Dall’Ufficio stampa dell’Arcidiocesi di Palermo
Duro monito del cardinale Paolo Romeo a margine della tre giorni dei lavori della sessione autunnale della Conferenza Episcopale siciliana in corso di svolgimento in corso Calatafimi a Palermo.
“Tutti lottiamo la mafia quando viviamo nella legalità. Chi dice di lottare la mafia non deve fare proclami, ma deve solo impegnarsi a far funzionare l’istituzione cui è preposto e anche per noi responsabili delle comunità ecclesiali”.
In apertura di sessione il cardinale Romeo ha scoperto una targa con la quale è stata intitolata al Card. Salvatore Pappalardo la sala dove si svolgono le riunioni, giusto riconoscimento per Colui che volle fortemente che la Cesi si dotasse di una sede propria, cosa che non tutte le Regioni ecclesiastiche italiane hanno.
Nel ringraziare i Direttori presenti per il lavoro svolto in questo quinquennio al servizio delle Chiese di Sicilia il Cardinale ha aggiunto: “La corruzione è un problema che in Sicilia sortisce gli effetti più gravi per via dei legami che ha con la malavita e con la politica. Mi meraviglia che anche nell’attuale campagna elettorale si facciano discorsi generali, ma non si indichino sentieri concreti per ridurre quella che è una gigantografia economica e che vede in Sicilia un’assemblea regionale più numerosa di tutte le altre regioni di Italia, le spese dei partiti a quanto pare non rendicontate, gli enti pubblici come peso enorme e ormai insostenibile per la società.
Siamo in una situazione gravissima, la cosa pubblica continua a non funzionare in settori di grande importanza come per esempio quelli della Sanità e dell’Istruzione in vari livelli, e penso in particolare alle scuole professionali. La politica ascolti allora il grido di tanta gente sull’orlo della disperazione, di cui la Chiesa si fa portavoce, di chi non grida per le strade, ma che non ha più fiducia nel proprio avvenire.
La gente aspetta una parola da noi. La crisi è globale e investe il mondo intero. La Sicilia è una di quelle regioni in cui la situazione diventa drammatica. Già quando si celebrarono i 50 anni dell’autonomia siciliana, l’episcopato siciliano ha redatto un documento in cui si poneva l’interrogativo: che ne abbiamo fatto della nostra autonomia, quella che doveva servire a creare dignità, a dare uno sviluppo, a creare un avvenire? Ci troviamo ora costretti ad affrontare una situazione gravissima che coinvolge tutte le parti sociali. La crisi economia è solo la punta di un iceberg. La crisi dei valori ne è all’origine. Come ricostruire e mantenere quei valori che hanno caratterizzato la nostra sicilianità: la famiglia, l’attaccamento alla terra, il lavoro, il valore di uno sbocco comune per creare sviluppo?”.
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