N. Terminio, Educare alla relazione. Amore, affetti, sessualità, EDB 2021, pp. 125, 12,50 euro
La cronaca non lascia spazio a dubbi: in Italia esiste un problema connesso alle relazioni affettive che, una volta degenerate, conducono molto spesso a casi di femminicidio. La scia di questa tipologia di omicidi è lunga e dolorosa ma rappresenta soltanto il drammatico epilogo delle violenze verbali, psichiche e fisiche subite dalle donne che nella maggior parte dei casi non emergono. Nel nostro Paese la questione è talmente rilevante da dover ipotizzare una strategia d’intervento connessa sia al garantire la sicurezza delle vittime sia ad impostare un progetto formativo per le future generazioni che metta al primo posto l’educazione alla relazione. Proprio quest’ultimo è il tema centrale che affronta lo psicoterapeuta Nicolò Terminio nel suo ultimo libro intitolato Educare alla relazione. Amore, affetti, sessualità (EDB, 2021).
Accogliere la diversità
Il punto di partenza di Terminio è quello di «trasmettere ai giovani la passione per la relazione con l’Altro senza trasformarsi però in un Altro che favorisce, e implicitamente impone, la propria prospettiva» (p. 8). Nell’epoca dei legami liquidi, l’educazione ha il difficile compito di mostrare la capacità generativa e vitale delle relazioni. Così, con la lente d’ingrandimento del taglio psicoanalitico, l’autore si rivolge ai genitori e agli educatori con una proposta finalizzata a intendere la complessità dell’intreccio tra emozioni, affetti, sessualità e amore che gli adolescenti vivono nella loro esperienza personale. L’educazione, intesa come processo di umanizzazione della vita, è chiamata a occuparsi della dimensione sessuale e sentimentale perché la comprensione del linguaggio del corpo apre alla possibilità di amare la diversità dell’altro. Posta in questo modo, secondo Terminio, l’educazione sessuale è un vero e proprio diritto del cittadino che dovrebbe condurre ad una maggiore responsabilità nelle relazioni e, pertanto, verso una rilevanza civica e pubblica.
Incontrare la diversità – sia questa sessuale, culturale, religiosa o etnica – è un momento importante per capire e valutare la maturità acquisita nel corso della propria esistenza. A parere dell’autore, infatti, l’incontro con qualcosa o qualcuno eterogeneo rispetto alla propria identità introduce una mancanza e un mistero che fissa la cifra della nostra fragilità, del nostro limite. Quando il limite non viene colto come possibilità, l’intolleranza – esercitata attraverso il pregiudizio e la violenza verbale o fisica – tenta disperatamente di ristabilire un’unità totalitaria destinata a negare la pluralità. Il tentativo di controllo su tutto ciò che è estraneo e sconosciuto si declina anche con un’interpretazione della vita come «performance finalizzata a dimostrare l’esaustività del proprio funzionamento […] non devono esserci residui che possano rimandare a un resto inassimilabile, a qualcosa che sfugge alla comprensione o al dominio» (p. 21). È evidente, per Terminio, che tale logica viene scardinata dall’amore, e dall’educazione agli affetti, cioè a quella dimensione la quale più che controllare mira a cogliere le positività della diversità, della pluralità, della fragilità poiché l’alterità dell’altro, nonostante i possibili tentativi di controllo, è ingovernabile.
Incontrare l’Altro educa e rinforza la nostra personalità
Alla luce di quanto emerge, l’amore introduce nell’esistenza degli uomini e delle donne quell’elemento di flessibilità rivolto a scoprire e a fortificare la propria personalità. La poesia, la letteratura, l’arte, la musica non esisterebbero se dominasse – nei rapporti umani – una mentalità totalitaria in grado forse di controllare ma non di vivere in profondità. Da ciò deduciamo quanto sia importante e necessaria ai nostri giorni, specialmente per i giovani, un’opera di educazione all’affettività e alle relazioni anche perché, secondo l’autore, amare l’altro ci porta a «scoprire una parte inedita di noi stessi e della nostra vocazione e ad accogliere autenticamente l’Altro nella sua alterità e verità» (p. 122).
In definitiva, lo studio di Terminio ci presenta un impegno non più differibile nel tempo: educare i giovani all’indole generativa e plurale della vita. Famiglia e scuola, insieme al resto della comunità sociale e politica, hanno il gravoso compito di avviare e guidare un progetto formativo su tali aspetti fondamentali dell’umanità. In un contesto di crisi come quello dovuto alla pandemia è ora di ripensare il nostro modello societario il quale non potrà basarsi ancora a lungo sulla sterile dinamica turbo-capitalista orientata alla produzione e al consumo. È tempo, invece, di riporre al centro il valore della relazione per costruire insieme una comunità più umana. Il volume di Terminio è un ottimo contributo in questa direzione.
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