Intervista a Pietro Costamante
Coordinatore della Comunità di Vita Cristiana (CVX) a Palermo
12 gennaio 2013
La Comunità di Vita Cristiana, seguendo la spiritualità ignaziana, centra i suoi momenti formativi sull’esperienza degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, a cui si aggiunge un’attività di apostolato che si esplica in diversi ambiti, valorizzando anche le scelte individuali dei propri componenti che, poi, arricchiscono la Comunità negli importanti momenti di condivisione.
Un’attenzione particolare è rivolta a “fare rete”, creando collaborazioni per la realizzazione di “beni duraturi”, suggerendo la necessità di avviare un processo di inculturazione.
Che cos’è CVX a Palermo, dove e quando vi riunite?
La Comunità di Vita Cristiana, di cui CVX è la sigla, è un’associazione di fedeli che esiste a livello mondiale e che trae la sua origine da una realtà molto più antica, che risale alla fine del ‘500: quella delle Congregazioni mariane. Poi, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II, c’è stata un’importante trasformazione che ha portato al cambiamento del nome e all’approvazione dei nuovi principi generali che reggono l’associazione.
A Palermo siamo presenti tendenzialmente da sempre, perché è una associazione che ha il suo cuore e la sua origine nell’attività apostolica dei padri gesuiti, che sono una presenza antica nella città, sia nella Chiesa del Gesù, meglio conosciuta con il nome di Casa Professa, sia nel collegio e prima ancora nelle Congregazioni mariane.
Oggi la presenza è legata fisicamente al Centro Educativo Ignaziano, nei cui locali ci riuniamo periodicamente. Esiste anche un piccolo gruppo, una congregazione di religiose, che si riunisce poco lontano, in via Notarbartolo, nel Centro OASI.
La Comunità di Vita Cristiana si caratterizza per una cura attenta alla formazione spirituale e culturale dei suoi membri, che poi si vuole congiungere con l’impegno apostolico che parte, però, da una formazione molto attenta.
I nostri incontri consistono essenzialmente in una riunione formativa, che si svolge la domenica mattina e si conclude con la celebrazione della Santa messa. La riunione si articola in diversi momenti: inizialmente si offrono degli spunti di riflessione, c’è poi un momento di preghiera personale e, infine, c’è un momento di condivisione in piccoli gruppi. La condivisione personale in gruppi non numerosi, di 10-12 persone al massimo, è un momento caratteristico della nostra pedagogia e della nostra formazione spirituale, in modo da avere un dialogo più personale e più facile.
C’è una componente sociale prevalente ?
C’è, prevalentemente, una componente borghese, anche se, rispetto a venti anni fa, si tratta di una componente meno agiata, più semplice. E’ diminuita la componente dei professionisti, che è pure presente, ci sono gli insegnanti e una grossa componente di pensionati.
Vi è una guida laica o c’è un presbitero di riferimento?
Bisogna capire cosa si intende per guida. Dal punto di vista del governo dell’associazione, questa è chiaramente governata dai laici.
La Comunità è una associazione pubblica di fedeli, ha una strutturazione abbastanza “giuridica”. Il mio ruolo è quello di coordinatore della Comunità, esiste anche un Consiglio di Comunità a livello locale. A livello nazionale, c’è l’Assemblea nazionale, un Consiglio nazionale, il Comitato esecutivo e un Presidente nazionale. Questo per quanto riguarda il governo dell’associazione.
Esiste, poi, la figura dell’Assistente ecclesiale, sia a livello nazionale sia a livello di ogni singola comunità locale. Tendenzialmente l’Assistente ecclesiale è un padre gesuita. Qui a Palermo è padre Guerra, che è un gesuita del CEI e che partecipa agli avvenimenti della Comunità.
La formazione spirituale è curata di più dall’Assistente ecclesiale, però nella nostra esperienza c’è anche la formazione da parte degli Assistenti ecclesiali di guide laiche capaci di formare le persone, soprattutto i nuovi. Nel mondo ci sono anche posti dove la presenza dell’Assistente è del tutto virtuale, le Comunità possono essere molto distanti tra loro. I laici si sono, quindi, organizzati: c’è la capacità di formare anche gli altri laici.
Qual è l’attività fondamentale che caratterizza il gruppo?
La Comunità di Vita Cristiana non ha nel suo carisma un’attività apostolica specifica, rivolta verso un unico settore di apostolato.
Non avendo un campo di missione specifico in cui dobbiamo operare, ci caratterizziamo per un’attività di apostolato che vuole essere ampia, sia di apostolato della parola, sia di apostolato sociale, di lavoro per la giustizia e per la costruzione di una società più giusta.
