Stavolta Salvini si è proprio arrabbiato. Sarebbe un uomo mite, precisa, ma questi di Bruxelles fanno proprio di tutto per esasperarlo! «Ora basta: la pazienza è finita!», ha comunicato ai giornalisti, rispondendo al commissario agli Affari economici dell’Unione Europea, Pierre Moscovici. L’occasione è stata la bocciatura senza appello – peraltro ampiamente preventivata –, che la Commissione europea ha espresso nei confronti della manovra economica del governo italiano, con la conseguente probabile apertura di una procedura di infrazione contro il nostro Paese.
A dire il vero, gli organi dell’Unione Europea avevano più volte avvertito che la scelta di portare il deficit al 2,4%, stante il nostro enorme debito pubblico – 2.424 miliardi e 105 milioni di euro: oltre il 130% del Pil (Prodotto Interno Lordo) italiano – violava le regole stabilite di comune accordo e avrebbe avuto conseguenze disastrose sia per noi che per gli altri Paesi europei, a cui siamo legati.
Ma Salvini – sostituendo, come di consueto, il nostro ministro dell’Economia, Tria, il nostro ministro degli Esteri, Moavero Milanesi (a proposito: come lo passa il tempo, visto che la nostra politica estera è guidata dal ministro degli Interni?) e il nostro premier Conte (addetto soprattutto a fare da mediatore tra Salvini e gli altri governi) – aveva già fatto sapere che intendeva «tirare dritto», ironizzando sulle «letterine» (così ha chiamato i richiami dell’UE) provenienti dall’Europa.
E anche questa volta, davanti alla pronuncia ufficiale della Commissione Europea, Salvini si è subito pronunciato, rincarando il sarcasmo: «È arrivata la lettera di Bruxelles? Va bene, aspettiamo quella di Babbo Natale», ha detto, e poi ha aggiunto: «Ci lascino lavorare».
Moscovici non ha gradito la battuta – per la verità abbastanza sprezzante – e ha replicato: «Non mi sono messo il vestito rosso o la barba bianca e non sono Babbo Natale: sono il commissario agli Affari Economici e penso si debbano trattare queste questioni con rispetto reciproco, serietà e dignità. Non con disinvoltura e un’ironia che stride. Il dialogo non è un’opzione, è un imperativo».
Salvini, però, non è uomo da lasciare ad altri l’ultima parola e non ha mancato di replicare, facendo felici i suoi fans, che a quanto pare diventano più numerosi ogni volta che lui fa la voce grossa: «Il popolo italiano non è un popolo di mercanti di tappeti o di accattoni. Moscovici continua a insultare l’Italia, ma il suo stipendio è pagato anche dagli italiani. Ora basta: la pazienza è finita».
Questo Moscovici se l’è proprio voluta! Anche se, a cercare il pelo nell’uovo, non ha mai detto che il popolo italiano sia fatto da mercanti di tappeti e di accattoni, e si è limitato a constatare che la manovra economica viola le regole europee ed è pericolosa. Ma, per un macho del temperamento di Salvini, è già un insulto una qualsiasi critica alle scelte del governo di cui è vicepremier. «Basta con gli insulti!», aveva già ripetuto più volte, anche nei mesi scorsi, davanti ad analoghe riserve avanzate dai nostri partner europei, dando da parte sua dell’ubriacone al presidente della Commissione europea Junker. Lui è fatto così: non bisogna contraddirlo.
Anche perché, “insultando” (contraddicendo) Salvini, si insultano – come ha spiegato ieri ai giornalisti –, non solo lui, ma sessanta milioni di italiani! Questo è un passaggio un po’ delicato, ma essenziale, che gente come Moscovici, ma anche tanti critici nostrani, si ostinano a non capire. È vero, infatti, che il partito di Salvini ha avuto alle elezioni di marzo solo il 17% dei voti (e per di più i votanti sono stati solo il 73% degli aventi diritto); è vero che, anche prendendo per buoni i successivi sondaggi, il 60% dei consensi costituisce poco più della metà degli italiani; ma – qui sta il punto essenziale! – quello “del cambiamento” è – spiegano Salvini e Di Maio – il primo governo della storia italiana che nasce a vantaggio dei cittadini e non della casta, e si può dunque identificare a buon diritto con il popolo nella sua interezza. Questione di logica!
E allora, che i burocrati di Bruxelles lascino lavorare in pace chi sta provvedendo a «eliminare finalmente la povertà» (obiettivo, secondo Di Maio, del reddito di cittadinanza). Certo, è un po’ strano che per contrastare la nostra manovra si stiano pronunciando durezza anche i governi “sovranisti” con cui Salvini è in rapporti di reciproca stima e ammirazione, come quello austriaco (che ha appena dato il via alla procedura di infrazione contro l’Italia) e quello ungherese. E che, oltre al Fondo monetario internazionale, oltre alla Banca centrale europea, oltre alla Banca d’Italia e all’Istat, proprio in questi giorni, abbia espresso parere negativo sulle scelte economiche del governo, dopo la bocciatura da pare di Bruxelles, perfino il ministro Savona, che era stato il più estremo propugnatore di una linea dura nei confronti dell’Europa. Ma Di Maio e Salvini non hanno fatto una piega, perché sanno il fatto loro, mica sono nati ieri (anche se non hanno esperienza di governo se non da poco più di cinque mesi)! Non tragga in inganno il fatto che nessuno dei due si sia riuscito a laureare: sanno fare bene i loro conti.
E poi lo avevano promesso ai loro elettori, di trovare da qualche parte i soldi per il reddito di cittadinanza e per la quota cento delle pensioni, irridendo chi diceva che questi soldi non c’erano e che il loro era il libro dei sogni. Ecco, ora sono stati trovati, anche se indebitando lo Stato italiano fino al collo e rischiando che il sogno si trasformi in un incubo.
Ma se anche le cose andassero male come dicono i nemici del popolo italiano, è chiaro che la colpa non sarebbe del nostro governo, bensì del complotto ordito da questi stessi nemici per impedire il cambiamento. Sarebbe un motivo in più, da parte dei sostenitori della Lega e dei 5stelle, per stringersi intorno ai loro campioni. Può darsi che l’Italia, con questa manovra, sia veramente destinata a colare a picco, ma la brillante campagna elettorale permanente di Salvini e Di Maio ne trarrebbe in definitiva un ulteriore successo. Non avevano promesso un totale cambiamento?
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