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Le chiese: sepolcri vuoti o pietre vive? Prima parte.

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Un turismo religioso senza occhi per vedere

Baciccio, Trionfo del nome di Gesù, Chiesa del Gesù a Roma, 1672-1679.

«Che cosa mai possono ancora essere queste chiese, se non le tombe e i monumenti sepolcrali di Dio?” (Nietzsche). Quante persone oggi, cristiane o non cristiane, interessate ad un turismo culturale che riconosce nelle chiese dei luoghi preziosi dove è stato depositato un patrimonio artistico secolare, visitano questi edifici soltanto per vedere le opere d’arte, come se fossero in un museo!

Qualcuno si fa il segno della croce, qualcuno no, ma la fruizione estetica della chiesa rischia di essere molto superficiale, e di smarrirsi tra l’analfabetismo religioso e l’apprezzamento delle singole opere di pittori, scultori e architetti che hanno impegnato i loro talenti nel tentativo di trasmettere, attraverso la ricerca del bello, un messaggio religioso e spirituale.

Il turismo rischia di cadere nel consumismo quando il desiderio di vedere tante opere compromette la necessaria attenzione allo specifico del contesto e non ci “permette di compiere un percorso che è insieme di storia di cultura e di fede” (Paolucci). Senza una adeguata base culturale, che non vuol dire un’adesione ad un credo ma un bagaglio di adeguati strumenti interpretativi, la fruizione dell’opera d’arte è compromessa, perché essa non vive di vita propria bensì di rappresentazioni e di linguaggi che occorre possedere. Altrimenti lo spettatore trasforma se stesso in esibizione che si consuma mentre si compie, senza lasciare traccia dopo lo spettacolo. Si guardano architetture, quadri e statue ma non si vede niente, ci si fa vedere.

O forse si vede soltanto la ricchezza di una chiesa che predica la povertà. Anche nei monumenti sepolcrali può abitare dopo secoli lo spirito di chi li ha costruiti se chi li guarda ne possiede uno.

Ha senso costruire chiese?

La corretta fruizione artistica di una chiesa è complessa perché la costruzione di una chiesa è una cosa complessa e non solo per motivi tecnici quanto, piuttosto, per motivi spirituali. La domanda da cui bisogna partire è: perché si costruiscono le chiese? Perché dare una dimora visibile al Dio invisibile? La Bibbia ci aiuta a chiarire la questione. Come ci dice il 2° libro di Samuele (7,4-17), costruire una dimora per l’Altissimo può essere un atto di grande presunzione che Dio non apprezza e condanna senza indugio. Perché il re Davide vuole costruire un edificio per custodire l’arca dell’alleanza? Perché vuole onorare Dio, o perché vuole accattivarselo? O peggio, perché vuole dare un segno del suo potere?

“Le religioni hanno bisogno di templi, la Bibbia può farne a meno, e ne ha fatto a meno. Alla Bibbia interessa sottolineare la verità di un Dio più grande e diverso da ogni tempio e da ogni religione. … la Bibbia ha voluto dire dell’eccedenza tra il tempio di Dio e il Dio del tempio, lo scarto tra la fede e la religione che incarna quella fede, la libertà di YHWH rispetto alle case che gli costruiamo per dirgli quale deve essere la sua dimora e il suo territorio da noi recintato. Per ricordare a tutte le religioni del libro che quel Dio diverso non è monopolizzabile, che non può diventare proprietà privata di un popolo né di alcuna comunità religiosa. Tutte le violenze religiose nascono quando si dimentica l’esistenza di quel tempo senza tempio, lo scarto tra la domanda di una casa e la risposta… Sta in questa eccedenza la bellissima laicità del Dio biblico, che preferisce vagare sotto una tenda al cedro robusto e stabile del tempio. La stabilitas loci non è un attributo del Dio della Bibbia – il vagare di Dio che consente alle nostre stabilità di non diventare prigioni religiose. Dio, attraverso Natan, risponde così alla richiesta di Davide: “Il Signore ti annuncia che farà lui una casa per te” (7,11). Colpo di scena. È Davide, siamo noi, che abbiamo bisogno di una casa e di una benedizione.”  (Luigino Bruni, «Avvenire» 10.6.18)

