La prima domenica dopo Pasqua è detta domenica “in albis” o, più propriamente, “in albis deponendis” o depositis”, perchè in quel giorno i battezzati deponevano l’abito bianco indossato durante il battesimo.
Il suo significato pertanto ci introduce nel rinnovo delle promesse battesimali e nella testimonianza della “buona novella” affidata a ciascuno di noi: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi”.
La liturgia della parola di questa domenica è tratta dagli Atti degli apostoli (5,12-16), dal libro dell’Apocalisse (19,11-19), dal Salmo 117, e dal vangelo di Giovanni (20,19-31).
Ci sono in ognuna di queste letture, brevissime pericopi che aiutano non solo a interpretare la Parola, ma a renderla viva, a orientare così la nostra quotidianità.:
“Portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro” (prima lettura)
“Non temere, io sono il Primo, e l’ Ultimo, il Vivente, ero morto ma ora vivo per sempre” (seconda lettura)
“Il suo amore è per sempre” (salmo)
“Mentre erano chiuse le porte, venne Gesù” (vangelo)
È l’evangelista Giovanni a dare la chiave di lettura del messaggio di oggi. Abbiamo letto il giorno di Pasqua di un sepolcro miracolosamente aperto, perché era stato tolto il masso che ne serrava l’ingresso; oggi ci troviamo invece davanti a porte chiuse, con i discepoli paralizzati dal terrore. Ed ecco che in quella comunità viene Gesù e rimane tra loro e sembra dire: “Non temere io sono qui, ero morto ora vivo per sempre”.
Gesù risorto viene nel chiuso del nostro cuore, il santuario che preferisce, per sussurrare nel nostro silenzio la sua grande misericordia, per togliere i timori che frenano le nostre vite, o che ci immobilizzano nell’indifferenza, o ancora ci fanno distogliere lo sguardo dal vero; Gesù teneramente, nel chiuso di quel luogo, compie tre gesti di amore per confermare la sua Resurrezione: parla, mostra le ferite, infonde lo Spirito.
“Shalom” dice ai suoi, che è l’augurio più bello che un Re possa dare. L’aveva detto loro prima: “Vi do la mia pace”:chi supera la paura, chi si sente protetto e al sicuro gode infatti della vera pace, quella che non ha bisogno di essere gridata, ma accolta e che rende noi “uomini di pace”, disponibili cioè all’ascolto, al dialogo e al perdono.
In seguito mostra le ferite inferte con la crocefissione, perché sono proprio quelle la prova tragica del dolore e della sofferenza dell’uomo-Dio offerti per tutti.
Infine “soffia un alito” che tanto ci fa ricordare il libro della Genesi (2,7); Dio nella creazione soffia nelle narici per dare il respiro – “soffiò su di loro l’alito della vita” -, ora soffia la pienezza del Suo Spirito e della vita nuova e attesa, rinata dalla morte.
L’incontro non si conclude, ma viene rimandato, perché quel giorno mancava Tommaso uno dei suoi che pertanto non ha ricevuto il soffio divino, non ha accolto lo shalom di quella sera e non ha toccato le ferite.
Così Gesù torna ancora tra i suoi, forse proprio per cercare Tommaso e farsi trovare da lui, “pecorella smarrita” incredula in un mondo di razionalità, troppo piccolo per comprendere una rivoluzione così grande
Tommaso è passato alla storia come l’incredulo, biasimato da chi ha la grazia di credere. “Se non vedo il segno dei chiodi …non credo” dice esplicitamente e con convinzione ai compagni, ascoltando il loro racconto del precedente incontro.
È infantile Tommaso, fa tanta tenerezza; la sua, appare la logica del bambino che cerca l’evidenza del tatto “Come bambini appena nati, desiderate il genuino latte spirituale: vi farà crescere verso la salvezza”, dice l’Antifona d’ingresso; tutti somigliamo a Tommaso, abbiamo bisogno di toccare la realtà con i nostri sensi per comprendere, dalla sensorialità ci perviene il vero, Gesù sa bene questo e non si sottrae alla prova: esalterà i sensi di Tommaso, gli aprirà gli occhi e soprattutto la sua mente. Gesù mostra a Tommaso i segni della sua morte e così anche su di lui scende lo Spirito vivificatore.
“Mio Signore e mio Dio” dice Tommaso, è un atto battesimale, di confermazione, un “Sì” pronunciato con la voce forte di chi crede non a un dio qualsiasi che vuole olocausti, ma al “Mio Dio” che vuole conoscermi, che viene nella mia vita, che sana le ferite con l’amore, che conosce le mie incertezze, che mi sostiene e che mi ama. Ecco, la rivoluzione è arrivata anche per Tommaso dopo otto giorni di smarrita speranza.
È Il nuovo battesimo che purifica il suo essere testimone e lo rende beato con tutti coloro che, pur non essendo in quel luogo ,hanno creduto e continuano a credere.
Tommaso e gli altri andranno per le vie del mondo testimoni della potenza di una verità nuova e buona, passeranno per tante vie tra grano e zizzania, tra gente incredula e cinica, ma anche tra gente bisognosa di guarigione nel corpo e nell’anima, che si accontenterà della sola ombra di Pietro per avere ristoro
Fermiamoci anche noi ad accogliere lo shalom, a sentire il soffio dello Spirito, a ammirare la meraviglia della resurrezione, sicuri del “sarò con voi fino alla fine dei tempi”, e saremo anche noi testimoni tra i poveri nelle piazze, tra gli ammalati su lettucci e barelle, nelle periferie delle città, tra uomini spenti senza sorriso e senza speranza, poveri di tutto o al contrario ricchi del nulla, perché anche la nostra ombra possa rischiarare il loro cammino.
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