INTERVISTA A DON ANTONIO CHIARILLI
Parrocchia della Madonna della Provvidenza (don Orione)
11.1.2013
Nello spirito della sensibilità spirituale della famiglia orionina don Antonio è molto attento e sensibile alle difficoltà sociali del territorio. Nonostante gli sforzi di quanti – preti e laici – collaborano, uniti nell’intento di offrire un servizio, la parrocchia e il centro adiacente non riescono a rispondere alle numerose richieste di aiuto che vengono rivolte, anche se si cerca con tutti i mezzi a disposizione di far fronte ai bisogni, cercando di dare testimonianza dell’esperienza di Gesù.
Quando parliamo di sinergia vorremmo proprio riuscire nell’intento di aiutare alla formazione di una coscienza collettiva che vada oltre la propria parrocchia di appartenenza, in modo da potere essere di aiuto dove c’è più bisogno.
Come riuscire ad andare oltre la propria comunità e come riuscire ad interagire in modo più proficuo con le istituzioni, per potere realizzare dei progetti in grado di aiutare in modo concreto coloro che non hanno neanche un tetto sotto cui vivere?
Quanto è grande la parrocchia?
A livello numerico abbiamo 12.000 abitanti, in un territorio poco esteso. Però ci sono moltissimi palazzi con piani alti, in cui abitano famiglie numerose, il che giustifica l’elevato numero di abitanti.
Qual è il rapporto tra il numero dei parrocchiani e quello di coloro che frequentano la messa domenicale con una certa costanza?
Direi che dei 12.000 abitanti almeno 2-3.000 persone partecipano alla messa domenicale. Le messe sono tutte partecipate, con una differenza di utenza a seconda degli orari delle celebrazioni. La messa delle 9.00 è, per lo più, frequentata da adulti e anziani; quella delle 10.30 dai fanciulli del catechismo e dalle loro famiglie; quella del mezzogiorno non è facilmente identificabile, perché vengono persone di tutte le età, c’è una partecipazione mista e, infine, c’è la messa della sera, alle 19.00, in cui partecipano spesso anche persone che non sono di questa parrocchia, magari perché nelle loro parrocchie non c’è una celebrazione in questo orario.
È prevalente il radicamento territoriale o vi sono persone che vengono da zone territoriali diverse?
La maggior parte sono parrocchiani, sono poche le persone che vengono da zone territoriali diverse.
Nel territorio parrocchiale, come cercate di raggiungere i non praticanti o non credenti?
Abbiamo organizzato diverse iniziative, invitando i diversi settori.
Negli anni passati abbiamo coinvolto il mondo sanitario, coinvolgendo tutte le realtà dei medici della zona, degli infermieri dell’Imi, l’ospedale che c’è qui vicino. Altra volta abbiamo curato i rapporti con tutti gli enti commerciali, poi ancora con le scuole, anche se le scuole nel territorio sono solo due, invitando universitari e quanti altri ruotavano intorno alla scuola. Questo per curare i rapporti tra la comunità ecclesiale e il mondo che ci circonda. Qualcosa si ottiene, ma son sempre piccoli passi.
Ci sono attività di formazione che vanno al di là del catechismo per i bambini e i ragazzini fino alla cresima? I catechisti per la preparazione alla prima comunione e alla cresima vengono preparati, a loro volta? Come? Da chi?
Ci sono vari gruppi che seguono i ragazzi, dagli Scout all’Azione cattolica. Poi c’è il gruppo Fede e Luce che opera in parrocchia e che si occupa delle persone in difficoltà e delle loro famiglie. I catechisti partecipano ogni anno a degli incontri formativi che teniamo noi stessi e hanno seguito la teologia di base. C’è una buona partecipazione anche se è difficile fare vivere il sacramento della prima comunione per quello che è, andando oltre i festeggiamenti.
Qual è la percentuale di ragazzi che continua a frequentare la parrocchia dopo la cresima? C’è un gruppo giovanile permanente? Che età hanno i partecipanti in media?
