L’ importanza della giustizia riparativa come percorso di crescita e di cambiamento per il minore che ha sbagliato con la società. Di questo si è parlato nei giorni scorsi presso il complesso di giustizia minorile Malaspina nell’ambito del progetto “Giustizia Riparativa nella città di Palermo” finanziato dal Comune con i fondi della ex L. 285 promosso dall’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Palermo e gestito dall’ATS costituita dall’associazione Inventare Insieme (Onlus), l’associazione Apriti Cuore Onlus, l’istituto Don Calabria e l’associazione Circolo Nuova Società.
La giustizia riparativa è un paradigma di giustizia che coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di soluzioni che superino la conflittualità generata dal reato, allo scopo di promuovere la riparazione del danno, l’eventuale riconciliazione tra le parti ed il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo.
A dare la testimonianza forte di chi è riuscita attraverso un percorso di questo tipo ad intraprendere un cammino diverso è stata Carlotta. «Tre anni fa ho compiuto un reato – racconta Carlotta molto emozionata che frequenta la scuola superiore – e mi sono resa a poco a poco conto che avevo leso la mia dignità. Ho deciso allora di assumermi per la prima volta la mia responsabilità proprio attraverso il percorso della giustizia riparativa. Dopo avere preso consapevolezza del mio reato, ho deciso di impegnarmi in prima persona per gli altri per ridare alla comunità quello che avevo tolto. In questo modo ho prestato il mio servizio presso un centro che opera con i bambini difficili del quartiere Capo aiutandoli a fare i compiti. Da quel momento mi si è aperto un mondo che mi ha fatto capire tante cose. Adesso, anche se la mia messa alla prova è finita a luglio io sono rimasta volontaria perché è un servizio che mi piace tanto».
«La giustizia riparativa – afferma Rosalba Salierno, direttore dell’USSM di Palermo – è una risposta che ha un significato molto importante sia dal punto di vista educativo che per tutta la società. Si fa in modo, anche che la comunità lesa si renda conto del percorso di riabilitazione che il giovane che ha compiuto un reato intende intraprendere. Si tocca con mano quindi un ravvedimento reale della persona nel quadro di una giustizia prossima molto vicina ai territori anche sul piano della sicurezza della cittadinanza che ne consegue. Il concetto di riparazione va sicuramente oggi implementato in tutti gli ambiti della nostra vita sociale e soprattutto nelle scuole. Occorre, in particolare, alimentare la cultura della mediazione che può essere un elemento importante per dirimere alcuni conflitti ed evitare che questi degenerino in situazioni più gravi. In questo modo a scuola si può anche lavorare in termini di prevenzione per esempio del bullismo. La riparazione non è quella della punizione come prevista dalla giustizia penale ma una riparazione che passa attraverso la relazione fra le persone coinvolte nel conflitto e nell’offesa».
«Intervenire sulle cause è più importante che intervenire sui comportamenti per il bene della collettività e nella prospettiva di limitare la recidiva – sottolinea Francesco Micela, presidente del Tribunale per i Minorenni di Palermo –. Abbiamo tutti una grande responsabilità ed occorre mettere in campo, come fa l’Ussm attraverso diverse iniziative, una componente di creatività non indifferente. La dimensione riparativa è sicuramente una componente educativa molto importante. A Palermo abbiamo un percorso di mediazione penale che è all’avanguardia: un luogo dove il giovane reo ha la possibilità di guardare in volto la vittima e riconoscerla come persona. La mediazione penale sta cambiando anche il modo in cui si percepisce un reato».
Dorotea Passantino, responsabile dell’ufficio di mediazione del comune di Palermo, ha sottolineato quanto può essere significativa la mediazione nell’ambito proprio della giustizia riparativa. «L’autore di un reato e la persona offesa vengono aiutate ad intraprendere un percorso di avvicinamento finalizzato alla riparazione. Si tratta di un lavoro, lento ed impegnativo in cui noi mediatori accogliamo e sciogliamo alcuni conflitti attraverso anche un percorso di revisione critica. La mediazione è quindi lo strumento per una giustizia creativa che vuole prendersi cura del conflitto attraverso l’ascolto e la parola. La mediazione se portata a buon fine ci lascia tutta la leggerezza e la bellezza del risultato di un percorso risolutivo che nasce proprio dalla valorizzazione di un incontro in cui le parti hanno deciso di ripararsi».
A riflettere inoltre su quello che ancora si deve fare per accompagnare i giovani che compiono dei reati verso una prospettiva di crescita e di cambiamento nuova è Francesco Di Giovanni, coordinatore dell’associazione Inventare Insieme Onlus del centro Tau. «Per aiutare questi ragazzi oggi c’è un solo modo – dice Francesco Di Giovanni – ed è quello prima di tutto di orientarli a riprendere gli studi, riuscendo magari a fargli conseguire una qualifica di tipo professionale in vista di una possibile inclusione lavorativa. È chiaro che il modello della pacca sulle spalle che li invita a comportarsi bene non serve a nulla. Con la giustizia riparativa abbiamo lavorato per un modello in cui come comunità educante a fianco ai ragazzi che hanno commesso i reati li abbiamo indotti ad una riflessione su quanto commesso e all’attivazione di una modalità che servisse a riparare il reato. Anche noi come società dobbiamo riparare l’assenza di attenzione e di servizi nei confronti dei giovani che entrano nel circuito penale. Nell’esperienza del centro Tau, in particolare, utilizziamo l’arte, la bellezza e la cultura in chiave preventiva affinchè attraverso specifici processi educativi e formativi questi giovani possano crescere in maniera sana. In questo modo siamo riusciti ad avere buoni risultati. Una strada comunque importante resta quella della formazione lavorativa, che facendo crescere in loro la giusta autostima, permette di fargli inquadrare tutto in maniera diversa».
Lascia un commento