Il silenzio dei crocifissi di Gaza ci giudica

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Foto di Gianna B su Unsplash

Che cosa racconta una foto

Sta facendo il giro del mondo la foto della giornalista Samar Abu Elouf, premiata come World Press Photo of the Year, che ritrae un bambino di nove anni, Mahmoud Ajjour, mutilato di entrambe le braccia per le ferite riportate mentre, con la sua famiglia, cercava di fuggire da un bombardamento israeliano a Gaza City, nel marzo 2024. «È una foto silenziosa, ma che parla in maniera molto forte», ha detto la direttrice esecutiva di World Press Photo.

Vale la pena di chiedersi che cosa questa immagine, col suo silenzio, ci comunica. In primo luogo, essa, come ha dichiarato Andrea Iacomini, portavoce dell’UNICEF Italia, «è un simbolo potente della tragedia immane che stanno vivendo i bambini e le bambine nella Striscia di Gaza.

I dati ci dicono che oltre 34.000 bambini palestinesi sono stati feriti dall’inizio delle ostilità», e molti di loro resteranno menomati, come Mahmoud, per tutta la vita. Senza parlare delle ferite, più difficili ancora da rimarginare, lasciate dai traumi subiti.

E loro sono i sopravvissuti. I dati presentati dal ministero della sanità palestinese sono impressionanti: 15.613 minori, di cui 4.110 sotto i 5 anni, sono stati uccisi dagli attacchi dell’esercito israeliano.

Il dramma dei minori si inserisce in quello, più ampio, della popolazione civile di Gaza. Intanto per il numero dei morti e dei feriti. Tra il 7 ottobre 2023 e il gennaio 2025 per persone uccise sono state quasi 47mila.

Il dato è del ministero della Salute palestinese, continuamente contestato da Israele, che però – notano gli osservatori – non ha mai fornito numeri alternativi né tanto  meno consentito indagini indipendenti.

Ma ci sono anche le tantissime “morti indirette” – bambini vittime di denutrizione e di freddo, persone ferite e malate decedute per mancanza di medicine e di cure mediche  – provocate dall’embargo imposto da Israele su viveri, medicine e fonti energetiche per colpire la popolazione e costringere così Hamas a rilasciare gli ostaggi ancora nelle sue mani. Inoltre un bersaglio prediletto degli attacchi israeliani sono stati gli ospedali.

Dall’inizio della guerra ne sono stati colpiti trentacinque. Alcuni, come l’ospedale Kamal Adwan è stato raso al suolo, mentre gli ospedali Al Shifa, Al Awda e Indonesian sono gravemente danneggiati e solo parzialmente funzionanti. I team di Medici senza frontiere, giunti sul posto, hanno trovato tutti i macchinari medici dell’Indonesian hospital deliberatamente distrutti per impedirne qualsiasi utilizzo e rendere impossibile la fornitura di cure.

Per indicare tutto questo si è a lungo disquisito sulla proprietà o meno del termine “genocidio”.  Ma,  quale che sia il nome utilizzato,  è evidente che siamo davanti al massacro indiscriminato di un popolo. E i reiterati inviti rivolti ai superstiti dal governo israeliano   perché scelgano “liberamente” di lasciare la loro terra, non può non suonare come un evidente ricatto.

I tanti crocifissi della storia

Di questa realtà spaventosa parla la foto del piccolo Mahmoud Ajjour, nove anni e una vita distrutta, che ci viene posta sotto gli occhi  in questi giorni dedicati dall’Occidente cristiano alla celebrazione della Pasqua. E che ci ricorda che  la passione di Gesù non si è conclusa nel 30 d.C., ma si prolunga in quella di tutti i crocifissi della storia.

Non solo, certamente, di quelli palestinesi. C’è il dramma degli ostaggi israeliani  – molti giovani – nelle mani di Hamas ormai da un anno e mezzo, in condizioni di vita rese  disumane  dalla crudeltà dei loro carcerieri e dalla minaccia  quotidiana del “fuoco amico” dei loro connazionali.

Senza dimenticare le vittime – uomini, donne, bambini – delle barbare uccisioni e delle inaudite violenze del 7 ottobre 2023.

E crocifissi sono stati anche i poveri abitanti di Bucha, la piccola città alle porte di Kiev in cui sono stati trovati abbandonati per strada e sepolti in fosse comuni  i corpi senza vita centinaia di innocenti civili, alcuni con le mani legate, giustiziati con colpi di arma da fuoco alla nuca dagli invasori russi.

