Palermo dopo secoli ritrova la sua Sinagoga: il sogno di Evelyne diventa realtà

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Dopo più di cinque secoli dall’editto di espulsione degli ebrei dalla Sicilia, Palermo ha vissuto una giornata storica: l’antico oratorio di “Santa Maria del Sabato”, nel cuore della “Meschita”, l’antico quartiere ebraico della città, diventerà la nuova Sinagoga. Martedì 15 aprile, alle 11:30, si è tenuta la cerimonia di avvio dei lavori di restauro dell’edificio seicentesco, che sorge non lontano da via Calderai, dove un tempo si trovava la sinagoga attiva fino al 1492. Un momento carico di significato, non solo per la comunità ebraica, ma per tutta Palermo, che torna a essere luogo di incontro, accoglienza e convivenza tra fedi e culture diverse. È il segno concreto di una città che riscopre le proprie radici e che prova a sanare le ferite della storia.

Gli interventi

Il sindaco Roberto La Galla ha sottolineato l’importanza simbolica della giornata come un “riappropriarsi della convivenza civile, della tolleranza e dell’integrazione”. Ha ricordato come ci si trovi nel centro storico della città, “un tempo luogo del ghetto ebraico, anche se la parola ghetto non è la più adatta”. E ha aggiunto che “da questo luogo oggi si apre un tempo nuovo, un momento di condivisione e comunione nelle scelte e nelle prospettive, con la presenza dei rappresentanti delle comunità ebraiche, ortodossa e valdese, in un’autentica visione di dialogo inter-religioso”.

È stato l’arcivescovo Corrado Lorefice a concedere nel 2017 l’oratorio in comodato d’uso all’“Istituto siciliano di studi ebraici”, rispondendo alla richiesta di Evelyne Aouate, allora presidente dell’Istituto e figura di riferimento della comunità ebraica palermitana. Lorefice ha voluto ricordare che “nello spirito della casa comune, come la definì Giovanni Paolo II quando nel 1986 convocò ad Assisi tutte le religioni per pregare per la pace, anche oggi stiamo compiendo una scelta che, pur nella sua piccolezza, ha un valore salvifico”. Ha voluto ringraziare le figlie di Evelyne Aouate, presenti alla cerimonia, per aver proseguito con tenacia il sogno della madre.

Il rabbino capo di Napoli, Cesare Moscati, che ha partecipato alla cerimonia, ha concluso l’evento intonando “Shalom aleikhem”, canto ebraico di pace. E ha dichiarato: “È un avvenimento che segna un ritorno dopo oltre cinque secoli. Finalmente una sinagoga dove ebrei e musulmani, come accadeva un tempo, possano convivere e pregare insieme. È una rinascita”.

LE INTERVISTE

Noi torniamo qui – ha detto Noemi Di Segni, presidente dell “UCEI” (Unione delle comunità ebraiche italiane) – non solo per avere un luogo di culto, ma per ritrovare piena cittadinanza. Tornare a pregare qui, dove c’erano le nostre radici, è ritornare parte della città. Palermo è sempre stata un crocevia di culture. Questa sinagoga è un simbolo vivo di dialogo e incontro”.

Nei tempi in cui ci si chiude– spiega Maurizio Carta, Assessore alla rigenerazione urbana del Comune di Palermo-, in un momento storico segnato da guerre, Palermo dà un segnale forte: la riapertura della sinagoga è un messaggio di speranza, di dialogo interreligioso, di convivenza ancora possibile. Un gesto che avrà ripercussioni positive anche sulla ricreazione dell’antico quartiere ebraico della Meschita, nel cuore della città”.

Un progetto nato dal basso, sostenuto da volontà e dedizione. Gli architetti Giovanna Marcenò, Francesca Italiano e Antonio Di Cristina, che curano gratuitamente il progetto, hanno raccontato come tutto sia cominciato nel 2017 con scope e palette per ripulire l’oratorio. “Avevamo risorse irrisorie – ha ricordato Marcenò – ma l’obiettivo era chiaro: restituire alla città una sinagoga, un luogo dove riconoscersi. L’ingresso sarà un punto di accoglienza e studio, essenziale, in linea con lo spirito ebraico. Ci sono ancora tante difficoltà, ma siamo felici di poter garantire un luogo in cui gli ebrei possano ritrovare la loro identità”.

Il centro ospiterà anche un centro studi ebraici, destinato ad accogliere ricercatori e studiosi da tutto il mondo. Un aspetto centrale, secondo Luciana Pepi, attuale presidente dell’“Istituto Siciliano di Studi Ebraici” di Palermo: “È un evento importantissimo, una speranza concreta di convivenza tra popoli di fede diversa. È anche un atto riparatore verso una comunità che ha subito un’ingiustizia storica”. Un sogno che Evelyne Aouate aveva coltivato per anni, e che oggi si fa concreto grazie alla determinazione di chi ha creduto che fosse possibile.

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