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I Chiaroscuri – L’esame di maturità: un rito inutile?

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Uno snodo delicato

Mercoledi 16 giugno, alle 8,30, cominciano gli esami di maturità per 540 mila studenti delle scuole superiori. Un appuntamento che, ogni anno, coinvolge una larga fascia della popolazione, ben al di là del numero, già consistente, dei candidati. Basti pensare ai docenti e in genere al personale scolastico, ma soprattutto alle famiglie, che accompagnano i figli, in questo tradizionale momento di stress, cercando di sostenerli come possono.

Perché gli esami di Stato rappresentano comunque, da sempre, uno snodo delicato della vita di un ragazzo e di una ragazza. Uno di quei riti di passaggio che segnano il compimento di una stagione e linizio di unaltra. In questo caso, la conclusione del ciclo degli studi scolastici e lingresso allUniversità o nel mondo del lavoro. Dopo, non si sarà più ragazzi, come ancora si è definiti finché si frequenta la scuola. Non è un caso che, malgrado lespressione sia stata da tempo abolita, si continui a parlare di esami di maturità.

Si capisce perché nellimmaginario collettivo, e soprattutto nella percezione degli studenti, questa prova continui a mantenere la sua carica intimidatoria. Perfino nelledizione di questanno, che, a causa del Covid, li vede ridimensionati sia perché ridotti alla sola prova orale, sia perché collocati nel contesto di una valutazione globale della carriera scolastica del candidato che ne riduce sensibilmente il peso (40 punti su cento, rispetto ai 60 attribuiti ai risultati degli ultimi tre anni di studi).

Abbassare lasticella

Una scelta ragionevole, che tiene conto, giustamente, delle particolari condizioni in cui si è svolto l’anno scolastico, in seguito alla minaccia della pandemia. È ormai abbastanza noto che la dad (didattica a distanza), se da un lato apre delle nuove opportunità, di cui i docenti e gli alunni più attrezzati possono avvalersi, dall’altro, nella maggior parte dei casi, incide per lo più negativamente sulla qualità delrapporto educativo e dell’attività didattica.

Anche perché evidenzia le disparità di condizione economica, sociale e culturale degli studenti. Altro è seguire le lezioni potendo contare su un ambiente confortevole, raccolto, avendo a propria esclusiva disposizione strumenti adeguati, col sostegno di una famiglia attenta ai problemi scolastici del figlio, dove si parla un buon italiano e si è abituati a leggere, altro farlo da locali angusti e rumorosi, coi fratellini più piccoli che piangono e quelli più grandi che pressano per avere anch’essi l’uso dell’unico computer di casa, in una famiglia alle prese con altri problemi e sprovvista di basi culturali.

Era necessario, perciò, per evitare una selezione che avrebbe risentito pesantemente (e comunque più pesantemente del solito) di fattori estranei al merito strettamente scolastico, abbassare lasticella della prova. Da qui la rinunzia allo scritto, che normalmente dà luogo a una prima scrematura dei candidati. Certo, con la conseguenza, già verificatisi lanno scorso, di un indebolimento anche della selezione culturale e di una inflazione di voti alti. Ma, ripeto, è un prezzo che bisognava pagare.

Né credo sarà un fattore selettivo in senso socio-economico come denunziato in termini eccessivamente drammatici, da Ernesto Galli Della Loggia lintroduzione di un curriculum in cui verranno segnalate le diverse esperienze ed attività, anche extra-scolastiche, dei candidati. Un modo di far conoscere e valorizzare degli aspetti della loro personalità che la scuola spesso stenta ad intercettare e che non necessariamente sono collegati alle loro disponibilità economiche.

Opportuna la novità, rispetto agli esami di maturità dellanno scorso, rappresentata dal ripristino dellammissione allesame da parte del consiglio di classe. Le difficoltà legate alla pandemia non possono far perdere di vista la differenza elementare tra chi in qualche modo, durante lanno, si è impegnato e chi invece ha approfittato della situazione per non far nulla. E i professori del consiglio di classe sono nella condizione di valutare questa differenza.

Una ipotesi su cui riflettere bene

All’interno dei limiti dell’emergenza, andrebbe tutto bene se il ministro Patrizio Bianchi non avesse enfatizzato la nuova formula come una svolta epocale. «È una bellissima forma di esame, è un esame di Stato che riguarda la maturità delle persone, non se hai una competenza o l’altra, ma se hai la capacità, la testa per poter affrontare degli argomenti complessi. Quindi non è un esame ridotto ma un esame che ha una sua identità». Da qui anche lipotesi, avanzata dal ministro, che da ora in poi questa formula possa essere adottata anche in regime di normalità.