Perciò il Signore fa dire a Samuele che Lui non sente alcun bisogno di una casa costruita con intenzioni poco chiare. “Non voglio sacrifici ma un cuore pentito”. Qualsiasi opera umana usata per creare un rapporto con Dio corre il rischio di dare spazio all’idolatria, alla strumentalizzazione o alla presunzione umana. Dio vuole un cuore puro e non ha bisogno di un culto che non parta dalla purezza del cuore. Se cerco delle parole per pregare Dio, o le trovo spontanee nel mio cuore per opera dello Spirito, o le cerco nella Scrittura, o le vado a chiedere in prestito ai santi e ai poeti. Ma non posso comprarle. L’acquisto è una scorciatoia pericolosa, non è accessibile alla povera gente, e spesso non si cura di conoscere la provenienza della merce. E a meno che non si faccia come san Francesco, che si restaura una chiesa con le sue mani, per costruire una chiesa bisogna comprare tante pietre. Dio non vuole doni ambigui, vuole solo la fede e dona la bellezza come ricompensa a un atto di amore. Regala le parole, i gesti, i talenti e le risorse più preziose a chi cerca soltanto Lui.

È Lui che chiede ad Abramo il sacrificio ed è Lui che fa trovare ad Abramo la vittima da sacrificare. È Lui che dispone come e quando costruire la tenda che deve proteggere l’arca dell’alleanza. E il materiale usato per la costruzione deve essere dono di tutto il popolo. Nel libro dell’Esodo si dice che “gli artisti che il Signore aveva dotati di saggezza e di intelligenza perché fossero in grado di eseguire i lavori della costruzione del santuario” venivano istruiti da Mosè in persona perché facessero “ogni cosa secondo ciò che il Signore aveva ordinato” (36,1). “Com’è presentata nel libro dell’Esodo l’arte sacra è uno dei segni del patto sussistente tra l’essere umano peccatore e il Dio che, perdonando la colpa, cammina in mezzo al suo popolo; è quasi un ”sacramento” della presenza e della salvezza che Dio offre” (T. Verdon. Breve storia dell’arte cristiana. p. 13)

Il tempio è il corpo di Cristo

Può l’uomo costruire una casa al suo Dio? O deve solo preoccuparsi di aprire il suo cuore e lì custodire la Sua Parola? Soltanto nel primo libro dei Re il tempio diventa il vero luogo di preghiera e Salomone invoca Dio con queste parole: “Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa verso il luogo di cui hai detto: Lì sarà il mio nome! Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele il tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona” (8,22-23, 27-30).

Anche oggi per gli ebrei quello di Gerusalemme resta l’unico tempio vero e proprio. Ma Gesù alla samaritana che gli chiede dove è giusto pregare risponde che non esiste un luogo opportuno e uno meno opportuno. “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole quelli che lo adorano: Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità.” (Gv, 4) E del tempio di Gerusalemme dice: “Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». (Lc 19,46-48). E poi con riferimento alla sua morte e risurrezione dice: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò» (Gv 2, 19).  Il vero tempio è il corpo del Signore Gesù morto e risorto.

La celebrazione dell’eucarestia nei primi tempi del cristianesimo avveniva nelle case private. Poi, dopo l’editto di Costantino del 313, i cristiani cominciano a costruire delle chiese che diventino luoghi di culto e di custodia del pane eucaristico, del corpo di Gesù. “Il tempio è il luogo della benevola presenza di Dio e la sua dimora in mezzo agli uomini. È allo stesso tempo il luogo dove la comunità viene accettata da Dio. Ambedue le cose si sono realizzate solo in Gesù Cristo divenuto uomo. Qui la presenza di Dio è reale e corporale. Qui l’umanità è reale e corporale, poiché egli l’ha accettata nel suo corpo. Perciò il corpo di Cristo è il luogo dell’accettazione, della riconciliazione e della pace tra Dio e uomo. Dio trova nel corpo di Cristo l’uomo e l’uomo è accettato nel corpo di Cristo. Il corpo di Cristo è il tempio spirituale, edificato da pietre viventi (1Pt 2,5) Cristo solo è il fondamento e pietra angolare di questo tempio. Egli è allo stesso tempo il tempio nel quale dimora lo Spirito Santo e riempie i cuori dei credenti e li santifica. Il tempio di Dio è la santa comunità in Gesù Cristo. Il corpo di Cristo è il tempio vivente di Dio e la nuova umanità.” (D. Bonhoeffer).  

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