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Si è molto parlato, in questi giorni, dei test Invalsi, attualmente in corso, il cui scopo è di valutare l’efficienza del nostro sistema scolastico. Ma c’è un’altra prova che da anni ne denunzia il fallimento, almeno parziale, ed è la politica. Perché il problema della nostra politica è la carenza di cultura e soprattutto di logica, sia nei rappresentanti del popolo italiano, sia in questo stesso popolo che, invece di rilevarne le lacune e di prenderne le distanze, li elegge e li sostiene.

Qualche esempio. Cominciamo da un caso emblematico, quello del movimento 5 stelle. Un giorno sì e l’altro pure Grillo rischia l’infarto gridando (letteralmente), contro l’attuale governo, all’inciucio e al colpo di Stato. Ma tutti sanno che questo governo è il frutto del suo ostinato e insuperabile rifiuto di governare insieme al Pd, il quale, prima di piegarsi a farlo con il Pdl, aveva supplicato (letteralmente) proprio il movimento 5 stelle di accordarsi su un programma circoscritto di riforme. Se mi si permette di scherzare un po’, Grillo è come un marito che, dopo aver chiuso a chiave in una stanza, contro la sua volontà, la moglie insieme all’uomo che la corteggia e che lei respinge, grida al tradimento. Se leggessimo questo in cronaca, rideremmo e chiameremmo in causa la follia. E invece ci sono tanti che vanno in piazza per gridare insieme a Grillo. Altro che test Invalsi! Che scuole hanno frequentato queste persone?

Un altro esempio, di assai minore portata, ma ancora più lampante. In questi giorni Grillo ha attaccato con la consueta violenza Enrico Letta accusandolo di essere il prodotto parassitario di una ignobile parentopoli, per via della presenza dello zio Gianni nel Pdl. L’accusa è già in se stessa risibile, perché i partiti di zio e nipote sono da sempre aspramente in conflitto e c’è da supporre che l’essere parente  di Gianni Letta sia stato per Enrico, nel Pd, piuttosto un handicap che una raccomandazione.  Ma il bello non è questo. Non tutti sanno che il vicepresidente del movimento 5 stelle è Enrico Grillo (la fortuna di chiamarsi Enrico!), di pochissimo più giovane di Letta, figlio del fratello maggiore di Beppe. E qui il movimento in cui il nipote ha fatto carriera è lo stesso dell’onnipotente zio! Qual è la logica – quella di Grillo, ma ancora di più dei suoi fedeli e osannanti sostenitori?

Anche i membri dei Pd devono avere avuto a scuola molti supplenti, notoriamente poco seguiti dagli alunni, e aver imparato ben poco dai loro studi, soprattutto per quanto riguarda la logica. Altrimenti non avrebbero giocato al massacro sulla pelle del loro stesso partito, portandolo allo stato confusionale e preagonico in cui oggi si trova. Per citare solo l’episodio più eclatante,  i 101 che, in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica,  nel segreto dell’urna hanno sconfessato il loro segretario, dopo avergli garantito l’appoggio, non hanno bruciato solo lui, ma la credibilità e la dignità del Pd. Il risultato di questa brillante mossa politica è che, se si andasse oggi, o comunque in tempi brevi, alle elezioni (come non è escluso che avvenga), la sinistra andrebbe incontro a una catastrofe e molti di loro non sarebbero rieletti. Volevano far dimettere Bersani? Sì, ma nessuno che abbia un briciolo di cervello spara  al nemico, che ha dietro le spalle, puntandosi la pistola al cuore, per colpirlo attraverso il proprio corpo!

E il Pdl? Il florilegio sarebbe inesauribile e qui abbiamo poco spazio. Mi sembra che possiamo assumere come emblematico il famoso caso Ruby, perché è anche in questi giorni agli onori delle cronache giudiziarie. Si badi bene, il problema non riguarda solo Berlusconi. Quando ancora erano la maggioranza in Parlamento, i deputati del Pdl hanno sottoscritto una mozione in cui dichiaravano solennemente, nella loro qualità di rappresentanti del popolo, di credere senza ombra di dubbio alla sua versione dei fatti.

E qual è questa versione? Dunque, l’allora presidente del consiglio frequentava, per pura amicizia, una pudica fanciulla straniera e le dava migliaia di euro perché era bisognosa. Forse egli pensava di favorire così anche  i rapporti internazionali del nostro Paese, perché era convinto che lei fosse la nipote dell’allora presidente egiziano Mubarak. Sta di fatto che la fanciulla in questione, la notte del 27 maggio 2010, viene portata in questura perché accusata di furto. Essendo minorenne, il pm per i minori, dott. Fiorillo, subito informata, dispone che sia trattenuta in vista di un possibile affidamento a una comunità di recupero. Ma, a questo punto, telefona dalla Francia, dove si trovava per motivi istituzionali,  il presidente del consiglio ordinando al funzionario di polizia di consegnare la ragazza a una consigliera regionale del Pdl, igienista dentale ma anche legata a un giro di prostituzione, che in effetti la preleva per portarla a casa di una prostituta brasiliana.

Ora, chi ha ritenuto e ritiene questa storia verosimile – milioni di cittadini e  un numero cospicuo di parlamentari – dovrebbe far causa allo Stato italiano, perché i soldi delle tasse scolastiche gli sono stati rubati. Si può arrivare a credere, per mettere al bando ogni atteggiamento di sospetto,  che l’on. Berlusconi sia un uomo semplice, capace di credere che la fanciulla da lui protetta fosse davvero egiziana (in realtà è marocchina) e nipote del capo di Stato egiziano e che sia intervenuto, violando le procedure, per evitare  complicazioni internazionali. Ma tra queste ipotetiche certezze e la decisione di far venire a prendere la ragazza non da funzionari dal consolato egiziano, come la più elementare ragionevolezza avrebbe voluto, ma dalla propria igienista dentale, per farla portare in casa di una prostituta brasiliana, c’è un salto logico abissale, che rivela lo scarsissimo profitto scolastico di quanti danno credito al racconto.

Altro che prove Invalsi! Altro che indagine Ocse! Qui abbiamo una tale dimostrazione di inefficienza della nostra scuola  – almeno di quella da cui sono uscite le generazioni attualmente in grado di votare e di esprimere un’opinione nei sondaggi – da rivelare tutto il nostro ritardo rispetto a tutti paesi civili.

Troverà strane e oziose queste riflessioni sul rapporto tra logica e politica solo chi non ha letto il famoso romanzo 1984, di George Orwell.  In esso si descrive una società totalitaria, in cui la verità viene continuamente ridefinita in base alla volontà del capo, il Grande Fratello. Il protagonista, che è un dissidente, viene arrestato e torturato. Ma non gli si vogliono estorcere nomi di complici o piani eversivi. Il suo aguzzino gli chiede una cosa molto semplice, ottenuta la quale tutti i suoi tormenti finiranno: di ammettere che 2 + 2 non fa 4. A quanto pare, in Italia per ottenere questo risultato liberticida, e su larga scala, non è stata necessaria la tortura.

Giuseppe Savagnone

 

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