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Che brutta vita fare il Papa

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 15 febbraio 2013

 

La triste condizione di un anziano papa fa tornare alla mente il titolo di un famoso film hollywoodiano interpretato da Tommy Lee Jones, “Non è un paese per vecchi”, che racconta la storia di uno sceriffo attempato e non più in grado di comprendere, né di affrontare il ritmo sconvolgente della vita, la venalità e la violenza intorno a lui. Essere papa è un angoscioso incubo che può uccidere. Non è certamente un mestiere per vecchi. Alcuni credono che Giovanni Paolo I, sopravvissuto per poco più di tre settimane dopo la sua nomina nel 1978, sia stato assassinato. Ma è più probabile che sia morto di terrore, schiacciato sotto il peso insostenibile del ministero petrino.

Eppure a molti papi il loro lavoro è talmente piaciuto che non hanno voluto abbandonarlo. Pio XII, che morì a 82 anni, ci teneva così tanto a proseguirlo da sottoporsi alle cure rivitalizzanti del ciarlatano svizzero Paul Niehans. Giovanni Paolo II, che aveva un senso mistico del suo pontificato, perseverò, nonostante l’implacabile avanzare del morbo di Parkinson, fino al punto di addormentarsi durante le funzioni religiose e di dimenticare i nomi dei suoi stretti collaboratori.

Il teologo inglese John Henry Newman, ammoniva che i papi in età avanzata possono impazzire sotto il peso del loro ruolo: «Egli è diventato un dio, nessun lo contraddice, e compie atti crudeli senza volerlo». Pensava a Pio IX, il papa più longevo della storia, che morì, a 85 anni, nel 1878. Quando venne eletto, trentadue anni prima, fu incensato in modo adulatorio. Ma quando la sua bara venne trasportata lungo le strade di Roma, fu ricoperto di insulti e la folla voleva gettare il suo cadavere nel Tevere.

Il fatto di essere l’unico uomo sulla terra ritenuto infallibile (anche se solo in materia di fede e di morale) fa apparire il suo mestiere seducente per i megalomani e i narcisisti, mentre le persone normali lo considerano come un’attività che condanna a una mostruosa solitudine. Paolo VI scrisse di se stesso: «Il mio isolamento è completo e terribile. Di qui lo sconcerto, la vertigine. Mi sento come una statua su un piedistallo: ecco come vivo ora». Benedetto XVI è uno strano miscuglio di dolcezza e severità, umiltà e autocrazia. Un teologo ha osservato che ha «uno sguardo assonnato e una bocca crudele». Si dice che fumi sigarette Marlboro, ed è evidente che non fa alcun esercizio fisico salvo accarezzare il suo gatto. Non porta pesi, mangia come un uccellino, non beve ed è lento e calmo nei movimenti. Probabilmente, ha una pressione sanguigna invidiabile e un basso tasso di colesterolo. Si dice che termini la sua fatica quotidiana alla sei di sera. Uno così vive a lungo, ma è visibilmente esausto, non tanto per il duro lavoro, quanto per l’insostenibile responsabilità del papato.        

Joseph Ratzinger conosceva bene quale fosse il suo compito prima di venire eletto. Sapeva come fare, e la prospettiva lo allettava. Il suo vecchio rivale Hans Küng ha scritto che Ratzinger era ancora avido di potere a un’età in cui la maggior parte delle persone vanno in pensione. Sembra che Benedetto XVI abbia ottenuto più di quanto si aspettasse: un miliardo e quattrocento milioni di anime e un problema in arrivo ogni ora da tutte le parti di una Chiesa sempre più centrifuga nel mondo.

Nel corso del XX secolo, inoltre, le pressioni si sono moltiplicate in modo esponenziale grazie ai progressi vertiginosi dei sistemi di comunicazione. E’ un papa che dava l’impressione di riservarsi uno spazio in cui rilassarsi, suonando un po’ di Mozart al pianoforte, prendendo il tè col suo segretario, Georg Gänswein, e scrivendo un altro capitolo della sua vita di Gesù. Ma un breve riassunto delle crisi che scorrono sulla sua scrivania ci racconta una storia diversa. Il papa è il direttore generale della più grande organizzazione del pianeta. E’ affiancato da migliaia di responsabili di filiale, vescovi, arcivescovi e cardinali, ma si tratta per lo più di yes-men, che non criticano, non forniscono consigli, né condividono responsabilità.

 John Cornwell

 http://espresso.repubblica.it/dettaglio/che-brutta-vita-fare-il-papa/2200631

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