Il passo del Vangelo: Mt 22, 34-40
34Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua animae con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
La prima lettura: l’alleanza liberatrice di Dio diventa modello per i rapporti interpersonali
Il testo della prima lettura di questa XXX domenica del tempo ordinario, è tratto dal cosiddetto “codice dell’alleanza”: a prima vista si tratta di una raccolta di leggi necessari per il vivere civile, in realtà è un invito a praticare rapporti di fraternità all’interno di una comunità di uomini liberi, raccolti insieme dalla stessa esperienza di un Dio liberatore.
Questa comunità apparentemente non è diversa da altre analoghe dei popoli del vicino oriente antico, ma è il ricordo dall’esperienza di liberazione dalla schiavitù egiziana da parte di Dio che plasma i rapporti reciproci, diventando modello dell’agire interpersonale. È un memoriale permanente, un modello sempre presente, che fonda la comunità sulla dignità di ciascuno, perché tutti figli del Dio liberatore. È sotto questa luce che vanno letti i precetti del capitolo 22 dell’Esodo, che hanno come motivo comune il rispetto dei poveri. I forestieri, le vedove e gli orfani sono categorie che vivono nel bisogno, non hanno una certezza economica e sono i più esposti a ingiustizie e maltrattamenti.
Diversi si approfittavano del loro bisogno, ma Dio si schiera in loro favore, ascoltandone il grido e intervenendo in loro soccorso. Queste leggi, in ebraico, sono chiamati “giudizi”, perché Dio “ristabilisce la giustizia”, ponendo rimedio a situazioni che offendono coloro che sono nel bisogno. Dio si mette dalla parte dei poveri e sta a loro fianco contro le trame dei potenti; anche i credenti sono esortati a fare la loro parte.
Il rapporto con Dio e il rapporto con gli altri
La controversia tra Gesù e i farisei, riportata nel Vangelo odierno, offre un ulteriore stimolo a riflettere sulla relazione tra comportamento verso Dio e comportamento verso il prossimo.
Sullo sfondo della questione farisaica sul precetto più grande della Torah, vi è la disputa rabbinica sulla gerarchia dei precetti. Si discuteva sia sui precetti da considerare “leggeri” e “gravi”, sia sulla possibilità di sintetizzare il contenuto della Torah in un’unica regola d’oro. Le diverse scuole avevano studiato a fondo la Legge, il Pentateuco e l’avevano ordinato in 613 comandamenti, 248 comandamenti positivi e 365 proibizioni, che regolavano tutti gli aspetti della vita dei fedeli. Questa divisione, a prima vista frutto di un formalismo irragionevole, in realtà costituiva il tentativo di presentare Dio come colui al quale appartiene ogni ambito della vita umana, colui che da senso al vivere e morire.
Gesù non si sottrae alla questione e risponde con la prima parte dello Shemà, che riguarda l’amore verso Dio (Dt 6,5); allo stesso livello pone poi il comandamento dell’amore per il prossimo (Lv 19,18), mostrando come il primo non si realizza senza il secondo. Il verbo amare, nell’Antico e nel Nuovo Testamento, è connotato da scelte concrete di bontà e solidarietà, soprattutto verso i deboli e gli indifesi. Non a caso, in Lv19, accanto all’amore del prossimo viene presentato il divieto di ingannare, opprimere, rubare, maledire, calunniare, odiare…
Un amore che non esclude i “nemici”
Soprattutto nel Vangelo di Matteo è accentata la tendenza positiva di estendere l’amore fino al nemico: “ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”.
Dio amo l’uomo così com’è, non fa distinzione tra buoni e malvagi, pii ed empi. La vera conversione, la metanoia, consiste non solo nell’essere compartecipi nel mondo dell’amore di Dio, ma essere compartecipi di “questo” amore, che si mette dalla parte dell’uomo peccatore e perduto, povere e malvagio.
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