Il brano del Vangelo
1 Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». 4Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo».
5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». 8Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto».
9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; 10sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
affinché essi ti custodiscano;
11e anche:
Essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
12Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
Il contesto del brano
In occasione della prima domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il brano evangelico della tentazione di Gesù nel deserto. Il tema del deserto e della lotta con il maligno preparano a vivere questi quaranta giorni che ci separano dalla Pasqua. La quaresima è, infatti, il tempo propizio, il tempo di grazia, per camminare verso Dio, per comprendere e abbandonare ciò che ci allontana da Lui e per cercare ciò che, invece, a Lui ci avvicina.
Il deserto
Gesù è sospinto dallo Spirito Santo nel deserto: è appena avvenuto il battesimo al Giordano, l’evangelista Luca fa un breve intermezzo in cui ripercorre la genealogia di Gesù, e segue l’inizio della vita pubblica del Maestro. Ci colpisce il fatto che sia lo Spirito a condurlo nel deserto. Siamo portati a pensare che l’aridità e la tentazione siano “incidenti” da evitare.
Il Vangelo di oggi ci dice che il deserto non è sempre una disgrazia, anzi che può diventare un’opportunità, qualcosa di necessario. Uscire dal fiume in piena della quotidianità, fermarsi, non cedere all’automatismo con cui conduciamo le nostre giornate, che pure ci parlano di Dio e ci fanno incontrare Cristo, sono gesti necessari per conoscerci realmente e fare verità su noi stessi.
Nel deserto Gesù viene tentato e il modo in cui risponde alle proposte del maligno rivelano chi Egli è. Questo accade anche nella nostra vita: la risposte che diamo a ciò che ci allontana da noi stessi e da Dio, ci dicono, nel bene e nel male, chi siamo.
Anche Satana, tentando Cristo, si rivela: conosce e cita la scritture, ma manipola e inganna. Ricercare il deserto in questo tempo liturgico significa, quindi, scoprire e ricordare la nostra identità e la nostra vocazione: se stiamo cioè camminando verso Dio, non solo nelle nostre scelte morali ma anche in quelle esistenziali, che orientano il nostro vivere.
In questo deserto potremo incontrare le seduzioni del male. Quaranta giorni è un tempo simbolico, un tempo sufficientemente lungo, che richiama ai quaranta anni del popolo di Israele nel deserto, dopo la fuga dell’Egitto.
La lotta tra uomo vecchio e uomo nuovo
Il brano che oggi leggiamo è di una potenza e di un fascino singolari, tocca il centro del nostro rapporto con il bene e il male e quindi del nostro rapporto con Dio. In esso individuiamo la lotta della nostra vita tra uomo vecchio e l’uomo nuovo. Eppure non c’è segno di tensione in Gesù: percepiamo, in Lui, una libertà altissima, che non conosciamo in noi stessi.
Emergono, da questo confronto tra Gesù e il diavolo, due tipi di umanità molto diversi, tra i quali non può esistere una via di mezzo. Le tre tentazione sono una sintesi dell’intero modo di “stare al mondo” dell’uomo vecchio che Cristo viene a salvare.
Le tre tentazioni
La prima tentazione, la tentazione del pane, ci parla di un uomo che vive nell’illusione di ottenere la felicità solo attraverso “le cose”, che, in un delirio autoreferenziale, vuole trasformarle e non sa prendere così come sono. L’uomo che vuole godere di tutto. È un uomo affascinante che rende tutto vantaggioso, risolve i problemi, che assoggetta gli altri. «Quale libertà può mai esserci, se l’obbedienza è comprata con i pani?» dice Dostoevskij nel Grande Inquisitore, nei Fratelli Karamazov.
La tentazione del potere descrive un uomo che ha bisogno del plauso, della gloria, dell’ammirazione, del riconoscimento degli altri. Non solo vuole godere delle cose ma anche possederle. È l’uomo della supremazia, dell’affermazione dell’ego che mai e a nessun costo deve fare un passo indietro. A Gesù è proposto un messianismo appariscente, che “costringe” con il potere.
Infine la tentazione dello spettacolare, del prodigio, ci presenta un uomo che vuole catturare lo sguardo di tutti, l’uomo dal successo ostentato, l’uomo del look: deve essere bello, straordinario, notevole. Questa tentazione ci parla anche di un tipo di religiosità miracolistica, che adora un dio a sua disposizione, pronto ad assecondarlo nel perseguire una felicità che ha già scelto.
Questo uomo non è forse lontano da quello che una parte di noi desidera e che la nostra società promuove e incoraggia. Ma se lo guardiamo con attenzione egli è un uomo poco libero: ha bisogno di continui beni da godere, di persone su cui esercitare la propria supremazia e di occhi che lo guardino con ammirazione. Fonda la sua vita sull’effimero, su ciò che oggi c’è e domani svanisce, «dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano» (Mt 6,19).
L’uomo nuovo
In risposta, Gesù, presenta un altro tipo di uomo, nient’affatto remissivo, anzi più nobile, forte e libero. L’uomo nuovo, Cristo, sa che non basta solo il pane, è troppo poco. Ci insegna che la vita è molto di più che sfamarsi e cercare continue soddisfazioni dalle cose, che nella vita c’è un «cibo che non conoscete» (Gv 4, 32), che è la relazione e l’obbedienza alla volontà del Padre, la sua Parola.
Gesù stana l’inganno del possedere tutto, rivela la vanità del possesso: «non resterà pietra su pietra che non venga distrutta» (Lc 21,6). Non possiamo inchinarci davanti a nessuno se non a chi veramente possiede tutto, che è Dio Padre. Se ci inchiniamo di fronte ad altri stiamo adorando degli idoli, stiamo spezzando la nostra dignità.
Infine ci rivela che non è necessario stupire per “accaparrarsi” gli altri, che non abbiamo bisogno di chiedere agli altri il diritto di esistere, che c’è già dato dall’amore di Dio. E che questo Dio non interviene a nostro servizio e non si afferma con il miracolo e con il prodigio.
Il vangelo di oggi ci ricorda che Dio vuole convertire il cuore dell’uomo, non stordirlo, manipolarlo, stupirlo, e che questo avviene nel silenzio, passando talvolta attraverso deserti senz’acqua né bellezza, ma che in questo cammino Gesù ci accompagna e ci aspetta.
Il cammino quaresimale richiede di prendere sul serio la nostra libertà, la nostra identità e la vita a cui siamo chiamati. Di riconoscere la tentazione come male travestito da bene. Di comprendere che l’ascesi è necessaria ad affrontare la battaglia della vita.
La rinuncia a ciò che, non solo non è necessario, ma appesantisce, non è qualcosa che mortifica, ma vivifica. Mortifica solo l’uomo vecchio.
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