Nel cuore del popolare quartiere di Brancaccio, per i detenuti ci saranno spazi confortevoli per dormire con cucina soggiorno abitabile, terrazzino e postazione internet dove potere stare in esecuzione di pena esterna oppure espletare – per chi non ha una casa – un permesso premio. Lo prevede la “Casa del figliol prodigo”, luogo dedicato ai detenuti, gestito dal Centro Padre Nostro di Brancaccio fondato dal beato padre Pino Puglisi. L’inaugurazione dei locali è avvenuta con la partecipazione, oltre che di tanti cittadini e del presidente del centro Padre Nostro Maurizio Artale, anche delle due direttrici delle carceri Ucciardone e Pagliarelli Rita Barbera e Francesca Vazzana, del fratello di p. Pino Puglisi Franco Puglisi e dell’assessore comunale alle attività sociali Giuseppe Mattina. A tagliare il nastro è stato l’ex detenuto Giovanni Montalbano che, dopo avere completato la sua pena al centro Padre Nostro, oggi da cittadino libero si occupa della coltivazione di un terreno didattico-agricolo sempre di proprietà del centro.
«Il nome e la riproduzione del quadro di Rembrandt che abbiamo scelto per questa casa vuole dimostrare tutta la nostra metaforica vicinanza per ogni ‘figlio che ritorna alla casa del padre’» – afferma il presidente del centro Padre Nostro Maurizio Artale, impegnato da oltre 20 anni a Brancaccio. – «È un piccolo spazio che per il momento può accogliere due detenuti che non hanno una casa. Abbiamo già il primo detenuto ospite che frequentando la scuola, starà da noi per tre anni il tempo giusto per prendersi il diploma. L’altro posto sarà, invece, utilizzato a giro dai detenuti permessanti. Iniziamo con due posti di letto ma presto ci amplieremo ristrutturando i locali accanto, che potrebbero ospitare altri 10 detenuti». «Con grande soddisfazione abbiamo notato che, nonostante tutte le difficoltà, negli anni tanta gente di Brancaccio si è avvicinata al nostro centro» – continua Artale – «anche perché ritengono importante che ci sia uno spazio per chi si prende cura di alcuni loro congiunti. Per il momento complessivamente il centro ha 12 detenuti in esecuzione di pena esterna che da noi svolgono varie mansioni nel centro polivalente sportivo, nel teatro Brancaccio e negli gli sportelli integrati territoriali. Recentemente abbiamo assunto anche due donne che dopo avere completato la loro pena oggi sono rimaste impegnate da noi nella casa per le vittime di abusi e maltrattamenti per donne e bambini».
«Da venerdì scorso sono tornato in libertà e quando mi è stato chiesto di inaugurare questo centro ho accettato con gioia. Il mio percorso è stato molto difficile – dice commosso Giovanni Montalbano, che dopo una pena di 24 anni oggi è ritornato libero – ma non ho mai perso la speranza anche grazie alla mia fede. Per tre anni ho espletato la mia esecuzione penale esterna al centro Padre Nostro che oggi mi permette di continuare il mio impegno affidandomi la gestione di un terreno agricolo. Così come è stato fatto a me, spero che tante altri detenuti possano avere la possibilità di cambiare la loro vita prima attraverso l’esecuzione esterna e poi con un occupazione che permetta di avere un futuro diverso. Per fare questo occorre soprattutto che le istituzioni diano la giusta fiducia che permette di dimostrare che si vuole cambiare realmente la strada rispetto al passato».
«Con il centro Padre Nostro con cui lavoriamo molto bene da diverso tempo – ha sottolineato la direttrice del carcere Ucciardone Rita Barbera – oggi si apre uno spazio importante e significativo perché darà soprattutto l’opportunità ad alcuni detenuti che non hanno una casa, di stare in un luogo confortevole. Certamente con la realtà di oggi sono soltanto due i centri esterni per i detenuti ma confidiamo anche con la collaborazione dell’amministrazione comunale che nel tempo possano aprirsi altri spazi di accoglienza di questo tipo». «Ormai da anni siamo supportati dal centro Padre Nostro – afferma anche la direttrice del carcere Pagliarelli Francesca Vazzana – nel completamento del percorso penitenziario del detenuto e anche per le possibilità lavorative che poi una volta completata la pena gli vengono offerte. Auspichiamo quindi che in una città grande come Palermo possano crescere sempre di più le realtà che si attivano in questo modo per il bene dei detenuti sia dentro che fuori dal carcere».
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