Partecipare alla Pasqua è realizzare l’incontro degli incontri, quello con il Risorto.
Già adesso, nella nostra vita quotidiana possiamo vivere senza separare il tempo “nostro” dal tempo “di Dio”: Vivere oggi alla divina Presenza. C’è una pienezza di vita che non può essere rimandata al passaggio dal tempo all’eternità.
Se c’è da mettersi in cammino verso Dio o prendere la via del ritorno, il tempo della Quaresima è il tempo forte che la Chiesa addita a tutti i cristiani come favorevole alla rinascita spirituale. Tempo di digiuno, di elemosina e di preghiera.
La nostra opera come monaci nel mondo è la preghiera e Il nostro padre Benedetto ci scrive invitandoci a “ruminare” in questo tempo una frase di Aristide Marciano, filosofo greco, vissuto ad Atene intorno al 140, convertitosi alla fede cristiana e riconosciuto santo: «è per la preghiera dei cristiani che il mondo sussiste».
Per rendere efficace questo esercizio padre Benedetto ha raccolto a nostro aiuto alcuni stralci della predicazione del padre don Divo che ne spiegano il senso e l’importanza.
«Tutta la vita del mondo dipende dalla mia preghiera. Questo è il mio lavoro. Possiamo sentirci e dobbiamo sentirci miseri, poveri, incapaci di tutto; eppure questo sentimento della nostra povertà, della nostra incapacità non ci deve impedire di conoscere che noi siamo chiamati ad essere coloro dai quali tutto dipende.
Certo non dipende tutto da noi in quanto siamo separati da Cristo, ma in quanto siamo una sola cosa con Lui, in quanto noi dobbiamo vivere la sua medesima vita, vivere il suo stesso mistero.
Questo lo dicevano già i primi cristiani. Aristide diceva: “se il mondo sussiste è per la preghiera dei cristiani”, lo diceva millenovecento anni fa.
Diceva la Lettera a Diogneto: “Sono i cristiani l’anima del mondo”. Senza l’anima il corpo muore, così senza i cristiani il mondo non sarebbe più.
Questa è la nostra vocazione: essere veramente dei cristiani, essere in Cristo, vivere la sua medesima vita, il suo stesso mistero» (Esercizi 1958).«Vi rendete conto di questo? Di quanto sia vero quanto diceva Aristide, uno dei primi apologeti cristiani, il quale scriveva nel 140: “È per la preghiera dei cristiani che il mondo sussiste”; è per la presenza, non direi nemmeno per la preghiera, ma per la presenza dei cristiani che il mondo è.
Togliete i cristiani al mondo, la Chiesa al mondo: il mondo è il mondo dei dannati, anche se non se ne rende conto. Il processo dell’umanità senza la Chiesa è questo precipitare di abisso in abisso verso la sua dannazione finale.
Non c’è nulla che salvi, quando non è la parola di Gesù che chiama.
Dobbiamo renderci conto che questa è la condizione dell’uomo senza la parola di Dio. La parola di Gesù è la parola che risuscita, che dona la vita; senza questa parola il mondo è un cimitero…
Dio agisce attraverso questa umanità, e ora che questa umanità si è sottratta a questo mondo visibile e che siamo noi presenti, noi che siamo le membra del suo corpo, Egli agisce attraverso di noi» (Esercizi 1963).«…ecco che cosa facciamo col Breviario, che cosa facciamo con la Messa: preghiamo!
Ma pregare vuol dire realizzare l’essere nostro, l’essere ultimo del mondo. Ha ragione Aristide, uno dei primi scrittori cristiani, che ha scritto la sua apologia prima di ogni altra, verso il 130, dopo pochi anni dalla morte di san Giovanni.
Ebbene in questa Apologia Aristide ci dice: “È per la preghiera dei cristiani che il mondo sussiste”. Il sussistere del mondo, il tendere del mondo alla sua perfezione dipende da questa collaborazione dell’uomo con Dio che è la preghiera… la preghiera non consiste nel recitar delle formule, consiste nel vivere il colloquio del Figlio al Padre, quel colloquio che implica un ordinamento di tutto l’essere nostro a Dio; per questo può esser preghiera anche il nostro lavoro, per questo può esser preghiera anche la nostra sofferenza; …preghiera è soltanto in questo ordinarci, è questo vivere in rapporto, è questo entrare in comunione. Ecco che cos’è la preghiera e nulla è più alto di essa» (Esercizi 1964).«Nella preghiera io collaboro col Cristo alla redenzione dell’universo.
Ricordo un testo del Cristianesimo primitivo che mi dà le vertigini. È di Aristide, uno dei primi apologeti cristiani. Quanti erano i cristiani allora nel mondo? Egli scrive queste parole: “Che il mondo sussista dipende dalla preghiera dei cristiani”.
