Commemorazione dei defunti: l’omelia dall’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice

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In occasione della giornata dedicata alla commemorazione dei fedeli defunti l’Arcivescovo di Palermo, Mons, Corrado Lorefice, ha presieduto le Celebrazioni Eucaristiche presso la “Chiesa di Santo Spirito” , “Cimitero di Sant’Orsola” (Camposanto di Santo Spirito) e la “Cappella del Cimitero di Santa Maria dei Rotoli” : “Pregando per i nostri fratelli defunti rinsaldiamo la speranza che anche noi saremo partecipi della risurrezione di Gesù e risorgeremo anche noi in Lui, morto e risorto per noi”.

Spesso ci domandiamo se essere cristiani cambia qualcosa nel modo in cui riusciamo a vivere la vita e affrontare la morte Questa giornata, da sempre, per noi cristiani, rappresenta un invito a riflettere, un richiamo a vivere con gratitudine e consapevolezza. La fede cristiana, infatti, come afferma il nostro Arcivescovo nell’omelia, ci invita a vedere nella morte non la fine, ma un passaggio verso una vita più piena, in cui l’amore e le relazioni costruite sulla terra vengono accolte e trasformate in una dimensione eterna.

È una speranza che nasce dal mistero pasquale di Cristo, morto e risorto per l’umanità, e che offre ai credenti la promessa della vita oltre la morte. Il vescovo sottolinea anche la responsabilità di vivere una “cultura della vita”, opponendosi a ogni forma di violenza e morte, inclusi guerra e mafia, che minacciano il rispetto della vita umana.

Questo impegno ci spinge a custodire la vita in ogni sua forma, dalla nascita fino alla morte naturale, e a vedere nella commemorazione dei defunti un atto di amore e rispetto per il corpo e la dignità umana. Il messaggio dell’ omelia  di Mons. Lorefice è dunque un invito alla speranza: la nostra preghiera per i defunti è anche un’affermazione della nostra fede nella risurrezione e nell’amore di Dio, che non ci abbandona nemmeno nella morte.

Il testo dell’omelia dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice: un messaggio di speranza

«Questa è una giornata di grande preghiera per coloro che hanno lasciato questa vita – specialmente i nostri parenti e amici – e che nella fede chiamiamo i nostri fratelli e sorelle defunti. Da sempre gli uomini hanno sentito il bisogno di far memoria di coloro gli sono stati predati dalla morte. Nel Libro del Siracide si legge: «Figlio, versa lacrime sul morto, e come uno che soffre profondamente inizia il lamento; poi seppelliscine il corpo secondo le sue volontà e non trascurare la sua tomba» (Sir 38,16).

Seppellire e pregare per i defunti significa crescere nella fede del Signore risorto e rafforzare la speranza che entrino nella vita nuova della risurrezione. Far memoria dei morti è far memoria di una promessa di vita. È anche gratitudine per l’amore vissuto, nella consapevolezza che nulla di esso è perduto, ma che tutto è definitivamente salvato. Far memoria dei morti, nella fede, è far memoria che siamo fatti per avere vita in abbondanza e che siamo amati.

Questa giornata – il 2 novembre, memoria dei morti – è già in sé stessa un evangelo, una “buona notizia”. È annunzio che il desiderio di Dio e il suo progetto per l’uomo è la vita eterna, non la morte. Nel Vangelo odierno tutto questo viene messo in risalto. Dio entra in relazione con noi esseri umani non per “cacciare fuori” (v. 37), o per “perdere” (v. 39), ma per “risuscitare”, rialzare, ridare vita (vv. 39.40). Gesù che ci narra e ci mostra il volto di Dio, è stato inviato dal Padre ed è venuto nel mondo per “dare la vita”, e“ha donato la sua vita” (Gv 10,18) per dare a noi la vita. Il Nuovo Testamento ci attesta che Gesù è sceso nel sepolcro (cfr Mt 27,57-61), nel profondo della terra (cfr 1Pt 3,19) da dove ha trascinato, vittorioso sulla morte, con sé tutti i prigionieri degli inferi. Il primo uomo e dopo di lui ogni uomo è ogni donna sono strappati dal potere dagli inferi perché la morte non abbia più alcun potere su di lui.

Amati e liberati: «Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8). Con Giobbe, oggi, anche noi a voce alta, nella santa assemblea gridiamo: «Il mio redentore è vivo» (Gb 19,25). Ed è per questo che lo preghiamo e chiediamo che i nostri fratelli e sorelle defunti entrino nel ‘per sempre’ promesso da Signore Gesù: «Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,40). È per questo! Perché il nostro redentore è vivo! La nostra preghiera, oggi, come d’altronde sempre, è il segno della nostra fede in Gesù risorto.

Nell’Eucaristia, soprattutto, è presente il Signore Gesù risorto, vivo in mezzo a noi e, dunque, la nostra preghiera nell’Eucaristia ci fa crescere nella nostra fede in Cristo risorto. E proprio per questo, oggi giorno in cui ci ritroviamo per commemorare i nostri fratelli e le nostre sorelle defunte, è una giornata nella quale si rafforza la nostra speranza nella risurrezione, nel fatto che i nostri fratelli e sorelle defunti possano ereditare la vita eterna e con loro anche noi. Così oggi noi pregando per lo loro rinsaldiamo anche la speranza che anche noi saremo partecipi della risurrezione di Gesù e risorgeremo anche noi in Lui, morto e risorto per noi.

Anche la nostra vita, anche la vita dei nostri cari, anche la vita di tutti i defunti. Oggi rendiamo grazie a Dio perché siamo certi che la risurrezione è la promessa bella del Signore Gesù sulla nostra esistenza. Innalziamo anche noi le parole di Giobbe: «Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno». Le facciamo nostre queste parole, pensandole per i nostri defunti, ma pensandole anche per noi. «Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno» (Gb 19,27), perché risorgerò, perché risorgeremo a una vita nuova della felicità eterna del paradiso. Oggi preghiamo con questa fede; e, mentre preghiamo, la nostra fede, la nostra speranza si rafforzano perché pregare significa avere questa speranza e pregare significa rafforzarci in questa speranza. E, infine, questa grande preghiera è la nostra testimonianza, davanti al mondo, che crediamo in Cristo risorto, che «la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).

È la nostra testimonianza, davanti al mondo, che siamo e scegliamo di rimanere nella sequela del Signore, che rimaniamo nella sua via certi della speranza della risurrezione. Pregare per i morti è anche scelta e impegno per la vita, per portare avanti una cultura della vita, per custodirla sempre da quando esplode nel grembo di una madre a quando la consegniamo al sepolcro.  Che noi ci impegniamo a custodire i corpi, a rispettarli.

Il nostro è quello degli altri. In vita e in morte. Che noi rinneghiamo ogni forma di violenza predatoria che schiaccia ed elimina la vita. Noi rinneghiamo la pianificata della morte di ogni guerra e di ogni potere mafioso. La preghiera di oggi, come sempre, in ogni giorno della nostra vita, sia anche dire al mondo la nostra fede e la nostra speranza: «Io lo vedrò, io stesso, i mei occhi lo contempleranno». Noi lo vedremo insieme ai nostri cari defunti, e lo contempleremo per sempre nella beatitudine del Paradiso, dei Cieli nuovi e della Terra nuova».

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