Dal 29 Aprile al 3 Maggio i vescovi delle Chiese di Sicilia si sono recati a Roma per la visita ad limina da Papa Francesco come segno di comunione, di unità e di carità tra le Chiese dell’Isola e il successore della Cattedra di Pietro. Più specificamente, questa volta, scopo della visita era quello di fare conoscere al vescovo di Roma il cammino sinodale della regione ecclesiastica siciliana e di trovare, nel confronto con Papa Francesco e con i diversi dicasteri romani, da un lato una conferma, dall’altro nuovi stimoli per il percorso teologico-pastorale delle Chiese di Sicilia.
In questa prospettiva, il presidente della Conferenza episcopale siciliana mons. Raspanti e gli altri vescovi hanno presentato una relazione sulle diverse questioni pastorali, sociali, culturali, politiche affrontate nell’Isola e nelle singole diocesi in collaborazione con la classe dirigente, imprenditoriale e non solo. Nell’incontro tra il Papa e i vescovi sono emerse «diverse problematiche strutturali» che purtroppo ancora deturpano il volto della Sicilia, come la fuga dei giovani e di interi nuclei familiari che emigrano al Nord o all’estero per mancanza di lavoro; la persistente presenza della mafia, a cui si collega la corruzione politica (con lo scambio di pacchetti di voto); la carenza di infrastrutture, in particolare di quelle che dovrebbero garantire la viabilità;, il progressivo smantellamento della sanità pubblica da parte dei politici regionali, che favoriscono le cliniche private; la periodica distruzione del verde a causa degli incendi stagionali (prevalentemente dolosi); il dramma dell’immigrazione; l’acuirsi delle disuguaglianze sociali e economiche, che potrebbe ulteriormente accentuarsi con l’imminente realizzazione del progetto dell’Autonomia Differenziata.
Papa Francesco, dopo avere ascoltato i vescovi siciliani, ha sottolineato che solo trovando «nuovi modelli presbiterali, ecclesiologici, pastorali e un’adeguata teologia morale» sarà possibile avviare una pastorale organica, missionaria e kerygmatica capace di generare percorsi di speranza, di cambiamento e di bellezza. Il problema, peraltro, non si pone solo per le Chiese siciliane. In tutto il Meridione è urgente una presenza più incisiva dei cristiani nella sfera pubblica, sul solco dell’annuncio del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, puntando in primo luogo sulla formazione delle coscienze. In altre visite ad limina delle diverse regioni ecclesiastiche è emersa la gravità della “questione meridionale”. Come la Sicilia, altre regioni del Sud Italia sono appesantite da “strutture di peccato” che non permettono lo sviluppo economico, sociale e culturale della persona e delle città
In questo contesto, comune ad altri episcopati meridionali è la critica al disegno di legge dell’Autonomia Differenziata. Le conferenze episcopali siciliana e calabra hanno esternato «la preoccupazione che tale progetto di riforma potrebbe contribuire ad aggravare il divario tra Nord e Sud. E’ il momento che le Chiese del Meridione d’Italia diano voce ai poveri, alle fasce deboli, ai malati, ai giovani e gli immigrati per dare speranza a chi viene umiliato, maltrattato e sfruttato dai potenti di turno. Bisogna ripartire dalla luminosa testimonianza di uomini come don Pino Puglisi don Giuseppe Diana, il giudice Livatino, martiri di giustizia, di fede e di carità, per impegnarsi a liberare il popolo siciliano e meridionale dalle logiche clientelari che consente a una vechia classe dirigente di continuare a coltivare i propri interessi personali e di potere, suscitandone una nuova che abbia idee, progetti e formazione, come se la prefiguravano i fratelli Luigi e Mario Sturzo.
I cattolici siciliani potrebbero contribuire alla formazione di questa nuova classe dirigente, con l’obiettivo di costruire un progetto cristiano di società ispirato ai principi della dottrina sociale cristiana. In questo quadro dovrebbe essere ripensato in termini nuovi anche il fenomeno dei continui sbarchi di giovani e meno giovani che scappano dalle guerre presenti nei loro paesi per trovare la pace e la prosperità. È giunto il momento di costruire una teologia del Mediteranno, e in questo senso stanno lavorando professori della Facoltà teologica di Sicilia e della Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, come, tra gli altri, Anna Carfora, Sergio Tanzarella, Massimo Naro e Vito Impellizzeri. Una Chiesa che sappia sempre più ripensarsi come “ospedale da campo” deve sempre più costituire uno stimolo per una più ampia costruzione di una società meno segnata da chiusure e ingiustizie, influendo sulla cultura, sulla classe politica e sulle strutture sociali. La visita ad limina dei vescovi siciliani potrebbe essere una tappa di questo cammino.
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