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“Chi ama sa attendere” – Lectio Divina su Matteo 25, 1-13

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1Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.9Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

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Di Rebecca KennisonOpera propria, CC BY 2.5, Collegamento

Le ultime domeniche dell’anno liturgico ci orientano verso le realtà escatologiche attraverso tre parabole: la parabola delle dieci vergini, la parabola dei talenti e quella del Figlio dell’uomo che torna alla fine dei tempi.

La parabola è presentata come manifestazione del Regno di Dio: è un richiamo alla conversione del cuore, a non considerare il giudizio come l’ultimo atto finale della storia, ma a ricordarci che il Regno è già in atto e che alla fine dei tempi avverrà solo la proclamazione di ciò che noi, giorno per giorno, scegliamo nella nostra vita rispetto all’olio per le nostre lampade, ai talenti ricevuti, al prossimo che ci è affidato…

Tra le righe del vangelo odierno possiamo vedere la delusione per il mancato ritorno del Signore, della parusia, della comunità matteana cui l’evangelista risponde guidandola a fissare lo sguardo sul vero nocciolo: come prepararsi alla sua venuta e vivere l’attesa nella certezza che verrà, anche se non sappiamo il come e il quando.

La parabola ha come sfondo un banchetto di nozze, come protagonista Cristo, lo sposo, e le dieci vergini, immagini della Chiesa, la comunità dei convocanti a uscire incontro allo Sposo. La metafora delle nozze è una tra le più ricorrenti nell’AT e il brano si rifà alla prassi nuziale ebraica; il corteo della sposa è rappresentato da cinque vergini “sconsiderate” e cinque “che sanno vivere”.

Cinque sono stolte perché non hanno previsto il ritardo dello sposo, non hanno preso abbastanza olio e durante l’attesa, invece di andare a provvederne, si sono addormentate. Le sagge portano con loro l’olio, ma a prima vista non sono diverse da quelle stolte, perché anch’esse si addormentano. Ad ognuna delle fanciulle è data una grazia, che alla fine dovrà essere rendicontata; la lampada è il segno della fede vigilante mentre l’olio nei vasi è il vero segno di differenza: nella Bibbia è espressione di ospitalità e intimità, ma anche simbolo messianico, utilizzato per il Re-Messia. L’olio poi è il segno delle opere giuste, che permettono di avere accesso al Regno di Dio e nel contesto della parabola sono simbolo di perseveranza fino all’arrivo dello Sposo. Infatti, non basta essere invitati al banchetto, occorre anche essere sapienti attingendo all’olio dell’impegno. La parabola ci presenta il tardare dello Sposo utilizzando lo stesso verbo del padrone di casa che non arriva (cfr. Mt 24, 48, anche in quel caso i servi sanno che il padrone verrà ma non sanno quando) per sottolineare il tempo lungo dell’attesa e la sorpresa di una venuta imprevedibile. Tutte le vergini “si assopiscono”, allusione alla morte, ma vengono destate dal grido, al termine della notte, che annuncia finalmente l’arrivo dello Sposo. Le vergini “si destano” – è il verbo della resurrezione di Cristo –, sono resuscitate e preparano le lampade. La resurrezione diviene così determinante nella separazione delle vergini. Le vergini stolte chiedono l’olio a quelle sapienti, che rispondono con un secco no! Apparentemente sembrano mancare di carità, in realtà manifestano l’impossibilità di prestare il “personale” – l’amore, la passione, il desiderio…– a qualcun altro. Le vergini sapienti hanno alimentato giorno dopo giorno la lampada del cuore con l’olio dell’amore, un amore fedele, capace di aspettare senza spegnere l’attesa. L’olio è stato dato a tutte, ma la stoltezza delle vergini è nella loro incapacità di amare e di attendere l’amato, tenendo insieme presente e futuro. L’arrivo dello Sposo e la chiusura delle porte determina una situazione definitiva. E anche l‘accorata richiesta da parte di alcune di aver aperto la porta non può essere accolta, perché la sentenza è già stata preannunciata in maniera definitiva dallo sposo. “Io non vi conosco”, è la stessa formula utilizzata da Pietro nel rinnegare Gesù (Mt 26,74). Le vergini stolte sono respinte dalle loro compagne e dallo Sposo. Ed ecco la conclusione che riprende tutto il discorso escatologico: “vigilate perché non conoscete né il giorno né l’ora”, per questo occorre lavorare con impegno instancabile, come se la venuta avvenisse adesso e sempre.

Attendere è un’arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato. Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all’apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse. Chi non conosce l’aspra beatitudine dell’attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell’adempimento” (D. Bonhoeffer)

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