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Ministero diaconale e clericalismo – tradotto da Andrea Volpe

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Nota del traduttore:

Per facilitarne la lettura, ho tradotto questo importantissimo articolo di Phyllis Zagano, docente presso la «Hofstra University» di Hempstead in New York e membro della “Commissione di Studio sul Diaconato delle donne” nominata da Papa Francesco nel 2016.

L’autrice nell’articolo ripercorre la storia del diaconato permanente nel corso della vita ecclesiale e individua nella sua soppressione, avvenuta alla fine dell’XI sec. ad opera di Papa Gregorio VII, la causa del sorgere del clericalismo nella Chiesa Latino-Romana.

Il diaconato permanente, per illuminazione dello Spirito Santo, è stato reintrodotto dal Concilio Vaticano II come istituto clericale separato da quello presbiterale. Tuttavia ancora oggi nella storia della Chiesa contemporanea, in riferimento alla sua peculiare ministerialità, il diaconato permanente costituisce un nervo scoperto e una questione dibattuta, non adeguatamente sviluppata e attuata secondo quanto auspicato dal Concilio.

Anche alla luce delle recenti vicissitudini ecclesiastiche americane – ma non solo – richiamate da Phyllis Zagano, appare urgente un dibattito serio e aperto sulla questione, la cui soluzione, per la natura intrinseca dell’istituto diaconale che attiene al servizio del popolo, non può essere lasciata esclusivamente ad una decisione della gerarchia ecclesiastica da calare dall’alto, ma richiede un dibattito che coinvolga tutto il Popolo di Dio.

Altrimenti anche questa fondamentale ispirazione del Concilio Vaticano II rischia di restare – assieme ad altre – non adeguatamente recepita, invece di essere kairoticamente inserita nel vissuto esperienziale ecclesiale.


Il problema del clericalismo rende impossibile la trasparenza

Penso che abbiamo un debito di gratitudine nei confronti dell’ex vescovo della Virginia dell’Ovest, Michael Bransfield[1], messo alla berlina dal Washington Post per i suoi modi sanzionati come sontuosi e lascivi. Il Post ha pubblicato notizie da un rapporto riservato scritto da inquirenti laici.

L’ “economia creativa” di Bransfield ci ha permesso di vedere esattamente chi ha beneficiato della sua generosità. La sua storia di comportamento disinvolto svela chi sapesse cosa e quando. Ancora più importante è che la sua storia, oggettivamente triste, fa luce su pratiche episcopali radicate in tutto il mondo.

Inoltre, ci risparmia la fatica di leggere la storia medievale [per risalire a misfatti similari].

Non ho cattive intenzioni e non desidero ferire Michael Bransfield. Sono convinta che sia un prodotto di un sistema che lo ha corrotto. Ci si chiede se quel sistema da solo lo abbia spinto ad appozzare.

Questo sistema è il clericalismo di cui parla Papa Francesco. È il sistema in cui solo i chierici sacerdoti giudicano i chierici, solo i chierici sacerdoti esercitano l’autorità, e solo i chierici sacerdoti promuovono i chierici agli uffici superiori.

È il sistema del clericalismo sacerdotale, iniettato nella chiesa primitiva, alimentato nel corso del Medioevo e pienamente attuato dall’XI secolo in poi.

È lo stesso sistema che ha ucciso il diaconato!

Vi siete mai meravigliati di quello che è successo ai diaconi, all’origine i custodi dei fondi della chiesa? Per molto tempo, i diaconi e gli arcidiaconi gestirono i fondi della chiesa, provvedendo ai bisogni del popolo di Dio. Nel terzo secolo, il Diacono San Lorenzo presentò al prefetto romano, che chiedeva i tesori della Chiesa, i poveri. Ed aveva ragione.

Nel corso dei secoli, i diaconi divennero molto potenti. Alla classe dei sacerdoti questo non piacque affatto, soprattutto perché i vescovi erano spesso scelti tra i diaconi.

Perché scegliere un diacono come vescovo? I diaconi erano i chierici i cui incarichi oggi sarebbero equivalenti a quelli di vicario generale diocesano, di vicario giudiziario e di amministratore affari economici, per esempio. La loro elezione a vescovi avrebbe avuto il senso ultimo di eleggere la persona che aveva già gestito la diocesi come suo sorvegliante più prossimo. Molti papi erano diaconi e non sacerdoti.

E poi ci fu Papa Gregorio VII. Nato figlio di un fabbro in Toscana nel 1015, pervenne alla carica di arcidiacono e poi di cardinale diacono di Santa Maria in Domnica a Roma. Eletto papa per acclamazione nel 1073, pretese di essere ordinato sacerdote otto giorni prima della sua consacrazione come vescovo di Roma.

Gregorio VII così istituì il “cursus honorum”, il “corso d’onore” che limitava essenzialmente l’ordinazione diaconale solo agli uomini destinati al sacerdozio [sottraendo pertanto al diaconato la sua originaria specificità un ministero autonomo].

La riforma gregoriana, così chiamata in suo onore, cambiò altre cose. Gregorio bandì la pratica della simonia, specialmente l’acquisto di uffici ecclesiastici. Ha anche iniziato seriamente la centralizzazione in Roma del potere della Chiesa. Ci si chiede se la centralizzazione abbia contribuito a creare più, non meno, pratiche simoniache.

Il che ci riporta al clericalismo, la fucina di abusi di ogni tipo che sbarra le sue porte a qualsiasi visione alternativa, anche nei confronti di altri tipi di chierici, come erano i diaconi.

Nonostante le decisioni del Concilio di Trento nel XVI secolo, il diaconato fu rinnovato come ufficio permanente solo dopo il Concilio Vaticano II. Oggi, più di 50 anni dopo, i diaconi di tutto il mondo stentano ancora a trovare il loro posto nell’ambito del sistema clericale.

Ciò che i diaconi non riescono a fare è salire nella scala [gerarchica], perché non hanno nulla da scalare. I diaconi sono ministri. La maggior parte di loro non riceve compensi per l’amministrazione dei sacramenti. Ad eccezione che non abbiano un incarico diocesano o parrocchiale, in genere i diaconi si mantengono da soli.

Questa è la differenza. Per la maggior parte i sacerdoti diocesani dipendono interamente dai loro vescovi, i quali possono a loro volta essere indebitati con i loro arcivescovi metropolitani, che possono a loro volta essere indebitati con il nunzio, e così via. La sottile rete sussistente di relazioni collaterali non è così evidente, ma è lì a rendere talvolta impossibile la nozione di “trasparenza”.

Il che ci riporta a Michael Bransfield. Mi rattrista il fatto che sia stato denunziato e diffamato, lo sono davvero. Ma la sua storia mette in risalto un buco nel velo clericale che copre gli occhi di tanti altri chierici (diaconi, sacerdoti e vescovi) e laici che si illudono di vedere la Chiesa come una Chiesa per le persone, non come un comitato di affari che procura ricchezze agli amministratori delegati, mentre distribuisce solo spiccioli ai suoi azionisti.

Se possiamo rispettosamente continuare a cercare di sollevare quel velo clericale, potremmo vivere in una Chiesa che non corrompa più i suoi più bravi e capaci chierici.


 


[1] Si può trovare una dettagliata biografia di mons. Michael Joseph Bransfield e un adeguato report delle sue vicissitudini giudiziarie relative a moleste sessuali e ad irregolarità finanziarie alla seguente pagina WEB: https://it.wikipedia.org/wiki/Michael_Joseph_Bransfield

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