Introduzione alla lectio divina sul brano di Mt 24,37-44
I domenica del tempo di Avvento – 01 dicembre 2013
Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. 42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Michelangelo, Il Diluvio Universale, 1508-1510
Particolare dell’affresco della Cappella Sistina, Musei vaticani, Roma
Il tempo dell’Avvento, per definizione, ci apre ad un “inizio”, ci predispone a qualcosa di nuovo.
Ma con l’avvento ci troviamo anche, volenti o nolenti, a pensare al Natale, che anche quest’anno, come ogni anno, ci travolgerà con i suoi ritmi serrati tra festeggiamenti e simulacri di regali.
Sembra paradossalmente che le novità liturgiche, in realtà, si annacquino, se riferite ad un tempo più ampio che si ripete, talvolta stancamente, nella quotidianità. Ci avviciniamo a Natale, poi verrà Carnevale, Pasqua e Ferragosto. Al fondo dei nostri cuori, tutto appare avvilupparsi in modo quasi ciclico, in una sorta di loop infinito e, se poniamo attenzione, non sappiamo individuare bene cosa differenzierà il prossimo Natale dal precedente o da quello ancora prima.
Questo sentimento, che coinvolge ogni cristiano, è proprio il sentimento di “inconsapevolezza” contro cui si scaglia Gesù in questo brano.
Una condizione esemplarmente incarnata dagli uomini della Genesi (v. cap.6, 9-12) che, dopo Adamo e come Adamo, cominciando a moltiplicarsi sulla terra, avevano dimenticato del tutto la loro creaturalità per “immergersi” totalmente in realtà mondane (“I figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero”, Gn 6,2).
Matteo prende ad esempio l’episodio del diluvio, ben noto al suo uditorio giudeo-cristiano, per ricordare ai suoi contemporanei l’importanza di non fermarsi al chronos e di scoprire il kairos, il tempo favorevole alla salvezza.
Nessuno – nemmeno Gesù – può dubitare della essenzialità del cibo e della bellezza della sessualità, realtà umane intrinsecamente buone: in ogni epoca l’uomo ha mangiato, bevuto e si è sposato. Il problema è che quegli uomini “non si accorsero di nulla” (v. 39). Sembrava loro tutto uguale, presumevano di sapere come vanno le cose e si lasciavano travolgere dal sonno della quotidianità. L’unica preoccupazione era mangiare, bere e riprodursi, di fatto testimoniando che quello era il senso della loro esistenza. Lì stava il loro tesoro, lì il loro cuore.
Si tratta di esempi viventi di “homo dormiens”, di colui che vive superficialmente, che si lascia vivere come se avesse a disposizione un interminabile lasso di tempo, colui che non ha passione e non è toccato da nulla.
Diceva Cipriano, “In noi la fede ha perso il suo vigore, così che si è dissolta la forza dei credenti. Per questo il Signore, pensando ai nostri tempi, dice nel suo evangelo: “Quando il Figlio dell’Uomo verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8). Invero noi constatiamo ciò che egli ha predetto: la fede è assolutamente morta quanto al timore di Dio, alle legge della giustizia, all’amore, alle opere buone”.
Gesù, al contrario, suona la sveglia! Di fronte alla eccezionale novità dell’imminente parousia, siamo chiamati a riconoscere il segno della venuta del Figlio dell’uomo, a renderci conto che “Egli è alle porte” (Mt, 24,33).
L’invito matteano è ad essere “uomini vigilanti”, attenti a discernere la presenza del Signore negli eventi e nei fratelli, coscienti “di essere chiamati ad esprimere il tutto nel frammento della propria particolare esistenza” (Bianchi).
Senza la presunzione di sapere. La vigilanza cristiana, infatti, trova stranamente senso nella “ignoranza” cristiana. Non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. La condizione del cristiano in ordine alle modalità concrete della salvezza, infatti, è uno stato di assoluta non conoscenza, che va in qualche modo difesa e ripresa proprio quando pensiamo di aver capito tutto, per essere pronti a cogliere il suo sguardo laddove non ce lo aspettiamo.
Lorenzo Jannelli
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