di Alessia Franco
Come un fiume ha i suoi affluenti, c’è la Storia e ci sono le storie. C’è la storia delle nazioni, del mondo, dei popoli, quella in cui prevale il fatto sui fatti, sulle vite dei singoli. E ci sono le storie, quelle in cui a parlare, a raccontare, a ricomporre pezzetto per pezzetto un mosaico, sotterrato a volte per troppo dolore, sono invece i singoli. E allora accade che un evento drammatico e incomprensibile come la Shoah venga raccontato da chi l’ha davvero vissuto, da chi sa cosa significhi morire della morte aberrante dei campi di concentramento.
Si chiama Storia di una famiglia ebrea a Palermo il libro, edito da Qanat, in cui Alessandro Hoffmann, professore universitario e giornalista, racconta la vita della sua famiglia.
Una storia che parte da lontano: da Norderney, dove gli Hoffmann possedevano un grande albergo frequentato dalla nobiltà e dalla borghesia soprattutto ebree, da intellettuali, da registi, con un occhio attento però anche ai più sfortunati (l’albergo ha infatti una colonia estiva per bambini disagiati). Una storia di persone benestanti e operose, che si dipana armoniosamente per tutta Europa: i lunghi caffè del nonno Alessandro, i viaggi e i sogni dei suoi figli, le tante promesse per l’avvenire. Poi il buio: il momento in cui la Storia straripa sulle storia, con le sue onde impazzite di disperazione, insensatezza, con le leggi razziali che incombono su tutta Europa. Anche sull’Italia, anche su Palermo, dove nel frattempo una parte della famiglia Hoffmann si è trasferita.
«Si immagini ora, per un attimo – scrive l’autore, riprendendo Primo Levi – un uomo a cui, assieme alle persone amate, vengono tolti la sua casa, le sue abitudini, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede».
Accade così anche a Palermo, dove il nonno, omonimo di Alessandro Hoffmann, un bel giorno viene prelevato dalla sua casa e portato all’Ucciardone. E da quel momento in poi girerà per i campi di concentramento italiani, rischiando anche: perché se in alcuni di essi la prigionia era, per quanto possibile, sopportabile, in altri si ammazzava senza troppe delicatezze. Non sapremo mai quante ne ha passate Alessandro Hoffmann senior, un uomo dal carattere forte e dalla grande dignità, sempre pronto a confortare i familiari. Possiamo solo in parte dedurlo da quei frammenti di storia (fatta di quel che rimane di documenti, di veline, di lettere) che scamparono alla sua volontà di eliminare quel passato una volta finito tutto. E che in parte sono ritornate miracolosamente alla luce grazie all’ostinato lavoro di ricerca e documentazione degli eredi: all’autore si deve infatti la scoperta della liberazione di Alessandro Hoffmann senior grazie all’intercessione di quel celebre Monsignor Palatucci, vescovo di Campagna, che aiutò tanti deportati in quel periodo di desolazione.
Non andò così, purtroppo, per gli Hoffmann sparsi nel resto d’Europa: alcuni in fuga, altri scomparsi, come tanti altri, fra le pieghe di una Storia paradossalmente troppo grande per contenere le storie e le vite di quelle famiglie che furono travolte dall’Olocausto. Si capisce perché spesso chi rimase vivo preferì dimenticare l’amarezza di avere perso per sempre (e soprattutto senza una ragione) un albergo che per la sua importanza figurava addirittura nelle cartoline postali, gli stenti, la trasformazione di una Palermo florida e aperta in una città fascista, e perciò sottoposta alle leggi razziali.
Storia di una famiglia di origine ebrea a Palermo è un viaggio nella Storia attraverso la storia della famiglia Hoffmann: fotografie, documenti frutto di ricerche infinite e ostinate, di ricordi e di memorie talmente profonde da diventare universali.
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