In Ucraina, secondo l’Ufficio dei diritti umani dell’ONU, tra febbraio 2022 e il 31 dicembre 2024 sono stati uccisi dagli attacchi russi almeno 12.456 civili, tra cui 669 bambini; e 28.382, di cui 1.833 minori, sono rimasti feriti. Per non parlare dei circa 20mila bambini ucraini rapiti e deportati in Russia, sottraendoli alle loro famiglie e alla loro patria.

L’ultimo drammatico massacro di civili si è verificato nella città di Sumy, la scorsa domenica delle Palme, quando due missili russi hanno ucciso 34 persone, tra cui due bambini, all’uscita dalla messa. Altre 120 persone sono rimaste ferite.

Un inquietante doppio standard

Non può non colpire, però, un’inquietante differenza tra questi ultimi casi  di assurda violenza e quelli riguardanti Mahmoud e la gente di Gaza. Di fronte ad essi la comunità internazionale è stata unanime nell’esprimere la sua indignazione e la sua condanna.

La Russia, a causa di questi crimini, è stata oggetto di pesantissime sanzioni economiche, di un totale isolamento politico e di una ghettizzazione che ha determinato perfino l’esclusione dei suoi atleti disabili dalle paraolimpiadi. E nessuno (tranne la Mongolia) si è sognato di mettere in discussione il mandato d’arresto spiccato  nel marzo 2023 dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del presidente Putin per «crimini contro l’umanità».

Anche di fronte al drammatico episodio di Sumy, tutti i leader europei hanno espresso la loro indignazione. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha parlato di un «attacco barbaro» e la premer italiana Giorgia Meloni ha denunciato il fatto come «un altro orribile e vile attacco russo».

Il G7 – che raccoglie i grandi paesi democratici più industrializzati – ha preparato un comunicato di condanna, che non ha visto la luce solo perché bloccato dalla mancata firma degli Stati Uniti.

Nulla di simile si è verificato nei riguardi di ciò che sta accadendo ogni giorno, da un anno e mezzo, a Gaza, e di cui telegiornali quotidianamente mostrano le immagini strazianti. Nessuna condanna internazionale per Israele, nessuna sanzione, nessuna esclusione.

E le manifestazioni pro-Palestina sono state bollate come espressioni di un pericoloso rigurgito di antisemitismo, accettando senza riserve l’identificazione – fatta dal governo Netanyahu e avallata dai capi delle comunità ebraiche della diaspora (prima fra tutte la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi di Segni) – fra la linea del governo di Tel Aviv e la causa dell’ebraismo. Il G7 non ha mai neppure provato a scrivere un documento contro le stragi dell’esercito israeliano.

Anzi, anche di fronte al mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del premier ebraico e del suo ministro della guerra, sempre per «crimini contro l’umanità», si è registrata una diffusa resistenza da parte di governi come quello inglese, francese, tedesco e italiano.

Quello degli Stati Uniti è addirittura arrivato a  emanare delle sanzioni contro di essa, in risposta alla condanna di Netanyahu. Un atto estremo che ha dato luogo  a una lettera di protesta degli Stati occidentali europei, che l’Italia però si è rifiutata di firmare. Del resto, il nostro governo ha ospitato lo scorso febbraio il presidente dello Stato ebraico, Isaac Herzog, esprimendogli la piena  e incondizionata solidarietà di Roma.

Giustificazioni insostenibili

Non sono mancati i tentativi di giustificare questo clamoroso doppio standard. L’argomento fondamentale, ossessivamente ripetuto, è che non si possono mettere sullo stesso piano aggrediti e aggressori.

Di fronte, poi, all’obiezione che ad essere massacrati non sono solo gli aggressori, i terroristi di Hamas, ma i civili palestinesi, si risponde che in realtà questi sono complici di Hamas, perché ne accettano il governo. O, in alternativa, che quando dei civili vengono usati come scudo umano, come in questo caso, il loro sacrificio è un inevitabile danno collaterale. 

Nessuno di questi argomenti regge a un esame razionale ed è stupefacente che continuino ad essere ancora portati da persone che dovrebbero avere un minimo di senso critico.

Quanto al primo, ferma restando la condanna nei confronti chi aggredisce, l’etica e il diritto internazionale vietano la violenza contro i civili in modo assoluto, a prescindere dalle responsabilità dei loro governi.

Altrimenti le foibe sarebbero giustificabili come reazione dei partigiani di Tito all’invasione fascista della Jugoslavia.

