No, non sono felice. Sperimento sulla mia pelle la verità di ciò che da sempre la Chiesa insegna sul bene comune, e cioè che non ci si può ritenere realizzati se non lo sono anche tutti gli altri membri della comunità. A poco vale al singolo componente di una famiglia la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile, se poi la famiglia va comunque in rovina. A poco vale al cittadino essersi impegnato a far progredire la società, se essa è preda di devastanti illusioni che la fanno impazzire.
Qualcuno obietterà che forse il matto sono io. Ma guardiamo per esempio questa campagna elettorale. Non ci sono grandi obiettivi di fondo. Uno solo, condiviso da tutti, e su cui si fa a gara a chi la spara più grossa: la riduzione delle tasse. Le tasse sono diventate il nemico pubblico. Nessuno dice che esse – almeno quelle dirette, come l’Irpef o l’odiata Imu – sono il meccanismo più efficace che sia stato inventato finora per realizzare un minimo di giustizia sociale. Perché esse svolgono la funzione di Robin Hood: tolgono ai ricchi per dare ai poveri. Meno alte sono le imposte dirette, più i ricchi si tengono i loro alti redditi e i loro ingenti patrimoni, mentre ai poveri rimane solo la loro impossibilità di accedere ai beni e ai servizi di cui hanno bisogno per condurre una vita dignitosamente umana. Meno alte sono le imposte dirette, più salgono quelle indirette (Iva, ma anche bollette della luce, del gas), che strangolano il piccolo commercio e le famiglie più povere. Oppure, si devono tagliare i servizi gratuiti (asili nido, cure mediche, etc.) alle fasce più deboli.
Quando si grida che non bisogna mettere le mani nelle tasche degli italiani, non si precisa che queste tasche sono quelle di chi le ha piene, e che la rinunzia dello Stato a prelevare da esse comporta l’impossibilità di mettere qualcosa in quelle di chi invece le ha vuote.
Il vero problema non sono le tasse, ma quelli che non le pagano, gli evasori. Il vero problema non sono le tasse, ma l’uso che fanno coloro che ne gestiscono il ricavato, sperperandolo per mantenere assurdi privilegi (i costi della politica e della super-burocrazia!) o direttamente rubandolo.
Una campagna elettorale ragionevole dovrebbe essere tutta incentrata su questi temi, che invece sono praticamente assenti. Perché coloro che hanno sempre evitato di colpire l’evasione, anzi l’hanno incoraggiata, e che hanno favorito i super-stipendi, distribuendoli ai loro amici, riescono a far credere alla maggioranza della gente, poveri compresi, che il vero problema è di ridurre le tasse, soprattutto quelle dirette.
È come in certi villaggi africani, dove arrivano i medici per vaccinare i bambini contro le malattie endemiche del territorio, e lo stregone convince le persone a rifiutarsi, anzi ad uccidere gli stranieri cattivi che vogliono fare del male ai loro figli. Gli stregoni sono bravi a fare il loro mestiere. Da noi uno stregone ha detto che le tasse sono cattive – soprattutto quelle patrimoniali, che colpiscono i redditi e le proprietà – e tutti i membri del villaggio sono dalla sua parte. Anche quelli i cui bambini moriranno perché non sono stati vaccinati. Sono io il matto?
Un altro esempio. Tra i pochissimi obiettivi su cui in questa campagna elettorale sembra si sia realizzata la quasi unanimità c’è quello delle nozze gay, preludio logico all’adozione di bambini da parte delle coppie che così si sono costituite. Da quando la sinistra è rimasta orfana di Marx, ha puntato tutto, a partire da Zapatero per finire con Hollande e con inostri ex comunisti, sull’ideologia esattamente opposta al socialismo, quella liberale. Il problema, a quanto pare, non sono più le ingiustizie sociali, la miseria dei poveri, lo sfruttamento degli operai, ma la tutela del diritto di ogni singolo di fare quello che desidera, prescindendo dal bene della comunità come tale, anzi identificando questo bene proprio con la garanzia del suddetto diritto. Così, in Italia, una sinistra che non si è mai strenuamente battuta contro l’evasione fiscale, contro i super-stipendi e le super-pensioni (a tirare fuori lo scandalo di questi privilegi è stato il governo di Monti, un bocconiano!), che non ha avuto nulla da obiettare al “metodo Marchionne”, e che ora è timidissima sul tema tasse, promette, in caso di vittoria, di far trionfare la civiltà introducendo il matrimonio degli omosessuali (e, come dice Vendola e come conferma l’esempio francese, preparando la legalizzazione delle adozioni).
Agli omossessuali, per cui va tutto il mio rispetto, la società deve certamente un risarcimento morale per le umiliazioni e l’emarginazione a cui per secoli li ha sottoposti. Deve inoltre garantire quei diritti che derivano dalla loro unione (permessi al partner in caso di malattia di uno dei due, pensione, etc.). Quello che non deve loro, come non lo deve a nessun altro, omo o etero che sia, è il soddisfacimento dei loro desideri quando questi contrastano con il bene di altri soggetti, in questo caso dei bambini adottati. Stupisce che oggi sia considerato “progressivo” e addirittura “di sinistra” ignorare la lezione di Freud sul ruolo della differenza sessuale nella genitorialità. Che poi alla scienza si contrapponga trionfalmente l’ideologia libertaria, magari “confermata” dalla testimonianza spicciola di psicologi improvvisati che garantiscono l’assoluta normalità dei figli di coppie gay, questo rientra nella logica della stregoneria imperante. E chi si oppone, è matto o reazionario.
Dovendomi identificare con una di queste due categorie, sia nel primo che nel secondo esempio di cui ho parlato, si può ben capire perché non sono felice.
Giuseppe Savagnone
{jcomments on}
Lascia un commento