La politica italiana e la crisi
Dall’economia alla scuola, dalla sanità alla politica la pandemia ha messo in ulteriore evidenza le fragilità del nostro Paese. In particolar modo, il mondo della politica italiana sembra non aver percepito l’urgenza di avviare una progettualità condivisa capace di attraversare e superare la crisi sociale provocata dal Covid-19.
Di alcune questioni connesse alla politica italiana discutiamo con Calogero Pumilia. Già sindaco di Caltabellotta, deputato nazionale della Democrazia Cristiana e sottosegretario nei ministeri del Lavoro, dei Trasporti, dell’Agricoltura e del Tesoro, Pumilia ha rappresentato l’Italia nell’Unione Europea di Difesa e nel Consiglio d’Europa. Attualmente presiede la Fondazione Orestiadi di Gibellina.
– La crisi da Covid-19 ha messo in ulteriore evidenza le fragilità del nostro Paese. Come valuta la reazione della politica nazionale, e degli amministratori locali, all’emergenza? Intravede una classe dirigente capace di avviare una progettualità per la ripresa delle nostre comunità?
La crisi determinata dalla diffusione del covid-19 ha messo in evidenza innanzitutto la fragilità e la confusione introdotte da alcune scelte relative alla modifica del titolo V della Costituzione che, partendo dall’obiettivo di assicurare l’autogoverno e il federalismo ha finito per realizzare ingovernabilità e sovrapposizione di poteri.
Secondo effetto è stato quello di svelare l’incapacità di tutta la classe dirigente a trovare in un periodo di tragica crisi senso di responsabilità e di unità. Ciò malgrado, al netto di tanti errori e di molti pretesti per affermare identità particolari e per attizzare polemiche politiche, la risposta è stata complessivamente positiva, se si tiene conto della dimensione e della novità dei problemi che ci siamo trovati a fronteggiare.
Nessuno può prevedere se questa classe dirigente avrà la capacità di delineare e realizzare la ripresa. C’è da sperare, come capita a volte nella storia, che lo spessore e la drammaticità dei problemi, facciano affiorare le migliori qualità. Noi cattolici parliamo di “grazia di stato”.
– Anche in periodi come quelli che viviamo, i cattolici sono chiamati a dare un contributo alla società e alla politica. A suo parere, quali sensibilità e progettualità dovrebbero rappresentare e cercare di realizzare i cattolici nella politica del nostro tempo?
Come cattolici ormai da tanti anni non siamo al governo del Paese. Ma ancor di più che nel passato ci tocca innanzi tutto testimoniare i nostri valori.
Il Covid-19 ha svelato ulteriormente quanto ingiusto e banale sia un assetto sociale fondato solo sul profitto, sulle divisioni tra i pochi detentori di enormi risorse e i tantissimi privi delle condizioni minime per una vita dignitosa. Persino nel settore della sanità si è ritenuto di costruire, non solo in Italia, un sistema basato sul profitto stesso.
– Quasi quotidianamente – tramite discorsi, omelie, messaggi e gesti concreti – Papa Francesco ribadisce la grande rilevanza sociale e politica del messaggio cristiano. Cosa pensa del magistero di Bergoglio?
Papa Francesco è rimasta una delle poche voci che richiamano i grandi valori della solidarietà propri del messaggio cristiano, una voce scomoda per una parte del mondo che non ama il sentirsi disturbato nella pratica del proprio egoismo e che fa di tutto per attaccare il pontefice.
– Sin dalla sua fondazione, la Democrazia Cristiana ha avuto una progettualità politica mirata alla crescita e all’affermazione internazionale dell’Unione Europea. Il dibattito europeo sulla politica economico-finanziaria per affrontare la crisi mette in evidenza che siamo ancora lontani da una reale unione politica del vecchio continente. Che idea ha maturato su tale questione?
Uno dei più grandi meriti della Democrazia cristiana è stato quello di aver voluto e di aver concorso a costruire l’Europa sulle rovine del nazifascismo e della guerra. Il progetto non è stato completato ed oggi viene attaccato dagli egoismi nazionali e dal sovranismo. L’unità europea non può fondarsi solo o prevalentemente su aspetti economico-finanziari. Se sapessimo utilizzare appieno i valori della cultura europea daremmo un contributo essenziale alla crescita del continente e ai processi di pace nel mondo.
– Il mondo politico della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista era caratterizzato da un senso di appartenenza culturale e valoriale oggi quasi del tutto scomparso. La politica odierna cosa dovrebbe recuperare da quella stagione?
Il mondo nel quale per cinquant’anni la Democrazia cristiana ebbe un ruolo preminente è da tempo scomparso. Di quella esperienza possiamo rivendicare tantissimi aspetti positivi che non sono offuscati dai nostri molti errori.
La formazione culturale e politica della mia generazione partiva dalla dottrina sociale della Chiesa, dal pensiero di Sturzo, di Maritain, di Mounier e rimaneva aperto a quello proveniente da culture diverse. Possono non essere più attuali i programmi politici, lo restano i valori di riferimento.
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