Per di più, Hamas non è neppure l’espressione del popolo palestinese. Chi lo sostiene, dovrebbe rinunciare a definirlo, come invece continua a fare, un gruppo terroristico, e definirlo un potere democratico.

Quanto infine alla teoria degli scudi umani, è esattamente quella chiamata in causa dal Cremlino per giustificare il massacro di Sumy. Il ministero della Difesa di Mosca asserisce di aver «colpito con missili Iskander il sito dove era in corso una riunione del comando» di un’unità dell’esercito ucraino, il gruppo tattico operativo Seversk, e accusa l’Ucraina «continuare a usare la popolazione come scudi umani, posizionando installazioni militari o organizzando eventi con la partecipazione di militari nel centro di una città densamente popolata».

Tesi peraltro confermata implicitamente da Zelenskij, che ha destituito Volodymyr Artyukh, capo dell’amministrazione statale regionale di Sumy, per aver organizzato la domenica delle Palme un raduno di militari per una cerimonia di consegna di medaglie ai soldati della 117ma Brigata.

Non risulta, tuttavia, che questa circostanza abbia minimamente attenuato la condanna per il massacro dei civili operato dai missili. E non si vede perché l’argomento debba valere per la distruzione a tappeto di intere città e il massacro dei loro abitanti allo scopo di colpire i nemici che ci si annidano.

Nel caso di Gaza, poi, non si regge neppure la tesi degli scudi umani. Scrive il quotidiano israeliano Haaretz: «Non è più una guerra, ma un assalto sfrenato ai civili. In assenza di veri obiettivi militari, Israele sta conducendo un’offensiva sconsiderata contro coloro che non sono in alcun modo coinvolti nella lotta (…) Ciò che accade non è guerra, ma attacco sfrenato contro persone che non sono coinvolte in questa guerra».

Ci sono degli episodi in cui questa furia distruttiva dell’esercito israeliano appare evidente. È il caso del massacro, il 23 marzo scorso, dei quattordici operatori sanitari della Mezzaluna Rossa uccisi dall’esercito israeliano mentre si recavano a portare aiuto alla popolazione di Rafah.

In un primo tempo la versione del governo di Tel Aviv era stata che si era trattato di un errore, determinato dal fatto che i veicoli su cui gli operatori viaggiavano erano senza luci e dunque sospetti. Un video pubblicato dal New York Times ha smentito clamorosamente questa versione, mostrando che durante l’attacco le ambulanze avevano i lampeggianti in funzione ed erano pienamente riconoscibili.

Ma la conferma decisiva e più tremenda che si era trattato di un’aggressione lucidamente voluta è venuta dall’autopsia dei corpi, da cui è risultato che i sanitari sono stati giustiziati, dopo essere scesi dalle ambulanze, da colpi al capo e al petto.

Anche loro crocifissi, anzi loro più simili che mai a Cristo, nella sua passione, perché stroncati spietatamente mentre cercavano di aiutare i loro fratelli sofferenti. Nel silenzio assordante dei governi e dell’opinione pubblica occidentale, che non hanno notato nulla di sbagliato.

I vangeli raccontano che il governatore Ponzio Pilato, per motivi politici, pur vedendo l’innocenza di  Gesù, lo abbandonò alle mani dei suoi aguzzini, lavandosi pubblicamente le mani per indicare la sua estraneità a quanto avveniva. Iesus autem tacebat: Gesù intanto restava in silenzio. Ma il suo silenzio era un tacito giudizio. E lo è, nei confronti di un Occidente che continua a celebrare la Pasqua,  quello dei nuovi crocifissi di fronte a cui noi distogliamo lo sguardo, fingendo di non vedere.

2 replies on “Il silenzio dei crocifissi di Gaza ci giudica”

