49 Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50 Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! 51 Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52 D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53 si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera
Il brano del Vangelo di questa domenica contiene un messaggio forte, che deve suscitare una verifica profonda della fede. Si parla della fede con immagini di fuoco e di divisione, immagini “violente” rispetto a come siamo abituati a percepire la fede. Accogliere questa parola, senza rifiutarla o “ammorbidirla” fa parte della sequela di Cristo e del cammino spirituale.
“Vi do la mia pace”
In altri passi del Vangelo Gesù dice di donare la pace (Gv 14,27) e invita il cuore dei discepoli a uscire dal turbamento. Il testo che oggi ascoltiamo sembra in evidente contraddizione. La pace di cui il Maestro parla, però, è radicalmente diversa da “come la dà il mondo”, come è Egli stesso a precisare.
Verità e compiacimento
Tra la Parola di Dio e le parole degli uomini c’è una distanza che la vita di fede insegue sempre. La prima lettura della liturgia odierna presenta la figura di Geremia, accusato di non cercare il benessere del popolo. Questa immagine ci prepara all’ascolto del Vangelo, mettendo in evidenza il contrasto tra verità e compiacimento degli altri, tra salvezza e benessere.
Oltre il benessere
L’uomo, infatti, ha un’idea di pace statica, priva del fuoco della passione, equilibrata, molto simile al concetto di “benessere”. Il Vangelo sconvolge questa prospettiva, rompendo questa pace non per sostituirla con il disordine e la distruzione, ma con “un canto nuovo”, una tensione appassionata verso il bene e verso Dio. L’incontro con Cristo spezza l’equilibrio della vita umana così come essa è, mettendo in discussione le sue leggi interne (le relazioni famigliari, il rapporto con i beni): ciò è evidente e luminoso nelle vite dei santi.
L’esempio dei Santi
Le storie dei Santi portano sempre un fuoco, una certa “esagerazione”, un estremismo che si esprime anche nella massima dolcezza e obbedienza. Questo perché l’obbedienza a Dio è sempre, in qualche modo, ribellione agli occhi del mondo, è un’azione che scompagina gli equilibri mondani. Spesso, infatti, anche le relazioni più significative, come quelle famigliari, vengono messe in discussione per seguire il Signore, per essere se stessi anche rinunciando al consenso di tutti.
Fede appassionata
La parola di oggi ci invita a ripensare alla nostra fede, a riconoscere che, tante volte, l’abbiamo considerata distacco verso i problemi, scudo della tranquillità, annullamento delle passioni, come avviene in altre forme di religiosità. Il Cristianesimo non si riduce a un insieme di sane abitudini. Noi, come discepoli di Cristo, siamo discepoli di un uomo appassionato, di un Dio pieno di slanci, di un Dio della verità dirompente e liberante e non della quiete di chi chiude gli occhi.
Segno di contraddizione
Lo slancio della “battaglia” di cui parla San Paolo (2Tm 4,7) si contrappone all’equilibrio della sopravvivenza, alla noia della mondanità. Sin dall’inizio della sua vita terrena, quando era solo un bambino, Simeone profetizzò a Maria che il figlio sarebbe stato “segno di contraddizione” (Lc 2, 34). Nella nostra società post-cristiana, recuperare la dirompenza della fede, il fuoco e la divisione che essa porta al mondo, è fondamentale per la Chiesta, affinché essa continui ad annunciare Cristo. L’unità della comunità cristiana è possibile (ed è la più grande testimonianza della fede), solo se questa “divisione” è compresa e accolta.
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