30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Il racconto odierno si riallaccia all’invio dei Dodici letto la scorsa domenica: i discepoli, che erano stati inviati a scacciare i demoni, ritornano da Gesù per riferire ciò che hanno fatto e ciò che hanno insegnato. Il fare fa riferimento non tanto all’ottica efficientistica della quantità di lavoro svolto quanto piuttosto all’aver fatto la «volontà del Padre che è nei cieli» (cfr. Mt 7,21-23 e At 1,1). Gli apostoli sono nel vangelo di Marco i mandati a portare al mondo l’insegnamento del Maestro. I demoni che hanno cacciato rappresentano le forze del male che ci disumanizzano e vanno allontanati con la forza della parola che noi annunciamo, una parola che è sempre da confrontare con il Vangelo, non con i criteri dell’efficienza umana. I discepoli vengono dunque invitati ad andare con Gesù in disparte, in un luogo solitario: il termine utilizzato rimanda ai momenti di confronto intimo tra il maestro e i discepoli, i momenti di preghiera, di incontro profondo con il Signore che ci aiuta a ricentrare la nostra vita. È il tempo in cui lasciar parlare il Signore per raggiungere il riposo, la tranquillità interiore, per ricondurci al senso della nostra vita. La preghiera è questo momento di riposo dalla frenesia della vita.
Nonostante l’insuccesso di Nazaret (6,1-6), sono ancora molti quelli che ricercano Gesù per ascoltarlo e per ricevere miracoli. Il testo fa riferimento a una folla che va e viene, in cerca non del Vangelo né del riposo interiore, ma del Rabbi di cui tanto si sentiva parlare. Gesù e i discepoli allora si allontano andando “in disparte”, soli. Anche nella confusione, molti tra la folla, vedendo la barca allontanarsi e ripensando alla proposta fatta da Gesù, accorrono a piedi alla ricerca di pace e precedono i discepoli e il Maestro.
Gesù rinuncia al “riposo” e scende dalla barca, andando incontro all’umanità per ciò che è. Vedendo il profondo bisogno di senso delle folle, ne prova compassione “perché erano come pecore senza pastore”. La similitudine viene dall’AT, in maniera particolare da Nm 27,17 ed Ez 34,5, testi che sottolineano il senso di smarrimento del popolo e l’attesa di un pastore messianico. Marco implicitamente presenta Gesù come colui che sostituisce in modo definitivo il Mosè pastore, espressione della cura pastorale di Dio per il suo popolo. Gesù si commuove, si sente rimuovere nel profondo delle viscere; la passione d’amore che Cristo prova per gli uomini non lo porta a recriminare sui cattivi pastori che hanno la responsabilità dello sbandamento delle folle, ma a commuoversi e a muovere verso la folla, insegnando loro molte cose. Lui stesso è la prova, il testimone vivente del Regno. Non insegna una dottrina ma una proposta di vita liberante che emerge non solo dalle parole, ma dai suoi comportamenti e dal modo con cui entra in relazione con gli uomini, in cui traspare l’esperienza che Lui stesso ha di Dio, l’esperienza di Padre.
Lascia un commento