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La correzione e la comunione fraterna – Introduzione alla Lectio Divina su Mt 18, 15-20

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Mc 10 35-45

Il Vangelo di questa domenica ci aiuta a ricentrare il nostro cammino alla sequela di Cristo: essere discepoli non significa soltanto accettare di collocarci dietro Gesù (Mt 16, 23), di seguire la logica del Vangelo, mettendo anche in conto la sofferenza che può comportare, ma vivere una fede più profonda, capace di assumere la responsabilità del fratello. Quante volte sperimentiamo la tentazione di volgere altrove il nostro sguardo per non vedere (Ezechiele 33,8), perché non abbiamo il coraggio di denunciare il male e chi lo fa; o ancora smettiamo di guardare negli occhi l’altro per paura di essere tirati in causa, di dover prendere posizione, di accogliere il fratello rispettando anche la sua diversità…

E invece noi siamo chiamati a una fede più grande, a promuovere una spiritualità della comunione che non teme di farsi carico della responsabilità del fratello anche nell’ammonizione e nella correzione. Non è in discussione qui primariamente la nostra capacita di perdonare l’altro che ci ha offeso, perché il peccato non è soltanto un fatto personale, ma è un atto che riguarda tutti. Correggere e ammonire sono azioni che chiamano in causa la nostra capacità di amare: solo se amo veramente e liberamente, senza dipendere dall’altro e dalla sua approvazione, posso avere il coraggio di andare oltre un adattamento passivo per aiutare l’altro a mettere in questione la propria vita e a crescere. Nella Chiesa poi la correzione è manifestazione di fedeltà al Vangelo, libertà del credente dalla logica del mondo e dai suoi condizionamenti.

Per la nostra mentalità è faticoso accettare il richiamo, anche quando esso è svolto nella maniera più delicata, abituati come siamo ad autoassolverci e a relativizzare le nostre colpe. Matteo è però consapevole che proprio perché non esiste una comunità di perfetti è necessaria la correzione, facendo propri la pedagogia stessa di Gesù: prima privatamente, poi nel dialogo con due o tre fratelli e infine davanti la comunità.

Nella prima fase è la relazione e l’aspetto personale che viene rimesso in discussione per aiutare il fratello nel processo di conversione; nel secondo caso sono coinvolti alcuni fratelli della comunità e infine la Chiesa stessa, cioè l’aspetto autoritativo. In questo modo la comunità è chiamata a riscoprire autenticamente la propria fraternità esercitando la propria libertà nella relazione con l’altro in un piano di parità, alla ricerca dell’occasione favorevole per la salvezza del fratello.

L’estensione del potere di sciogliere e legare indica l’importanza della corresponsabilità nell’esercizio dell’autorità nella comunità cristiana, significa che tutti siamo chiamati a sentirci parte del Corpo Mistico, a creare comunione e quindi a percepire l’altro come qualcuno di cui io sono responsabile, da valorizzare nei suoi aspetti positivi e con cui aprirmi alla condivisione. Se malgrado ciò la correzione non avrà alcun esito, ecco il richiamo alla preghiera, non per sé stessi, ma proprio per il fratello, nella certezza che la presenza di Cristo dà alla preghiera della Chiesa fatta all’unisono tutto il suo valore presso Dio.

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