  • Carissimo prof
    Sono su tutto d’accordo. Del resto Lei non dice nulla di diverso rispetto a quello già risaputo dai TG .
    Ma c’è un problema.
    Un problema che è una omissione. Per rimanere nel tema del silenzio internazionale e del suo silenzio rispetto ai crocefissi (che non possono parlare..) ricordo che nei nostri esami di coscienza diciamo: “ho molto peccato in pensieri opere e OMISSIONI”. Pertanto l’omissione comporta una conseguente alterazione della realtà dei fatti riferita in modo incompleta e quindi falsa, anche se narrazione sicuramente attuata in modo involontario.
    Lei non dice che se Hamas si ritirasse da Gaza lasciando il governo della striscia ad Abu Mazen, legittimo presidente palestinese, la “follia” israeliana cesserebbe. Lei non dice che se Hamas liberasse tutti gli ostaggi prima di ritirarsi da Gaza la “follia” di Israele,( ben da Lei descritta con ricchezza di particolari,), cesserebbe immediatamente.
    Lei non dice che alleati di Hamas sono gli Houti dello Iemen, gli Hezbollah del Libano, l’Iran ed altre forze terroristiche (ancora fuori controllo) della Siria. Lei non dice che per l’Iran e i suoi alleati sopracitati la cancellazione di Israele e di tutti gli ebrei del mondo, già tentata ai tempi della loro alleanza con Hitler, è lo scopo della loro vita in quanto l’unica possibilità per continuare loro a potere vivere felici sul pianeta terra. Lei non dice che l’ Iran si sta dotando della bomba atomica per potere attuare finalmente il piano della fine di Israele e la morte di tutti gli ebrei. Per quale motivo allora da decenni tutti i presidenti americani hanno cercato di fermare la produzione dell’arma atomica in Iran? Lei non dice delle violenze perpretate da Hamas contro gli stessi civili palestinesi di Gaza che osano ribellarsi al loro strapotere!! Lei non ha scritto delle coraggiosissime manifestazioni popolari dei palestinesi di wuesti giorni contro Hamas represse con la violenza e le minacce di morte. Eppure il tempo del libro dei Re nominati da Dio nell’antico testamento per governare il popolo forse la autorizza a cancellare più di 2000 anni di storia della civiltà umana giunta oggi a comprendere che la DEMOCRAZIA è una forma di governo più vicina al bene comune voluto dal Vangelo rispetto alla dittatura e al terrorismo ? Non dovrebbe Lei insegnare e promuovere i valori della DEMOCRAZIA rispetto alla dittatura e ai governi teocratici? Perché allora non cita ad esempio il silenzio delle donne dei talebani carcerate in casa costrette a subire la violenza dei maschi ?
    Perché cita solo Ucraina e Gaza e non cita le altre 57 guerre presenti oggi nel mondo dovute allo scontro tra i crescenti totalitarismi diffusi in tutto il mondo e il disperato tentativo di chi non vuole rassegnarsi a subire la violenza politica autarchica secondo la legge del più forte( homo homini lupus)? La violenza politica della dittatura si basa sull’incutere paura a chi fa opposizione esattamente come la mafia con le minacce di morte cerca di mettere a tacere le persone che vorrebbero vivere onestamente secondo i valori democratici secondo i diritti umani che hanno il loro fondamento nel vangelo.(Giusto per tornare alla Parola di Dio). Non sta a me ricordarLe le stragi di civili avvenute sotto le dittature in Russia, in Cina, nell’exiugoslavia, in Ruanda , in Polonia. in Ucraina ecc…. ecc…
    Ci aiuti allora Lei che è professore ad educarci ai veri valori democratici. Siamo impotenti in realtà più che distogliamo lo sguardo… Anzi lo sguardo ce lo propinano tutti i giorni !!
    Allora l’esame di coscienza facciamolo piuttosto sulla nostra vita. Se abbiamo perdonato il vicino di casa che ci ha calunniato, l’amico che ci ha tradito, se abbiamo visitato il carcerato o il malato, vestito gli ignudi, dato da mangiare agli affamati, consolato gli afflitti, portato pace in zone di odio ecc… ecc…
    Grazie sempre per i suoi stimoli intellettuali e buona giornata.
    🙏❤️

    • Caro dott.Bartoli, lei mi chiede perchè non denuncio tutti i mali del mondo e mi limito a perlare di uno, concreto, che ci sta ogni ogiorno davanti agli occhi. Noin credo sia ipocrisia, ma solo la materiale impossibilità di affrontare in uno spazio limitato l’immensa massa di ingiustizie e di problemi che lei enumera. Di molte di quete cose ho parlato in altri chiaroscuri. Se poi in questo caso insisto sulle responsabilità di Israele e dell’Occidente, è perchè la condanna di Hamas è ripetuta continuamente senza problemi da tutti i governi e gli organi di stampa, mentre quella di Tel Aviv no. Facciamo così: quando la premier Meloni riceverà il capo di Hamas con tutti gli onori ede esprimedogli piena solidarietà, senza un cenno di critica al suo operato – come ha fatto col presidente israeliano Herzog – dedicherò il mo chiaroscuro a denunziare questo comportamento con la stessa intensità con cui oggi denunziao quello opposto..

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