La decadenza della morale secondo il papa Emerito
La pubblicazione del testo di diciotto pagine in cui il papa emerito Benedetto XVI espone le sue idee sulle origini degli abusi sessuali nella Chiesa può essere letta da diversi punti di vista.
Uno, il più immediato, riguarda i suoi contenuti. Ratzinger ribadisce alcune sue convinzioni, già espresse in passato ancor prima di diventare papa, sulla crisi profonda dell’idea stessa di verità e dell’idea di bene ad opera di un relativismo che ha portato al «collasso spirituale» della società e della stessa Chiesa, favorendo – ritiene Ratzinger – il diffondersi della violenza e di ogni aberrazione morale, tra cui la giustificazione dell’omosessualità e della pedofilia.
All’origine di questo disastro il papa emerito vede la «rivoluzione del 1968», che ha scardinato i punti di riferimento, fino ad allora saldi nella società, e i cui effetti nefasti si sono riverberati pure sulla Chiesa.
La teologia morale, in particolare, ha abbandonato il suo punto fondamento tradizionale, che era la legge naturale, e ha cercato le proprie giustificazioni esclusivamente nella sacra Scrittura.
Lo stesso Concilio è stato interpretato come una rottura rispetto alla tradizione e utilizzato per rimettere in discussione i princìpi della fede, specialmente di quella nell’Eucaristia.
La necessità di andare controcorrente
Il documento contiene anche degli spunti relativi al da farsi. Primo compito è il ritorno a Dio, non solo da parte delle comunità umane, ma anche di quella cristiana. «Anche noi cristiani e sacerdoti – osserva – preferiamo non parlare di Dio, perché è un discorso che non sembra avere utilità pratica».
Sul piano operativo, Benedetto scarta con decisione l’idea che la soluzione sia «creare un’altra Chiesa affinché le cose possano aggiustarsi».
Piuttosto auspica la nascita di piccola comunità, come quelle della Chiesa primitiva, in cui il «modo di vivere cristiano veniva insegnato e anche salvaguardato rispetto al modo di vivere comune» – quelle che in passato aveva già indicato come «minoranze creative» –, da cui ripartire per il rinnovamento della Chiesa e della società.
La santificazione del passato, la demonizzazione dell’oggi
Non siamo davanti al delirio senile di un vecchio divenuto con l’età sempre più reazionario, come l’hanno considerato molti.
Al di là delle singole diagnosi, a volte discutibili, spira nel testo l’accorata denuncia, tutt’altro che peregrina, di una mondanizzazione della Chiesa e di un suo adattarsi alle logiche oggi dominanti. Il rischio è sempre stato reale per la comunità cristiana, anche in passato, e oggi assume forme nuove, che non sono però meno insidiose.
Forse il limite della presa di posizione di Ratzinger sta nell’avere concentrato in questi ultimi decenni tutto il male della storia del mondo e della Chiesa, senza riconoscere, da un lato, gli aspetti negativi del passato – siamo sicuri, per fare solo un esempio, che la Chiesa sotto il fascismo fosse lo specchio fedele del vangelo? –, dall’altro gli aspetti positivi di questi decenni, che pur ci sono, e di cui papa Francesco è un’espressione e un testimone.
Ratzinger anti-papa?
Ma qui si delinea un secondo possibile punto di vista da cui guardare l’iniziativa del papa emerito. Egli precisa di averla presa in pieno accordo col suo successore.
Sta di fatto, però, che il tono duramente accusatorio del documento ricorda tristemente quello con cui ormai da tempo cardinali, vescovi e preti dissidenti bollano il presente pontificato come una stagione di grave decadenza della Chiesa.
Ratzinger non critica mai l’attuale pontefice e i suoi rilievi si riferiscono ad anni precedenti alla sua ascesa al soglio pontificio, ma la lettura estremamente negativa che egli fa del rinnovamento della teologia morale, e più in generale dei nuovi stili ecclesiali, non può non far pensare all’Amoris laetitia e allo sforzo di de-sacralizzazione operato da papa Francesco in questi anni, al prezzo delle critiche violente degli ambienti più conservatori.
Non è un caso che questi ultimi più volte si siano rivolti al papa emerito chiedendogli di far udire la sua voce e addirittura invocandolo come il solo capo legittimo della Chiesa. Benedetto ha sempre rifiutato ogni minima concessione a queste pressanti richieste, e anche ora è ridicolo dire che abbia assunto il ruolo di anti-papa, come qualcuno si è spinto a sostenere, ma è vero che questo suo rompere il silenzio, in questo modo e in questo momento, non può non apparire inquietante.
Anche se non bisogna dimenticare che Ratzinger sta per compiere 92 anni, è molto acciaccato e non sembra destinato a poter essere ancora a lungo il punto di riferimento dei “conservatori”.
Un uomo imprevedibile
Ma proprio questo accenno all’età del pontefice emerito fa emergere un terzo punto di vista, più elementarmente umano, riguardo all’evento che sta riecheggiando in questi giorni sulle pagine di tutti i giornali. Si deve prendere atto che questo vecchietto – possiamo chiamarlo così affettuosamente –, apparentemente ingessato nella divisa di accademico prima, di curiale dopo, e, alla fine, di pontefice “sacrale” – è capace di stupirci come forse nessun papa era mai riuscito a fare.
Ci ha lasciati di sasso con le sue dimissioni, inaudite e inaspettate, primo papa nella storia moderna ad avere il coraggio di una simile scelta. E ci sta spiazzando ancora, rientrando sulla scena a 92 anni, con un intervento pieno di giudizi trancianti e forse inopportuni, che hanno una vis polemica non proprio consona all’austera immagine di un papa.
Non sono tra coloro che si rallegrano di questa ultima scelta a sorpresa di Benedetto. Temo che, a dispetto delle sue intenzioni, possa procurare alla Chiesa, in questo momento di difficoltà, più guai che vantaggi, aggravando le divisioni e il discredito che già la minacciano. Ma non posso fare a meno di guardare con un sorriso la grinta di quest’uomo che, sulla soglia dell’eternità, ha ancora voglia di togliersi dei sassolini dalla scarpa.
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