Siccome col peccato la creazione è sfuggita alle mani di Dio non può avere altro fine che la morte: “Stipendium peccati mors” [Rm 6, 23].
Non la morte soltanto dell’uomo, ma la fine di tutta la creazione. L’atto che sottrae alla morte la creazione è certo solo l’atto del Cristo che redime il mondo, ma la nostra preghiera non è dissociata da quell’atto, è la nostra partecipazione a quell’atto, è un far nostro quell’atto. Non è soltanto l’accettazione di una redenzione, ma è la cooperazione dell’uomo a una universale redenzione» (Esercizi 1966).«I cristiani sentono di essere re, di essere re in senso pieno – “re” viene da “regere“. Il cristiano regge, per il cristiano tutto sussiste; Dio in qualche modo si fa presente per lui. E siccome la creazione sussiste soltanto per la parola di Dio, la parola di Dio che in qualche modo vive nell’uomo, che in qualche modo s’incarna nell’uomo, sostiene il mondo per l’uomo medesimo che la rappresenta» (Esercizi 1966).
«Altre volte vi ho detto, e mi sembra molto importante ripeterlo: Dio fa tutto ma non fa nulla senza l’uomo; fa tutto in dipendenza dalla preghiera dell’uomo.
Per dirla in altre parole, io penso che dal Pater noster dipenda che sorga il sole ogni giorno, dipenda che gli uomini possono continuare a vivere, dipenda che il mondo sussista; per usare le parole che usava Aristide, uno dei primi cristiani, nella sua Apologia: “Che il mondo sussista lo si deve alla preghiera dei cristiani”.
Ma allora, se dipende dalla preghiera dei cristiani che il mondo sussista, voi capite bene che l’azione dell’uomo nella preghiera è pari all’onnipotenza divina, che la preghiera dell’uomo ci fa capaci di una azione che tanto si estende come si estende l’azione stessa di Dio; acquista l’uomo dunque, nella preghiera, una sua efficacia onnipotente, una sua efficacia universale. Ecco perché ognuno di noi può essere al cuore dell’universo, non in quanto ha una missione visibile, ma in quanto esercita un’azione tanto più efficace quanto più questa azione è libera da ogni condizionamento di tempo, di luogo, di poteri fisici e anche intellettuali: l’amore.
L’amore che, direi, scioglie la preghiera dell’uomo è un amore che si estende come l’amore stesso di Dio.
Ed ecco allora la cosa importante: ogni giorno voi compite l’azione più grande di tutte; ve ne siete mai resi conto? Ogni giorno, dicendo la preghiera litanica, estendete la vostra azione a tutti i viaggiatori, i malati, i prigionieri, i naviganti.
Ecco come la preghiera nostra ci dona una certa partecipazione all’immensità stessa di Dio; e solo nella preghiera possiamo avere questa immensità.
Noi si rimane stupiti, ma la mia azione nella preghiera si estende quanto si estende l’azione di Dio, perché tutta l’azione di Dio è in dipendenza dalla preghiera dell’uomo; Dio si è messo siffattamente nelle mani dell’uomo, che dipende dalla tua preghiera lo sciogliere questa onnipotenza perché agisca nel mondo» (Esercizi 1973).«Sì, per chi non ha fede siamo dei megalomani. E anche a voi non è sembrata megalomania quanto vi dissi ieri nell’omelia che noi abbiamo nelle nostre mani il destino del mondo, che dobbiamo portare nelle nostre mani tutto l’universo? Eppure questo vuol dire essere cristiani. Non per quello che siamo noi, ma per quello che Dio ci ha fatto unendoci al Figlio suo. Ora, questa coscienza è quella che avevano i primi cristiani, i quali si sentivano, dice la Lettera a Diogneto, “l’anima del mondo”. Ed ecco perché Aristide diceva che “è per la preghiera dei cristiani che il mondo sussiste”. Erano tre gatti e avevano questa pretesa!» (Esercizi 1976).
Ruminare in questo tempo di Quaresima che «è per la preghiera dei cristiani che il mondo sussiste», se fatto con fede ci confermerà nella chiamata al primato della preghiera, primato che significa saper investire le nostre migliori forze emotive, intellettuali e spirituali in questo servizio di intercessione.
La consapevolezza di cosa implichi il lavoro faticoso della preghiera ci aiuterà a rimanere più umili e vigili, più capaci di scartare quello che intralcia e appesantisce inutilmente la nostra vita spirituale ma anche quella sociale e fisica.
Il forte richiamo quaresimale alla penitenza che implica la preghiera, il digiuno e l’elemosina favorisce questo nostro stabilirci in quelle condizioni grazie alle quali il Signore Gesù può muoversi a proprio agio nel nostro cuore, nei nostri pensieri, e persino nei nostri nervi, e in tal modo servirsi di ciascuno di noi per la salvezza del mondo.
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