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Papa Francesco, un mese di pontificato all’insegna dell’umiltà

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di Dario Cataldo

 

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli (Mt 5, 1-10). Il noto discorso della montagna comincia con questa affermazione, in cui si pone l’accento sull’umiltà, sull’accettazione dei propri limiti e sulla volontà di non sentirsi appagati. Beati sono tutti coloro che, pur essendo fragili nella loro condizione umana, tendono a Dio, attraverso il proprio operato, con il prossimo e con se stessi. Chi accetta la propria condizione, dimostrando umiltà e purezza di cuore, potrà ambire al premio della Gerusalemme celeste.

In queste poche esortazioni è possibile racchiudere il messaggio di San Francesco, il poverello d’Assisi che da ottocento anni continua ad affascinare trasversalmente credenti e non credenti, cristiani e confessori di altre religioni. Lo stesso Papa Francesco, dichiarando la propria ammirazione per l’illustre omonimo, sta continuamente dimostrando con i fatti, cosa vuol dire disporre se stessi per il servizio agli altri.

 

Mediante piccoli gesti, sono sempre di più gli estimatori del nuovo Pontefice, il quale ama fregiarsi del titolo di “Vescovo di Roma”. Non è un caso che per il suo discorso d’insediamento al Soglio petrino, si sia professato Vescovo e non Papa. Attraverso questo gesto – all’apparenza insignificante – c’è quella umiltà tanto cara al Santo d’Assisi. Professandosi Vescovo e pastore di Roma, non ha evocato a sé il primato della sua carica, piuttosto, ha implicitamente aperto la via al dialogo, alla distensione dei rapporti con le altre branche del cristianesimo e non solo, alla sequela dei suoi illustri predecessori.

Gesti apparentemente privi di significato, sono in realtà programmatici e chiarificatori, all’insegna dell’evangelizzazione attraverso l’umiltà e il servizio. Non è passata inosservata la presenza del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, durante l’inizio del pontificato di Papa Bergoglio. Ospite d’eccezione, ha infranto il tabù che vedeva il rappresentante della Chiesa Ortodossa, estraneo agli affari della Chiesa Romana. Che i tempi siano maturi per un riavvicinamento determinante tra due sorelle figlie dello stesso Padre? L’unità dei cristiani dovrebbe essere l’intento principale di tutto il popolo di Cristo, attraverso una preghiera incessante, non circoscritta ad una settimana all’anno.

Certo, adesso si naviga con il vento in poppa, sembra tutto rose e fiori. Papa Francesco come Cristo, acclamato alle porte di Gerusalemme, è osannato per i cambiamenti che apporta giorno per giorno.

Ma come reagirà la stampa più incalzante, gli osteggiatori del pontificato per partito preso, quando Jorge Maria Bergoglio dovrà affrontare i temi del Magistero? Cosa succederà quando dovrà pronunciare il suo “Non Licet” verso quelle pratiche contrarie alla vita? Come Gesù, prima osannato e poi crocifisso, dovrà testimoniare con l’umiltà che lo contraddistingue, il suo essere un uomo al servizio degli uomini, evangelizzando e testimoniando che tutti siamo meritevoli di sperare nel Regno dei Cieli. Tutti siamo chiamati alla Santità.

Esistono le premesse per una nuova rivoluzione ecclesiastica; esistono i presupposti per scrivere una nuova pagina della storia del popolo orante, una storia così antica ma ancora così attuale.

Ai rappresentanti delle Chiese, delle Comunità Ecclesiali e di altre confessioni religione, il Vescovo di Roma ha così affermato: “Sappiamo quanta violenza abbia prodotto nella storia recente il tentativo di eliminare Dio e il divino dall’orizzonte dell’umanità, e avvertiamo il valore di testimoniare nelle nostre società l’originaria apertura alla trascendenza che è insita nel cuore dell’uomo. In ciò – continua Papa Francesco – sentiamo vicini anche tutti quegli uomini e donne che, pur non riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione religiosa, si sentono tuttavia in ricerca della verità, della bontà e della bellezza, questa verità, bontà e bellezza di Dio, e che sono nostri preziosi alleati nell’impegno a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e nel custodire con cura il creato”.

Con queste parole cariche di speranza e di apertura, siamo convinti che un nuovo cambiamento sia possibile, che la Chiesa possa essere traghettata verso le sfide del nuovo Millennio.

 

 

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