Il testo del Vangelo: Gv 6, 41-51
41Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?».
43Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
In queste domeniche del tempo ordinario stiamo affrontando il lungo e arduo percorso del sesto capitolo del Vangelo di Giovanni. A partire dal segno della moltiplicazione dei pani, Gesù si presenta come pane della vita, in un crescendo di incomprensione da parte dei Giudei, delle folle entusiasmate dal miracolo e, infine, anche degli stessi discepoli.
Mormorazione
Il brano di oggi inizia proprio con la mormorazione dei Giudei, già in precedenza contrariati dal suo insegnamento. Essi mettono in dubbio l’identità di Gesù e la veridicità delle sue parole: come può essere disceso dal cielo, se è ben nota la sua genealogia? Eppure hanno visto i segni compiuti dal rabbì di Nazareth. Allo stesso modo, il popolo di Israele aveva mormorato contro Dio (Es 16), fino a rimpiangere i tempi della schiavitù d’Egitto, nonostante avesse visto aprirsi il mare. Gesù ammonisce la mormorazione, in quanto questa impedisce un reale confronto e una relazione di fiducia.
Accogliere ciò che non si comprende
L’attitudine alla sfiducia è un primo importante spunto di riflessione di questo Vangelo. Non accogliere ciò che non si capisce nel cammino della vita (e della fede) è una costante con cui ogni uomo deve confrontarsi. Nella prima lettura, il profeta Elia sprofonda nell’incomprensione ed è “desideroso di morire”, stanco di affrontare la realtà. Gli viene offerto del pane per andare avanti, per nutrirsi e fronteggiare ciò che è più grande di lui. Coltivare la tristezza e la mormorazione verso ciò che non comprendiamo può essere il vero avversario che ci impedisce di avventurarci con fiducia nel rapporto con Dio. Tale fiducia verrà espressa, in modo sorprendente, da Pietro, più avanti nello stesso capitolo del Vangelo di Giovanni, quando dirà «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Attirati dal Padre
Il Maestro conferma, poi, il doppio filo che lo lega al Padre e ciò che determina la sequela. È presentata una vera e propria “attrazione” tra chi ascolta il Padre e Gesù. Coloro che in Gesù non vedono soltanto la realizzazione di attese messianiche distorte ma la Parola autentica (anche se nuove e diversa da ciò che conoscevano) che viene dal Padre, non possono che esserne attratti. L’opera di Dio, come detto in precedenza, è accogliere e credere nel Figlio.
Nutrimento definitivo?
Di fronte alla incomprensione, alla riluttanza e alla mormorazione Gesù non indietreggia, ma ribadisce di essere il Pane disceso dal cielo, che dà vita eterna. A differenza della manna data agli Israeliti, che poi morirono, è Gesù il nutrimento definitivo, l’unico che può cambiare realmente la vita. Il pane che dà vita, come l’acqua viva che disseta in eterno (Gv 4) sono verità che devono provocare e mettere in discussione il modo in cui viviamo il rapporto con Cristo. Il pane eucaristico è per noi cibo indispensabile? Crediamo che nel rapporto con Dio sia in gioco ciò che di più prezioso abbiamo? Cerchiamo e attendiamo che ci sia donata la vita di Dio, la vita eterna?
Pane e carne
L’insegnamento raggiunge il culmine parlando della carne di Gesù come pane che dà la vita al mondo. Il nutrimento che Gesù promette non è quindi soltanto metaforico e spirituale (cosa che già scandalizzava gli astanti) ma si spinge verso una provocante letteralità, che sarà irrimediabilmente divisiva. I doni di Dio passano attraverso la carne, attraverso ciò che nell’uomo è più fragile. In questo caso la carne è quella del Figlio, offerta come Agnello sacrificale per la salvezza del mondo.
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