A qualche settimana dal voto, le forze politiche impegnate nelle comunali di Palermo sono alla ricerca di candidati e di programmi spendibili per una città dai mille volti e colpita da molteplici crisi. Il successore di Leoluca Orlando sarà chiamato ad affrontare diverse emergenze e a trasformare definitivamente il capoluogo regionale in una delle capitali del Sud Europa. Di questi temi discutiamo con Pasquale Hamel. Già vicesegretario dell’Assemblea Regionale Siciliana e docente di storia contemporanea presso l’Università di Palermo, Hamel ha scritto su Avvenire e La Repubblica ed è opinionista del Giornale di Sicilia.
– Professore Hamel, come sta Palermo?
Palermo, per chi ama la storia, è il posto ideale dove abitare. In un mio libro, che titolava “Palermo l’identità cercata” ho definito questa straordinaria città “Il luogo della storia”. Il suo essere al centro del Mediterraneo, che come sappiamo è stato incubatore di civiltà, ha permesso alla città di partecipare, anche come protagonista, ai più significativi passaggi del cammino umano. Fa dunque specie e addolora, a fronte di tante memorie luminose, di tante splendide evidenze artistiche e architettoniche, il degrado nel quale versa, il senso di disfacimento che, al di là dei tanti proclami dei suoi amministratori, si percepisce in modo palpabile. Tornando alla sua domanda, le rispondo dicendo che vivendo a Palermo soffro un disagio esistenziale che nasce dal confronto fra quello che vorrei che fosse questa città e quello che in realtà è.
– I lunghi anni dell’amministrazione targata Leoluca Orlando cosa, nel bene e nel male,
lasciano in consegna alla futura amministrazione?
C’è stato un tempo in cui Orlando ha rappresentato, almeno nell’immaginario collettivo, l’idea di un radicale cambiamento rispetto a precedenti andazzi politico-amministrativi, troppo spesso segnati da prassi poco edificanti in cui la mafia, la corruzione, il paternalismo, il clientelismo e la mancanza di visione sembravano lo stigma indelebile di questa città. Ma anche e, forse, soprattutto come l’espressione di quella agognata modernità a cui la parte più sensibile della città aspirava. Lo slogan “Palermo città europea”, da lui utilizzato sintetizzava bene quest’aspirazione di una città che, rispetto al resto d’Italia e, perfino, rispetto all’Europa non voleva più sentirsi “figlia di un dio minore”. Purtroppo gran parte di queste aspirazioni sono state tradite, un po’ per colpa degli stessi palermitani, poco disponibili al cambiamento, ma soprattutto per la personalità dello stesso sindaco, per il suo essere fortemente autoreferenziale, per la sua difficoltà a fare squadra, per la sua propensione a colmare con gesti emblematici – costruiti troppo spesso per fare notizia – l’assenza di attenzione all’impegno amministrativo. Il lascito di queste amministrazioni Orlando è dunque oltremodo pesante al punto da farmi considerare un vero azzardo il desiderio di chi vuole fare il sindaco di Palermo.
– Sulla carta, il centrodestra sembrerebbe favorito per la conquista di Palazzo delle Aquile.
Tuttavia, le divisioni interne alla coalizione – dovute al diverso giudizio nei confronti del
governo regionale guidato da Musumeci – rischiano di agevolare gli avversari. È così?
In effetti è così, il centrodestra, lo dico col massimo rispetto, non mi pare che oggi, in Sicilia, abbia dei leader all’altezza della situazione. Mi sembra che fra le varie componenti ci sia disinteresse assoluto nei confronti del progetto e che tutto ruoti attorno alle poltrone. Lo stesso giudizio formulato sul governo Musumeci, a cui è mancata la necessaria grinta e la capacità progettuale, è condizionato da meri pregiudizi personali e dai rapporti di forza fra le tante componenti dello stesso centrodestra. Ciò ha determinato fibrillazioni continue che non hanno dato un’immagine di affidabilità. In queste condizioni, a Palermo, quella possibile vittoria agevolata dagli errori di Orlando e del centrosinistra è diventata meno credibile. Tuttavia il ricompattamento attorno al nome di Roberto Lagalla, personaggio autorevole e credibile, ha ridato speranza soprattutto a chi, non volendo votare per il centrosinistra avrebbe scelto la strada dell’astensione.
– Il centrosinistra orfano di Leoluca Orlando è pronto, a suo parere, ad amministrare la
città?
La lunga stagione di Orlando pesa e continua a pesare sul centrosinistra, ho ritenuto e l’ho scritto, quella di Franco Miceli una buona scelta. Ma a questa scelta, non ho visto fare seguito quel voltare pagina rispetto al passato indispensabile e necessario per riallacciare il dialogo con i cittadini. Una sindacatura di centrosinistra rischia pertanto di essere in continuità con le precedenti, che non si sono dimostrate all’altezza della situazione, con in più la mancanza dello stesso Orlando che, con le sue fughe in avanti, in qualche caso istrionesche, era fino ad un certo punto riuscito a coprire quelle evidenti défaillance che i palermitani oggi denunciano.
– Nell’immediato, e nel prossimo futuro, di cosa ha bisogno Palermo?
È necessaria intanto un’idea di città, quell’idea di città che, almeno dal dopoguerra, è sempre mancata. Bisogna che si chiarisca quale dovrebbe essere il ruolo di quest’aggregato urbano – in sé amorfo – in cui modernità e conservazione non trovano spazi di composizione. Per fare questo è necessario un progetto di città che abbia come obiettivo primario la ricomposizione delle tante fratture che si sono registrate in questi anni. Un progetto inclusivo che punti, anche pedagogicamente, a fare rinnamorare il cittadino alla sua città, realizzando in questo modo una reale comunità, quella che Giuseppe Lazzati indicava come “una città per l’uomo a misura d’uomo”. Ma per far questo sono necessarie idee ma anche, non dimentichiamolo, quelle risorse che allo stato mancano. Ed allora, che fare? Ricordiamo che Palermo dal ’46 è tornata ad essere capitale e si è caricata degli oneri non indifferenti di questa condizione senza averne mai avuto una benché minima compensazione. Nessuno ha, infatti, mai chiesto di operare questa compensazione che potrebbe tradursi in una legge speciale per Palermo i cui oneri dovrebbero caricarsi sulla Regione. “Palermo capitale” potrebbe essere la sfida da mettere in campo immediatamente per dare futuro e speranza a questa città che, come molti analisti confermano, sta morendo.
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