Dopo la cresima la percentuale è ridotta, parecchio. C’è una fascia che è difficile da raggiungere che è proprio quella del dopo-cresima. Cerchiamo di raggiungere questa fascia di età tramite l’oratorio con l’attività sportiva, con laboratori, con i musical. Non c’è un gruppo che si identifica come gruppo giovanile permanente, ma ci sono molti giovani che partecipano alle attività che offriamo con l’oratorio o nella commissione giovani, in cui partecipano tanti ragazzi che si riuniscono ogni 15 giorni per cercare qualche iniziativa da offrire agli altri ragazzi.
Quali sono i rapporti tra la parrocchia e le associazioni, i gruppi e i movimenti (Azione cattolica, Scout, etc.) – se ce ne sono – che operano al suo interno?
C’è una fioritura di gruppi giovanili, di gruppi di preghiera, ci sono i legionari di Maria che girano un po’ per le famiglie, gli Scout, l’Azione cattolica, che partecipano sia nelle attività ludiche sia nella catechesi.
Che ruolo hanno i laici?
I laici prevalentemente danno un contributo nella preghiera, nel coro, nella preparazione alla liturgia; si interessano della lettura, degli addobbi e poi c’è, per l’aspetto decisionale, il consiglio pastorale. La comunità partecipa, ma è sempre una porzione ridotta rispetto alla maggior parte dei parrocchiani.
Quali sono i tratti essenziali della esperienza di fede che vi caratterizza (o che è presente in parrocchia)? Vi riconoscete in una spiritualità particolare?
Visto che siamo parte della congregazione religiosa degli orionini riuniti, il punto centrale è la carità e l’ascolto. La spiritualità che ci contraddistingue è legata al nostro carisma. Oltre alla nostra realtà parrocchiale, vicino a noi, c’è l’istituto che porta avanti la sua attività da anni. All’interno c’è una scuola professionale, ci sono anche dei ragazzi interni e si seguono i più disagiati. Abbiamo anche una casa che è a disposizione per le persone che escono da questo istituto. Attualmente a Palermo siamo in sei: tre operiamo nel villaggio (parrocchia e istituto) e gli altri nel santuario di Montepellegrino, dove ci occupiamo della custodia del santuario e delle confessioni.
Essere una congregazione è diverso che essere un singolo parroco, ma va tenuto presente che io sono arrivato 15 anni fa ed eravamo 12 sacerdoti e la gente, che era abituata ad avere sacerdoti in tutti i gruppi, adesso fa fatica ad accettare che ci sia solo il laico.
La cosa bella della nostra realtà parrocchiale è che ci sono molte confessioni, è un sacramento che qui da noi non è mai crisi, anzi non riusciamo a soddisfare la richiesta che è continua. Noi facciamo quello che possiamo, ma se mi metto in Chiesa posso confessare continuamente; questo un po’ perché la Chiesa è abbastanza di passaggio e poi è sempre aperta dal mattino alle 7.00 fino a mezzogiorno e poi riapre dalle 17.00 fino alle 20.00 tutti i giorni; facciamo l’esperienza dell’adorazione il giovedì sera e l’ultimo sabato del mese apriamo fino all’una.
Qual è il gruppo o il cammino spirituale che ritenete più vicino a quello che perseguite?
Non c’è n’è uno in particolare. Noi cerchiamo di fare risaltare un po’ che i laici che operano intorno alla nostra realtà parrocchiale appartengono alla famiglia religiosa.
Direi, se vogliamo fare un nome, il movimento laicale orionino. Sono anni che collaborano con noi; ora è stato riconosciuto dalla Santa Sede come organo ufficiale della nostra congregazione. Questo movimento si occupa che i laici che girano intorno a noi seguano il nostro carisma orionino, che è un po’ l’attaccamento al Papa e alla Chiesa, l’attaccamento mariano e a Gesù, a cui diamo una prevalenza un po’ più accentuata.
Qual è l’iniziativa che vorreste realizzare insieme ad altri gruppi e\o parrocchie?
Il nostro quartiere è fatto da sette parrocchie.
Ci riuniamo spesso e ogni anno abbiamo iniziative in comune: qualche processione o qualche attività che ci vede impegnati a livello giovanile o come coinvolgimento delle diverse realtà familiari. Prevalentemente collaboriamo con le parrocchie più vicine: l’Acquasanta, la parrocchia Nostra Signora della Consolazione, Santa Susanna, perché Vergine Maria e Arenella sono più distanti e a piedi è difficile arrivare.
