di Gilberto Borghi
Faccio i miei complimenti ad Antonio Socci. In Italia siamo tutti Ct della nazionale. E soprattutto siamo tutti teologi e biblisti. Come Augias, come Scalfari, anche Socci si addentra in esercitazioni teologiche e bibliche, pur non avendone le conoscenze e gli strumenti adatti. Ma i complimenti a lui vanno fatti perché, a differenza di Augias e Scalfari, che si limitano ad usare la loro intelligenza come meglio credono, cosa assolutamente legittima, lui va oltre. Usa anche la bibbia e il magistero come meglio crede. Con una sorprendente capacità.
Qualche giorno fa Socci ha commentato un video di Papa Francesco con cui definisce l’intenzione dell’Apostolato della Preghiera della Compagnia di Gesù. Per questo mese il Papa chiede di pregare perché “il dialogo tra le religioni porti frutti di pace e giustizia”.
Non mi interessa per nulla la polemica di Socci con papa Francesco, che già da tempo, definisce come un papa non cattolico. Bontà sua. Ognuno spende il suo tempo come vuole. Siccome però sono convinto della buona fede di Socci, credo sia doveroso, per lui e per chi crede a quello che lui dice, segnalare che bibbia e magistero vanno presi per intero e non solo parzialmente, per non fargli dire tutto quello che vogliamo.
Il Papa dice: “In questa moltitudine di religioni abbiamo una sola certezza: siamo tutti figli di Dio”. Socci commenta: “Le cose non stanno così per la Chiesa. Noi cattolici infatti professiamo che tutti gli uomini sono creature di Dio, e tutti sono chiamati alla salvezza, ma figli di Dio si diventa accogliendo solo Gesù Cristo, quindi tramite il battesimo”. E qui sostiene la sua idea affermardo che “la principale certezza del cristianesimo è che Gesù Cristo è l’unico salvatore del mondo e che in Lui diventiamo anche noi figli di Dio”. L’abilità di Socci è quella di mettere in opposizione l’affermazione di Papa Francesco e l’unicità di Cristo come salvatore. Ma questo sta in piedi solo se non vediamo la bibbia per intero su questa faccenda. In Gen 6,2.4 gli esseri umani (tutti!) sono chiamati due volte “Figli di Dio”. La stessa cosa in Gv 11,52, Lc 20,36 e Rm 9,8 a meno che non si voglia dire che la salvezza non è per tutti gli uomini, cosa che pure Socci nega.
Il problema di Socci è che, per lui, l’identità del cristiano è esclusiva non inclusiva. Cioè, per lui, esiste solo se è “compiutamente” diversa dall’identità degli altri. Per essere cristiani non si può avere qualcosa in comune con altri, ad esempio, l’unicità di Dio o l’amore universale. Non si può pensare che lo Spirito possa agire anche fuori dal battesimo. È un problema di logica prima che di teo-logica. Siccome noi diciamo che nel battesimo siamo certamente raggiunti dalla grazia di Dio, allora vuol dire che chi non ha il battesimo non può essere in grazia di Dio. Dire con certezza dove è lo Spirito Santo, non equivale a dire dove sicuramente non è. E tutte le volte che qualcuno sottolinea la parte comune tra noi e altre religioni, automaticamente per Socci si cancella l’identità cristiana. Lo si vede bene alla fine del suo testo, quando cita brani della bibbia e del magistero che sottolineano solo questa “diversità”. Citando, sullo stesso piano della bibbia e del magistero, anche don Giussani.
Ma in realtà uno sguardo più largo sul magistero non fatica a leggere anche solo Nostra Aetate 2 e 5, in cui appare chiaro che “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”. È la logica di Gal 3,26-28. In cui se una persona è sotto l’azione dello Spirito Santo, per questo è figlio di Dio e vive la fratellanza universale: “Non c’è più giudeo, né greco, né schiavo, né libero, né uomo, né donna”.
Il bello è che questa è anche la logica di don Giussani: «Lo sguardo cristiano vibra di un impeto che lo rende capace di esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che si incontra, in quanto glielo fa riconoscere partecipe di quel disegno la cui attuazione sarà compiuta nell’eternità e che in Cristo ci è stato rivelato. Dove c’è coscienza chiara della verità suprema che è il volto di Cristo, nel guardare tutto ciò che si incontra si rivela qualcosa di buono. L’ecumenismo non è allora una tolleranza generica che può lasciare ancora estraneo l’altro, ma è un amore alla verità che è presente, fosse anche per un frammento, in chiunque. Se c’è un millesimo di verità in una cosa, lo affermo. Nasce così un approccio «critico» alla realtà, secondo quanto esprime san Paolo: “vagliate ogni cosa e trattenete il valore” (1Ts 5,21), il bello, il vero, quello che corrisponde al criterio originale del vostro cuore. L’avvenimento di Cristo è la vera sorgente dell’atteggiamento critico, in quanto esso non significa trovare i limiti delle cose, ma sorprenderne il valore».
In questo, sarebbe sufficiente che Socci aderisse a don Giussani sul serio, e quindi partecipasse alla preghiera che papa Francesco chiede. Mi auguro che lo faccia.
Tratto da http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=2172
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