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La cantatrice calva

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Leggo spesso sui giornali, in queste settimane, che Berlusconi e il Pdl “incalzano” il governo, ponendogli dei drastici ultimatum, a cui il Pd – l’altra forza portante dell’attuale maggioranza – risponde allargando le braccia e almanaccando ipotesi di nuove imposte, rigorosamente volte a colpire “equamente” tutti gli italiani, ricchi e poveri.   

Mi ricordano due attori impegnati a recitare una scena del “teatro dell’assurdo”, tipo  La cantatrice calva di Jonesco, dove i comportamenti non corrispondono all’identità dei personaggi  e le parole vengono pronunciate con grande serietà, senza però avere un senso.

Il Pdl “incalza” il governo? Ma questo, in tutto il resto del mondo,  è il mestiere dei partiti di  opposizione, i quali, non essendo al potere, criticano l’operato di chi lo detiene.  Chi governa non deve intimare niente a nessuno, ma agire. Chi ha il compito di risolvere i problemi, non può fingere che ci sia qualcun altro nei cui confronti protestare. E quelli dati dal vice-premier Alfano al governo da lui stesso guidato, sono degli ultimatum rivolti a se stesso.

La sola attenuante del Pdl è che tutti sapevano che questo è già stato lo stile di questo partito. Lo ha seguito col governo Monti. Berlusconi ha impostato e vinto la sua campagna elettorale demonizzando (fino a definirle “criminali”) delle misure che il suo stesso partito aveva varato, insieme al Pd, e promettendone l’abolizione. Logico che riprovi a fare ora lo stesso giochetto, fiducioso che gli italiani, come non ne hanno capito l’assurdità la prima volta, ci ricaschino anche la seconda.

E il Pd? Eccolo a chiedersi se i soldi per rimandare l’aumento dell’Iva e per rilanciare il lavoro vano trovati aumentando le accise della benzina oppure le bollette del gas. Tutte imposte indirette, che, matematicamente, incidono in egual modo sul bilancio dei consumatori, ma che hanno qualitativamente un peso molto diverso su chi guadagna quindicimila euro al mese  rispetto a chi ne guadagna ottocento. Alzi la mano chi ha sentito questo partito, che nel governo rappresenta la “sinistra”, avanzare la proposta di una imposta patrimoniale, di una tassa, cioè,  che colpisca prioritariamente i beni dei ricchi.

 Se sono veri i dati diffusi dalla Banca d’Italia nel 2011 (e da me già citati in un precedente “chiaroscuro”), secondo cui, nel nostro Paese, «il 10% dei nuclei familiari più ricchi possiede quasi la metà (45%) della ricchezza complessiva mentre la metà più povera detiene solo il 10% della ricchezza totale» e  «basta il patrimonio dei dieci cittadini più ricchi  per uguagliare quello dei tre milioni  di italiani più poveri», il problema nel nostro Paese non è la mancanza di risorse, ma la loro ingiusta distribuzione.

Ebbene, in un momento di grave emergenza, come quello che stiamo vivendo, sarebbe logico e doveroso che queste risorse venissero, almeno in minima parte, redistribuite, creando un fondo per evitare l’aggravio delle imposte indirette e per favorire il lavoro dei giovani. Dovrebbero essere esentati dall’imposta solo i capitali effettivamente utilizzati per investimenti produttivi (che sono, peraltro, una percentuale relativamente piccola), funzionali alla ripresa.

Questa soluzione sarebbe anche la più conforme alla logica della dottrina sociale della Chiesa, che in sé sarebbe molto più “a sinistra” delle attuali posizioni del Pd, anche se nessuno se ne accorge perché una vera e propria congiura del silenzio fa sì che di queste cose nelle omelie e nelle lettere pastorali non si dica nulla. In ambito ecclesiale, il valore non negoziabile della solidarietà – che non è solo carità, ma prima di tutto giustizia – è proclamato in forma così generica  da potere essere accettato senza difficoltà anche da chi dovrebbe esserne inquietato.

Ed è questo silenzio assordante che rende oggi politicamente irrilevante la Chiesa italiana nell’attuale congiuntura, sia a livello di pastori che di laicato impegnato. Fino a poco tempo fa si lamentava da parte dei primi una insistenza in sé giusta, ma quasi esclusiva, sui temi bioetici, da parte dei secondi una scarsa incisività nei rispettivi schieramenti. Oggi constatiamo un silenzio pressoché assoluto. Risuona solo – ed è una benedizione  – la voce di papa Francesco, che però, ovviamente, non può fare espliciti riferimenti alla situazione italiana.

Così a risuonare sulla scena pubblica solo ormai solo le battute fuori luogo e prive di senso dei personaggi che, facendo a gara per fuggire dal loro ruolo, ingannano il tempo e se stessi nell’opera di Jonesco: «A proposito», chiede il capitano dei pompieri, «e la cantrice calva?». E la signora Smith, soddisfatta:  «Si pettina sempre allo stesso modo».

 

 

Giuseppe Savagnone 

 

 

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