incondizionato verso l’altro, gli altri, gli ultimi della Terra. Noi cercheremo di continuare – attraverso le nostre comunità e i nostri gruppi – con impegno la lotta a fianco dei più poveri come lui ci ha insegnato”.

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