di Valentina Chinnici
No, non è una domanda retorica negativa, ossia una lamentazione sul fatto che ormai la scuola non interessa a nessuno. Siamo in campagna elettorale e tutti i programmi di partiti e coalizioni dedicano una voce, più o meno estesa, più o meno raffazzonata, alla scuola e all’istruzione in generale. Si ha tuttavia l’impressione che si tratti di un riferimento “dovuto”, di cui si farebbe volentieri a meno. Sicuramente la scuola non è una priorità nelle famigerate “agende” dei nostri politici. La priorità è l’economia o, quantomeno, il vagheggiato “risanamento dei conti pubblici”, in relazione al quale la scuola non può che apparire come un imbarazzante buco nero, un grosso capitolo di spesa, un’emorragia di denaro pubblico da arginare, paradossalmente, a sciabolate. Guai però a non riservare stereotipate parole di circostanza al capezzale della scuola moribonda, variazioni sul tema del tipo “la scuola è fondamentale; un paese cresce solo con l’istruzione; bisogna investire sulla scuola e sulla formazione”. A parole, insomma, tutti d’accordo. Un po’ come su quell’“investire sui giovani che sono il nostro futuro”. Chi non lo sottoscriverebbe? E i risultati, infatti, si sono visti.
La scuola però interessa, eccome, quando dobbiamo iscriverci i nostri figli. Lì si diventa tutti esperti di classi, sezioni e professori, offerte formative, Pof e laboratori aggiuntivi. Quello è il momento in cui si compila il formulario dell’iscrizione con i nomi delle sezioni prescelte, e si attende con trepidazione il responso della segreteria: sezione A, B o C? E nella sezione migliore entreranno solo i raccomandati o faranno le cose pulite?
Altro momento topico di interesse per la scuola è il rituale dell’occupazione, immancabile e sempre più anticipata come i saldi di Natale. Occupano, dis-occupano, fanno autogestione o assemblea permanente? E che fine faranno i ragazzi di maturità? Ed ecco, appunto, l’ultimo argomento degno di attenzione mediatica: gli esami di Stato. Da quando ho memoria di un Tg mi pare di aver visto sempre lo stesso servizio, con lo psicologo che impartisce consigli per placare l’ansia e dormire bene, il nutrizionista che avverte di mangiare poco e spesso, e il totomaterie con annesse interviste a studenti spacconcelli o realmente emozionati. Questa è la scuola, la scuola del folclore e dei luoghi comuni, degli insegnanti che “è vero che hanno stipendi da fame, ma è pur vero che lavorano poco e hanno due mesi di vacanze all’anno”. Poi c’è la Scuola, quella che segna e scandisce l’esistenza dei nostri ragazzi, nel bene e nel male, cercando di attrezzarli alla Vita, al mondo di oggi così veloce e complesso. Talmente complesso che ogni giorno di scuola è una sfida impari, con armi spuntate, e non c’è insegnante che non pensi, sempre più spesso, che anche a lui piacerebbe “dimettersi”, perché costa immensa fatica far viaggiare Pitagora e Leopardi al passo col mondo, nel chiuso delle aule.
Eppure, oggi più che in passato, c’è necessità assoluta di professori appassionati e motivati, che come Arianna affidino ai nostri fragili Teseo il lembo di un filo da dipanare nel labirinto insensato del quotidiano, per sconfiggere insieme qualunque Minotauro. Nell’interesse, appunto, di tutti.
{jcomments on}
Lascia un commento