Abbiamo sicuramente dei criteri di scelta per il nostro impegno apostolico e questi criteri rivelano un metodo che è quello degli esercizi spirituali ignaziani del discernimento apostolico e che partono da un’analisi attenta della realtà, però partendo sempre dalla preghiera e sotto l’azione dello Spirito.
Questi criteri di scelta ci
portano, fondamentalmente, ad operare per i poveri , con uno sguardo di attenzione alla giustizia, cercando il bene più universale, più urgente, andando là dove nessuno va e, infine, cercando il bene duraturo, cioè privilegiare – laddove è possibile – la creazione di opere che possano durare nel tempo.
Ogni anno organizziamo un convegno di spiritualità ignaziana e offriamo la possibilità di fare gli Esercizi Spirituali nella vita corrente guidati dai laici, sotto il coordinamento di un padre gesuita. Ci piacerebbe offrire la pastorale degli esercizi anche al di fuori dell’ambito dell’Istituto, come nelle parrocchie. In passato si è fatto qualcosa a Sant’Espedito. Il problema è di trovare le parrocchie che accolgono, ma anche le persone. Noi non siamo moltissimi e le persone che fanno da guida sono pochine, è un percorso formativo lungo. Se sono impegnate qui, non possono spesso farlo anche fuori. Però qualche possibilità l’avremmo, anche sacrificando la presenza qua a favore di una presenza nelle parrocchie.
Ma ci sono anche altre attività che si estendono più nel sociale e sono concentrate, fondamentalmente, nel Centro Astalli che è nato su iniziativa della Comunità di Vita Cristiana, anche se ha una sua realtà assolutamente autonoma. Il Centro si occupa di accoglienza agli immigrati, offre un servizio mensa per la prima colazione, un servizio di lavanderia e docce, che è molto richiesto, un servizio di scuola di italiano per stranieri e un servizio di dopo-scuola per bambini. I volontari non sono necessariamente di formazione ignaziana. Si cerca di avviare all’interno della scuola questa esperienza e qualche studente viene, non so quanto siano volontari e quanto siano spinti a venire da padre Germano, comunque sono convinto che queste esperienze sono buone anche se fatte sotto la spinta. Cerchiamo di coinvolgere anche gli studenti, il Centro Astalli fa un’attività nelle scuole di sensibilizzazione su tutti i problemi legati all’immigrazione.
L’altra attività è quella che svolgiamo nelle carceri. Quest’attività è svolta da persone che sono anche un po’ grandi, c’è anche il fatto che per entrare in carcere bisogna avere dei permessi. Anche in questa attività la Comunità non agisce in prima persona, come per il Centro Astalli.
C’è un’associazione autonoma, la As.vo.pe (Associazione Volontariato Penitenziario), in cui partecipano anche persone della CVX. Si tratta di realtà promosse dalla Comunità, ma poi diventano forme di collaborazione che acquisiscono una loro autonomia. Nel nostro modo di operare c’è sicuramente il desiderio di operare in rete, di creare collaborazioni e il concetto di bene duraturo ci spinge a creare delle organizzazioni, anche piccole, con una missione specifica, mentre la Comunità non ha una missione specifica.
Nella nostra Comunità è comunque molto importante il momento della formazione e, in secondo piano, c’è un impegno apostolico, che non è solo nell’associazione: diamo, comunque, un grande rilievo all’apostolato individuale.
La Comunità lascia liberi i propri membri di individuare e proporre impegni apostolici. Sempre nel nostro stile è la condivisione apostolica, cioè si fanno delle riunioni in cui si parla delle opere apostoliche in cui ciascuno ha partecipato.
E’ chiaro che la parte da leone la fanno le attività del Centro Astalli e nelle carceri, però poi nelle riunioni parlano tutti, anche chi fa apostolato nella parrocchia come catechista.
Ci si riferisce tutto, anzi, più che riferire è un condividere la propria esperienza, si ringrazia per quello che si è fatto, si chiede aiuto per le situazioni di difficoltà. Tutte le attività apostoliche, anche singole, per noi sono sempre comunitarie.
Ci sono forme di collaborazione con qualche altro gruppo o con una o più parrocchie?
In questo momento no.
In passato è capitato di svolgere gli Esercizi Spirituali nella parrocchia di Sant’Espedito. Il Centro Astalli ha diverse collaborazioni con Santa Chiara, con Sant’Egidio e con tutto ciò che è collegato con la pastorale sociale.
Come viene prevista e realizzata la formazione spirituale dei membri del gruppo (ci sono dei libri che vengono utilizzati abitualmente per le riunioni o per la lettura spirituale personale? Se sì, quali sono?)
