Alcuni nostalgici pensano che se il tempo che dedichiamo alle sterili polemiche sui social fosse speso per leggere un buon libro, il mondo sarebbe un posto migliore. Mi piace pensare che il primo critico di quest’idea – senza naturalmente disprezzare la lettura dei libri – potrebbe essere addirittura Platone. In una densa e celebre pagina del Fedro, infatti, troviamo quella che può essere considerata un’apologia ante litteram dei social, se debitamente usati:
Perché vedi, o Fedro, la scrittura è in una strana condizione, simile veramente a quella della pittura. I prodotti della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se li interroghi, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano le parole scritte: tu credi che possano parlare, quasi che avessero in mente qualcosa; ma se tu, volendo imparare, chiedi loro qualcosa di ciò che dicono, esse ti manifestano una cosa sola e sempre la stessa. E una volta che sia messo per iscritto, ogni discorso arriva alle mani di tutti, tanto di chi lo intende, tanto di quelli a cui non importa nulla; né sa a chi deve parlare e a chi no. Prevaricata e offesa oltre ragione, la parola scritta ha sempre bisogno che il padre le venga in aiuto, perché essa, da sola, non può difendersi né aiutarsi (Platone, Fedro, 275 d-e)
Cos’è un dialogo ben condotto sui social se non una forma di confronto in cui alla parola di ciascuno può sempre venire in soccorso il “padre” che l’ha generata? Trovando nel dialogo scritto un buon compromesso fra i vantaggi della scrittura e quelli dell’oralità, Platone, rispetto ai social, è persino rimasto al di sotto della sua stessa intuizione, visto che nei social lo scambio vivo e fluido delle idee è animato da interlocutori reali, piuttosto che messo in scena da interlocutori “manovrati” dall’autore unico del testo. I social possono oggi rilanciare il dibattito civile, e persino filosofico, superando i tratti rigidi e unilaterali di quel pur necessario monologo istituzionalizzato che è il libro. Che oggi, sempre più spesso, la gente pubblica perché è l’unico modo di parlare senza essere interrotti…
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