È una prospettiva su cui vale la pena di riflettere con calma. Labolizione definitiva delle prove scritte tradizionali – il tema di italiano e la prova di indirizzo, differenziata secondo il tipo di studi – sarebbe compensata dalla composizione di un «elaborato» che ogni studente nellarco di un mese dovrebbe preparare, con la guida di un docente, su un argomento.

Secondo quello che già questanno si sta facendo. «Quest’anno c’è molta più enfasi sull’elaborato, più attenzione per svolgere un pensiero complesso». Ma non cè il rischio che tutto si riduca alla riproposizione della vecchia tesina, che già in passato aveva costituito il punto di partenza per la discussione orale? «Non voglio sentir parlare di tesina», ripete Bianchi: si tratta di un elaborato «ampio e personalizzato».

A cercare il pelo nelluovo, anche la tesina richiesta, in passato, per lesame di Stato – lesame di maturità!avrebbe dovuto essere espressione di «un pensiero complesso, ampio e personalizzato». Sulla carta. Sappiamo tutti comè finita.

Ma qui – si obietterà – cè un docente che ne segue la stesura. In verità, anche per la tesina gli studenti si facevano guidare da un professore. E questo, però, non evitava la banalizzazione

Lo spartito e lorchestra

Forse bisogna stare a vedere come andranno le cose. Lesperienza insegna che, nella vita della scuola, le aspirazioni di un ministro non sempre hanno una corrispondenza nella realtà dei fatti. Le ordinanze, le circolari sono ovviamente normative, ma come lo è lo spartito di una sinfonia rispetto alla sua esecuzione. Chi suona la musica è lorchestra. E lorchestra, in questo caso, sono i professori e gli studenti.

Ricordo ancora quando una delle tante riforme degli esami di Stato previde che i candidati avrebbero scelto una materia fra quattro indicate dal ministero, mentre la commissione esaminatrice avrebbe assegnato la seconda. Il risultato fu che il membro interno (allora unico) faceva sapere alla commissione qual era la seconda materia richiesta dallo studente, che nel novantanove per cento dei casi veniva accontentato. Alla fine, bastava studiare due materie per fare un eccellente esame di maturità.

Non si può escludere che la musica, questa volta, sia più fedele allo spartito. Ma si dovrà monitorare attentamente lo svolgimento di questa nuova formula. Tanto più che la rinunzia alle prove scritte tradizionali non è indolore. Pensare di poterle sostituire con la discussione orale – sia pure basata sull«elaborato» è illusorio. Le logiche della scrittura e quelle delloralità sono molto diverse. E lesperienza dice che persone capaci di incantare luditorio con le loro brillanti parole, quando sono costrette a costruire un discorso per iscritto ne sono del tutto incapaci. Senza contare le offese allortografia, alla grammatica e alla sintassi, mascherate dalloralità, ma pesantemente evidenziate quando si scrive.

In Italia lUniversità denunzia il fatto che gli studenti usciti dalla scuola non sanno scrivere. Lipotesi del nuovo esame di Stato avanzata (ancora con cautela) dal ministro Bianchi non sembra una buona risposta a questo problema. Certo, non è il tema di maturità che può risolverlo. Ma lesame che conclude il ciclo di studi ha soprattutto la funzione di orientare gli sforzi della scuola negli anni precedenti. Il venir meno delle prove scritte tradizionali rischierebbe di indebolire la tensione a educare i giovani ad esprimersi correttamente quando scrivono.

Una proposta più drastica

Qualcuno, più drasticamente, ha proposto in passato e cè chi lo fa anche nel presente  labolizione di quello che, malgrado le riforme, torna ogni volta ad apparire un rito inutile. Si avrebbe la tentazione di dar loro ragione. Se non fosse che, in questa società informe, dove le stagioni della vita si confondono – bambini invecchiati, adulti infantili, dove gli unici riti che rimangono sacri è quello legati alla logica del consumismo – lo shopping, la movida, forse ha ancora un valore questo segnale di passaggio dalladolescenza alletà adulta, con la conseguente sfida a viverlo bene. Perché alla fine, la vera maturità non è nellesito di una prova ormai scolorita, ma nel modo in cui chi deve sostenerla vi si prepara e sa affrontarla, quale che sia la sua formula, con nervi saldi e consapevolezza. E questo mantiene il suo valore.

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