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Vivere per Cristo – Lectio Divina su Gv 6, 51-58

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Questa domenica, solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la Chiesa medita e gioisce sul sacramento dell’Eucaristia. Le parole di Gesù, che leggiamo nel brano evangelico, suscitano sorpresa e scandalo nei Giudei perché parlano di qualcosa di inaudito: il Signore si fa letteralmente cibo per ogni uomo.

Il dono per eccellenza

Durante il tempo pasquale abbiamo meditato sulla vita divina che Cristo ci ha donato mediante la Risurrezione. A Pentecoste, abbiamo rivissuto il dono dello Spirito Santo e della presenza del Signore “fino alla fine del mondo”. Oggi questo percorso raggiunge culmine e completezza, donandoci il mezzo concreto e vitale, il corpo e il sangue di Cristo come cibo.

Pane disceso dal cielo

Nel testo c’è un chiaro richiamo alla manna, cibo sceso dal cielo per nutrire il popolo nel deserto. Questo cibo sconosciuto, totalmente gratuito, è anticipazione del “definitivo” cibo che sarà Cristo. È un dono sorprendente per l’uomo, abituato a dover lavorare per ricevere qualcosa, a dover sempre dare qualcosa in cambio. Dio, invece, ci dona un nutrimento, ci sfama e ci disseta (chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno – Gv 4,14).

Un momento atteso

Il dono totale di Gesù, il suo “abbassamento” iniziato con l’incarnazione, continuato consegnadosi ad abbandono, tradimento e morte, raggiunge il culmine nel suo diventare cibo per i suoi fratelli e amici, per la salvezza di ogni uomo.

Credere che nel pane eucaristico e nel vino ci sia la reale e concreta presenza di Gesù, capace di cambiare il nostro cuore e il nostro mondo, è un percorso difficile per il discepolo. Percepire che in quel cibo possiamo sperimentare una vicinanza estremamente intima con Lui dovrebbe rendere il momento della liturgia domenicale atteso e desiderato.

Superare lo scandalo

Le parole che oggi ascoltiamo devono essere suonate in modo estremamente forte per gli ascoltatori di religione giudaica, molto sensibili ai simboli della vita, come la carne e il sangue, la cui gestione era normata da precisi comandi di purezza. Deve essere sembrato scandaloso.

Anche per noi, oggi, ci sono degli ostacoli da superare: certamente l’indifferenza, per la quale l’immensità di questo dono non ci tocca. Ma anche noi possiamo sperimentare un certo scandalo da queste parole, sebbene sia un messaggio che non sentiamo per la prima volta.

Infatti, è difficile credere che in quel piccolo pezzo di pane è Dio stesso ad attenderci, in un appuntamento settimanale o quotidiano. È difficile percepire che ogni domenica riviviamo la presenza reale di Cristo.

Vivere di Cristo

Eppure – lo dice Gesù stesso – mangiare questo pane è fonte di vita e di salvezza. Attraverso questo gesto sperimentiamo con lui una vicinanza unica, che è fonte di dono per gli altri, dà alla vita una qualità “eterna”, ampia e stabile. Promette ulteriore vita dopo la morte. Nutrendoci di Cristo, dovremmo vivere di Cristo e per Cristo.

Una comunità di fratelli

Il cammino del discepolo è volto a raggiungere questo obbiettivo: vivere per Cristo. Questo non avviene in un percorso personale, ma nell’assemblea eucaristica. Possa la celebrazione domenicale diventare un luogo di unità, in cui ogni uomo senta attorno a sé una comunità di fratelli, a cui Dio parla. Possa l’eucaristica suscitare sempre in noi meraviglia.

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