La formazione spirituale della Comunità trova la sua base nelle riunioni che sono anche, ma non solo, momento di formazione. Ci sono poi gli Esercizi spirituali che vengono proposti ai membri della comunità nella forma cosiddetta di Esercizi Spirituali nella vita corrente, secondo il metodo di Sant’Ignazio. Ci sono degli incontri periodici e delle schede di meditazione. E’ un cammino impegnativo: gli incontri sono ogni quindici giorni, poi c’è la preghiera personale.
Quali sono i tratti essenziali della esperienza di fede che vi caratterizza (o che è presente in parrocchia)? Vi riconoscete in una spiritualità particolare?
Ci riconosciamo nella spiritualità di Sant’Ignazio, evidentemente la viviamo con un taglio laicale. Oltre agli Esercizi Spirituali di cui abbiamo parlato, un altro elemento della nostra formazione è una lettura del libro sull’autobiografia di Sant’Ignazio. E’ un libro spirituale, che presentiamo prima dell’esperienza degli Esercizi, per poi tornarci dopo la meditazione.
Qual è il gruppo o il cammino spirituale che ritenete più vicino a quello che perseguite?
Certamente con tutte le esperienze che si riferiscono a Sant’Ignazio di Loyola, con cui abbiamo una comune matrice. Per la storia che ha la Comunità ignaziana e per la formazione apostolica c’è una vicinanza con l’Azione Cattolica, anche se non ha una spiritualità propria, ma ha un’organizzazione in associazioni periferiche, che ci rende vicini. C’è una vicinanza per alcune iniziative anche con l’ACLI, l’AGESCI e Sant’Egidio, soprattutto nel modo di operare nel sociale.
Qual è l’iniziativa che vorreste realizzare insieme ad altri gruppi e\o parrocchie?
In questo momento probabilmente ciò che vorremmo provare ad organizzare è cercare un coinvolgimento con le parrocchie a favore degli immigrati, insieme con il Centro Astalli, perché ci rendiamo conto che rispetto alle nostre risorse sia umane che materiali siamo sottodimensionati. L’impegno nei confronti dei migranti è qualcosa che dovremmo riuscire a condividere con altri.
Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della città di Palermo?
I problemi della città di Palermo sono enormi. Io credo che la cosa forse più urgente sarebbe, come cattolici, di individuare insieme, come opinione condivisa di tutti e non come singole associazioni laicali, delle priorità, delle cose più urgenti. Su queste priorità iniziare ad operare in maniera concreta, con un’attività che sia di stimolo, ma anche concreta per cercare di risolvere dei problemi. Certo per fare questo bisognerebbe scegliere, ed è sempre difficile scegliere, ma se non si sceglie non si fa niente.
Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della Chiesa di Palermo?
Sicuramente è già una cosa buona quello che state facendo voi. Il problema della Chiesa in parte è la parcellizzazione delle parrocchie e delle aggregazioni laicali, la difficoltà di fare rete che, in parte, non è data solo da cattività volontà, ma dal tempo. Se uno riesce a ricavare uno spazio nella propria parrocchia o in una comunità, magari non trova il tempo per altro, perché ciascuno ha troppi impegni, tuttavia dovremmo considerare questa difficoltà.
Poi credo che tutti dovremmo rimodulare il nostro modo di essere, di parlare, di presentarci, perché oggettivamente è poco attraente per il mondo attuale.
Le persone di questa epoca che non sono già dentro certi percorsi e vivono ai margini della Chiesa, fermo restando il contenuto del messaggio cristiano che non può essere manipolato per renderlo più attraente, hanno bisogno di un’immagine dei cristiani e delle realtà ecclesiali che incontrano che siano invitanti, accoglienti e non respingenti.
Questo è qualcosa che ci coinvolge tutti, laici e religiosi. Bisogna porci in maniera nuova. Penso, ad esempio, che l’attività omiletica nella Chiesa vada ripensata, perché ormai ci sono dei linguaggi, dei moduli, dei tempi che sono cambiati.
Ciò vale anche per noi laici: uno dei problemi nella mia Comunità è quella di dare per scontato delle nozioni o di usare un linguaggio che risulta non sempre semplice e fruibile per chi arriva per la prima volta. Il problema è spesso di comunicazione. Bisogna presentarsi dando tutto a tutti. Quando Paolo andò a predicare nel mondo greco incontrò un mondo diverso dal suo e si adattò a quel mondo. Anche noi abbiamo una inculturazione da fare e questo, secondo me, è ciò che è più importante.
Intervista di Luciana De Grazia
CVX si trova in rete al link: http://www.cvx.it/index.php
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