15Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,18prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.
Le letture della liturgia odierna ci indicano una prospettiva peculiare in base a cui accostarsi all’evento dell’Ascensione: gli Atti (1,1-11) ci propongono la “memoria” degli eventi accaduti, Paolo (Ef 4,1-13) ci offre una lettura globale del mistero pasquale e l’evangelista Marco ci porta al cuore dell’invio in missione.
Gli apostoli, impauriti, sembrano tentati a sfuggire il mandato missionario ricevuto e si chiudono nel cenacolo. Ma è solo la paura a bloccarli oppure dietro il riconoscimento della loro umana debolezza vi è il riconoscimento che è Dio a muovere e direzionare la storia per la costruzione del Regno? Gli apostoli si riuniscono nel cenacolo allora per mantenere viva la speranza e aggrapparsi alla promessa fatta loro da Gesù attendendo il Consolatore, vivendo la fatica della fede.
La pericope si apre con la fine della missione storica di Gesù e l’inizio di quella della Chiesa: “annunciate il vangelo ad ogni creatura”. L’incarico di missione universale dei discepoli si fonda sulla signoria di Gesù risorto che ora siede alla destra di Dio. Secondo il linguaggio ispirato ai salmi messianici, l’intronizzazione di Gesù risorto alla destra di Dio legittima la sua sovranità universale e questa a sua volta legittima la missione ecumenica dei discepoli.
“Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”: Al mandato conferito agli apostoli deve corrispondere l’adesione personale e piena degli ascoltatori, un atteggiamento interiore che Paolo chiama «ubbidienza della fede» (Rm 1,5; 16,26). Ma la fede, pur importante, da sola non basta: si richiede pure il rito esterno del battesimo. L’accoglienza del Vangelo, la fede e il battesimo tracciano così il percorso verso la salvezza, mentre la condanna non è altro che la sanzione intrinseca al rifiuto. Il cammino di salvezza per i credenti è accompagnato da segni, promessi ai credenti, in vista della missione. Il primo e l’ultimo segno rimandano alla missione storica di Gesù come tramandataci da Marco, nuovi invece il dono delle lingue e l’immunità ai veleni presenti invece nella tradizione lucana. I segni sono a conferma della presenza del Signore ma hanno valore solo in un contesto di fede.
“Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio”. È il riconoscimento della divinità di Gesù, la gloriosa intronizzazione del Figlio rispetto al Padre, che manifesta adesso la pienezza della sua condizione divina rafforzando l’attività dei discepoli e confermandone la parola.
Si chiude il tempo della sua presenza visibile in mezzo a noi ma inizia la nuova presenza più intensa attraverso la sua azione di salvezza nella Chiesa e nella vita dei credenti. Il Concilio Vaticano II ha provato ad elencare alcune presenze (SC 7): «Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. La sua presenza si ha nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, “offertosi una volta sulla croce, offre ancora sé stesso tramite il ministero dei sacerdoti”, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt 18,20)». L’Ascensione di Gesù al Padre non è conclusione ma donazione al mondo ed effusione del suo amore attraverso la missione universale della Chiesa, suo corpo. Elevato per intercedere presso il Padre e regnare sull’universo, Cristo continua, attraverso lo Spirito, la sua opera di salvezza.
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