13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. 15Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». 17I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. 23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. 24Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo.
La terza domenica di quaresima ha come centro la Legge di Dio che ci rende in Cristo liberi: le dieci parole (Es 20,1-17) proposte nella prima lettura odierna, rappresentano per Israele delle indicazioni per vivere in pienezza l’Alleanza con Dio. Il vangelo rimette provocatoriamente in questione la nostra idea di Dio: non un padrone spietato né un mercenario da ingraziarci con offerte, ma un Dio che ci ama fino a dare la sua vita per noi. Gesù si trova a Gerusalemme per celebrare la pasqua dei Giudei, la prima delle tre narrate da Giovanni e si reca a visitare il tempio: tradizionalmente il tempio era il luogo dove era conservata la Torah e dove sacerdoti e re si impegnavano a custodirla garantendo in questo modo la presenza di Dio in mezzo al popolo. I capi d’Israele più volte nella storia hanno approfittato del loro ruolo, opprimendo il popolo e caricandolo di pesanti richieste, per questo motivo Dio ha suscitato profeti che hanno denunciato le ingiustizie commesse (cfr. Ger 7,11-14; Mal 3,1-3; Is 56,7; Zc 14,20-21). Gesù si pone sullo stesso piano dei profeti veterotestamentari annunciando la verità e scagliandosi contro coloro che hanno potere sul popolo.
Ogni anno, a Pasqua, si recavano a Gerusalemme circa centomila persone a offrire il tributo al tempio, la didramma, e venivano immolati tra i 18 e i 20 mila agnelli; nel portico del tempio, inoltre, i cambiavalute guadagnavano cambiando le monete pagane con altre prive di effigi. Il tempio era dunque un vero e proprio mercato, oltre che la banca centrale d’Israele, ma simbolicamente esso rappresentava i valori attorno ai quali la società ebraica si strutturava. Gesù inizia qui la sua azione perché il tempio è espressione dell’immagine di Dio e conseguentemente dell’uomo: la purificazione del tempio è quindi un modo per ristabilire la nostra immagine corrotta di Dio e dell’uomo. Una vita fondata sull’economia del possesso, dello scambio, distrugge le relazioni umane e le cose perché impostata sul trarre profitto non dal proprio lavoro ma da quello di chi ha prodotto. Gesù costruisce un flagello, un segno profetico che indica il castigo di Dio, non inflitto dal Signore, ma determinato da noi, perché sono le nostre azioni a distruggere il mondo, l’uomo e anche Cristo stesso. Il flagello è il simbolo stesso della morte violenta che Gesù subirà e che fa emergere lo stravolgimento del nostro rapporto con Dio trasformato in transazione economica. Pensare Dio in termini di obbligo, di castigo, di dovere invece che come amore significa stravolgere la religione: Dio non muore per i peccatori – sarebbe bastato condonare il peccato – ma per i giusti che non si rendono conto di avere un’immagine religiosa atea. Gesù sarà ucciso dai capi del popolo eletto secondo la legge.
Cristo caccia i venditori di pecore e buoi ed ammonisce quelli di colombe, sacrificio dei poveri e simbolo d’Israele, perché stavano facendo del tempio – casa di Dio – un mercato. «Lo zelo della tua casa mi divorerà» (Gv 2,17). Il richiamo al Salmo 69, in cui il re Messia soffre per il suo amore per la casa di Dio, esprime come la purificazione del tempio da parte di Gesù sarà da Lui pagata a caro prezzo, è annuncio profetico della sua passione. Le guide del popolo chiedono a Cristo un segno della sua autorità: «Sciogliete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,18b.) Gesù non parla più di tempio, ma del Santo dei santi e denuncia ciò che i capi stanno facendo: riducendo il tempio a un mercato hanno distrutto Dio stesso; ma se i capi hanno il potere di uccidere anche Cristo, questi ha il potere di vincere la morte. L’ostinazione dei capi li porta a non comprendere che Dio non sta nello sfruttamento, nel potere ma nel corpo di Cristo, il nuovo tempio che vogliono abbattere. Neanche i discepoli comprendono quanto detto da Gesù, solo dopo la Pasqua «ricordarono che voleva dire questo» (Gv 2,22), ricorderanno, illuminati dalla fede, che ciò che è avvenuto nel tempio è ciò che avverrà a Cristo, che vincerà il male con il bene nella sua resurrezione.
«Mediante il corpo di Cristo siamo stati messi a morte (cfr. Rm 7,4) a tutto ciò che era la cultura e il modo di essere dell’individuo, anche alla legge della religione con la quale l’uomo si voleva auto-salvare, e siamo risorti con Lui (cfr. Rm 6,5-6), siamo passati nel suo corpo risorto. In questo modo possiamo leggere il sacramento del battesimo come la vera partecipazione dell’umanità alla pasqua di Cristo dal di dentro della persona del Figlio» (M.I. Rupnik).
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