Con le altre parrocchie ogni anno abbiamo diverse iniziative come in quaresima l’organizzazione della via crucis; con i parroci c’è una buona intesa. Abbiamo provato a fare altri progetti, ma non decollano anche per la difficoltà a trovare i locali idonei per fare le iniziative.
Sarebbe necessario che venisse messo a disposizione dal comune qualche locale che non serve più.
Poi bisogna cercare le persone e i soldi. I volontari sono ben disposti, però c’è sempre un po’il problema di chi deve gestire le iniziative “chi lo fa don Orione?”. C’è sempre il senso di appartenenza, che da una parte è bello, ma da un’altra è, a volte, un problema, un ostacolo a realizzare alcuni progetti.
Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della città di Palermo?
Certamente una collaborazione con gli assistenti sociali. A volte, fa male che sono loro che chiamano la parrocchia per una famiglia in difficoltà. Dovrebbe essere il contrario. Noi diamo volentieri il nostro contributo, però c’è troppa gente bisognosa che continua a bussare in chiesa per avere aiuto. Non si tratta più solo di un piatto di pasta, ci sono persone che non riescono più a vivere. Il problema con gli assistenti sociali è che il primo intervento che fanno è di togliere i figli. Adesso ospitiamo, per qualche giorno, una famiglia a cui è stata tolta una figlia di 16 anni, perché la famiglia non ha una casa. Non è che ci si preoccupa di dare una casa alla famiglia, ma tolgono la bambina. Questo fa un po’ male. Certo c’è molta diffidenza, non capiamo mai se le persone sono sincere o se approfittano della situazione. Però è vero che non hanno una casa. Mancano le strutture idonee per trovare anche una stanza dove mettere una famiglia e avere un tetto sopra la testa. Capisco che non è la cosa ideale, però se aspettiamo la cosa ideale, come la casa popolare, possono aspettare anni.
Non aiuta neanche la burocrazia: loro sanno che ci sono un sacco di case vuote. Se lei vede, tutta la struttura di Biagio Conte è strapiena e molte sono persone separate, che non ce la fanno più a pagare l’affitto e l’affitto della consorte e i figli. Non si riesce a soddisfare tutte le richieste. Per parlare di Gesù Cristo bisogna pensare a come aiutarli e conquistarli dando da mangiare ogni giorno e poi dare, insieme al pane, Gesù Cristo.
Noi abbiamo un servizio mensa e di distribuzione viveri e per 5 o 6 anni abbiamo portato la cena alla stazione presso padre Messina. Il servizio mensa è, soprattutto, per le persone anziane, il problema grande, in questo caso, è la solitudine. Non si preparano neanche il cibo, perché sono soli. Diventa un problema ed un pericolo anche accendere il gas. Questa è la realtà, speriamo che da questo possa nascere un cammino.
Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della chiesa di Palermo?
Credo che tutti i sacerdoti messi dal Vescovo a guidare queste chiese locali facciano del loro meglio per avere l’energia, per continuare a crescere, ma non è facile. Oggi è più facile gridare allo scandalo per qualche prete che fa danni da qualche parte, che non vedere tutta la comunità che cresce. Questo non solo dall’esterno alla Chiesa, ma anche dall’interno. E’ più facile giudicare gli sbagli che non guardare l’attività che si compie. Credo che una cosa che possiamo fare tutti è affidarci di più al Signore, pregare un po’ di più che ci invii il suo Spirito che ci guidi in un cammino più sincero, di testimonianza che ci faccia arrivare a tutte le persone in difficoltà. Dove manca Cristo, manca la fede.
Credo che tutto serva per la diffusione del Vangelo anche la vostra iniziativa. Credo che la cosa più bella e necessaria sia fare esperienza di Gesù, che passa attraverso il contatto con le persone di qualsiasi genere. A volte c’è una ricchezza anche nel povero disagiato, c’è una ricchezza che sorge dalla semplicità e dall’umiltà. L’esperienza forte di Gesù che continua a nascere in mezzo a noi e a crescere passa attraverso la testimonianza che tutti possiamo dare, non solo a parole ma con testimonianze vere. Poi siamo tutti fragili, tutti possiamo sbagliare, anche se questo non ci giustifica.
Intervista di Luciana De Grazia
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